Revenge

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La mattina seguente Clove fu svegliata da una voce gentile che le diceva di alzarsi. Solo dopo che entrò nel salone e vide le persone che facevano colazione attorno al tavolo, riuscì a collegare la voce che aveva sentito a quella di Kira – seduta vicino all'uomo che si occupava dell'aspetto di Cato, Dax credeva si chiamasse. «Buongiorno.» borbottò Clove sedendosi al suo posto ed iniziando a mangiare. Forse sarebbe stato l'ultimo pasto decente della sua vita o forse avrebbe dovuto aspettare che ventitré ragazzi morissero prima di poter mangiare per il resto della sua vita tutto ciò che voleva. Sempre se avrebbe avuto la voglia di mangiare senza vomitare per le sue stesse azioni. Era sadica, arrogante e cattiva, ma rimaneva comunque umana e conosceva la differenza fra "omicidio" e "sopravvivenza". Tutto ciò che avrebbe fatto lì dentro sarebbe stato guidato dal suo istinto di sopravvivenza, o uccideva o veniva uccisa. Uccidendo lì dentro, in quell'Arena chissà dove, sarebbe sopravvissuta, chiunque, agli Hunger Games, faceva di tutto per sopravvivere. Nessuno di loro era un assassino: erano solo ragazzi costretti a compiere una scelta troppo presto. Dovevano vivere, rinunciando alla loro umanità, ai loro princìpi e alla loro libertà o dovevano morire, rinunciando alla vita che si meritavano, lasciando le loro famiglie e mettendo fine alla loro esistenza troppo presto?

Mentre Clove addentava una fetta biscottata, Cato entrò nella stanza con i capelli biondi spettinati e gli occhi rossi a testimoniare la sua notte insonne nonostante la camminata svelta e sicura cercasse di dimostrare il contrario.

«Bene, ora che siamo tutti qui possiamo parlare.» esordì Brutus, schiarendosi la voce. «E di cosa vorresti parlare, Brutus? Sappiamo come funziona: entri lì dentro, uccidi o vieni ucciso. Sono queste le regole.» rispose Cato con il solito tono sarcastico. «Zitto ragazzino.» ridacchiò Enobaria divertita dal commento del biondo, mostrando i denti affilati come quelli di uno squalo. Clove l'ammirava per la sua forza e determinazione, per la maschera costante che mostrava a tutti cercando di porre sempre uno spesso muro fra lei e le persone che le stavano intorno, per allontanarle da quel mondo pieno di urla strazianti e di morti in cui era entrata nello stesso momento in cui aveva messo piede nell'Arena. «Vogliamo assicurarci che non facciate stupidaggini che possano mettere a rischio noi o le vostre famiglie.» riprese Brutus, lanciando un'occhiata penetrante a Clove che sostenne lo sguardo e disse: «L'unica cosa più vicina ad una "famiglia", come l'hai chiamata tu, siete voi a meno che tu non ti riferisca a quella donna che starà pregando di vedermi morire durante i Giochi così da non vedermi tornare a casa.»

«Concordo con la piccoletta.» annuì Cato, facendo un sorriso sghembo.

«Non chiamarmi piccoletta.» ribatté lei, glaciale. «Non me ne frega niente di chi voi consideriate famiglia o meno: dovete stare attenti se volete ottenere veramente ciò per cui state andando nell'Arena.» li interruppe Brutus, alzando la voce per sovrastare le loro che avevano iniziato a litigare fulminandosi con lo sguardo, com'erano soliti fare anni prima. «Sbrigatevi a mangiare: è quasi l'ora.»

Un'ora dopo, Clove indossava dei pantaloni comodi e caldi marroni, una maglia rossa con sopra una specie di pettorina nera con delle fessure che – le spiegò Kira – erano state aggiunte dalla donna per permetterle di mettervici i coltelli ed infine una giacca rossa e nera che non sarebbe stata molto utile per riscaldarla ma poteva proteggerla dal vento e dall'acqua. «Vedi di stare attenta, lì dentro. Hai fatto una mossa avventata a parlare in quel modo durante le interviste.» la ammonì la donna, guardandola negli occhi, con dolcezza e decisione al contempo. «Mi avranno adocchiata, almeno. Non è a questo che servono le interviste?» domandò retoricamente la ragazzina, inarcando un sopracciglio, «A farsi notare?» continuò continuando a guardarla dritta negli occhi per non interrompere il contatto visivo che le stava unendo in quel momento. Kira era una donna strana, sembrava legata alla ragazzina e pareva che tenesse veramente alla giovane Clove. Probabilmente era a causa del periodo di tempo che aveva passato con il padre di lei, ai tempi in cui Robert era in vita ed era un tributo anche lui.

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