I stand for myself.

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Roma, 26 Marzo

Sabato


Ho sempre amato l'azzurro del cielo sul mare, il rumore delle onde ed il verde di un prato troppo selvatico. Ho sempre amato raccontare di cose che non esistono se non nella mia testa. Ho amato la scrittura per le passioni che volevo vivere solo per me stessa.

Non ho mai scoperto le carte con nessuno. Ho sempre una carta nascosta, quel qualcosa che nessuno sa. E cambia. Da persona a persona, cambia. Si cela sotto verità dette in modo distorto, sotto bugie e storie inventate. Sono io, eppure, sotto quel cumulo di macerie.

Adesso è tutto diverso e più simile alla quiete che cercavo assiduamente. È la prima volta, in tanto tempo, che non mi sento sola. È assurdo, nel momento in cui trovo me stessa e so di aver bisogno solamente di me, scopro anche di essere circondata da persone, tante persone che realmente mi vogliono bene. I segreti, l'abbandono, le chiacchiere di quelli che "vorrei" non mi fa sentire alcun vuoto.

La mancanza di qualcosa che non mi serve, perché patirla?

Il vuoto, credo di aver colmato quello. È assurdo cercare quel pezzo mancante nei volti degli estranei,

nel bisogno morboso di affetto e non averne mai abbastanza perché sì, non viene da chi vuoi, ma viene da chi davvero ci tiene. Quelle persone date per scontato. Quella presenza data per ovvia.

Non mi è solo stato fatto questo torto, più e più volte, ma l'ho fatto io, l'ho fatto tanto spesso da non rendermene conto.

Amo ogni presenza per quella che è ora, amo ogni sorriso per quanto poco o tanto valga, per quanto tempo avrò quella persona accanto – che sia anche una amicizia momentanea, o un viso che non sarà mai parte del mio quotidiano, un passante, un parente lontano che non vedrò mai.

È colmando quel vuoto che mi sento più leggera.

Non ho pesi sulla coscienza, che non posso curare.

Lascio quel posto alle assenze vere, quelle marchiate a sangue sul cuore, lo lascio a quelle persone che non hanno riconosciuto il mio volto nel loro sguardo vuoto, occhi che non si sono aperti, braccia che non mi hanno potuto abbracciare e dire che era tutto apposto, e parole... quelle parole che ormai non usciranno più da una bocca fredda, una voce squillante ed unica che le orecchie ancora non si sono abituate a perdere.

Quelle persone ci sono, le vedo nel riflesso dei gesti che mi hanno lasciato nel DNA, lo vedo nel modo di fare, che ho grazie a loro. Lo vedo nella stanza che mi hanno lasciato, le cose che non indosseranno mai più, il ricordo di un paio di orecchini e una borsetta da signora in pelle morbida. Lo vedo nel paradiso che si sono prenotati in Terra quando ancora di loro sentivi la risata, sentivi il suono delle scarpe sul pavimento di casa, quando una loro battuta rasserenava i momenti più stressanti ed era tutto sistemato, tutto a posto perché avrebbero fatto qualcosa al posto tuo. Ora te la cavi da solo, me la cavo da sola. E cercando di tenermi vicino la loro assenza, chiedo così tanto spesso il loro parere, come se potessero rispondermi.

Mi hanno lasciata andare con un bacio e un abbraccio non reale. Eppure so, lo so cosa vorrebbero per me, cosa vorrebbero che facessi, cosa risponderebbero.

Per questo chiedere loro di lasciare posto nel mio cuore per altre assenze, di persone che non si meritano, persone vive e chiuse nella loro pochezza, non ha senso. Non ne ha.


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