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-"E infine questo è il reparto vinili. La maggior parte sono da collezione. Tutto chiaro? Lo so che sono un sacco di informazioni tutte insieme, se hai qualche dubbio chiedi pure".
Mi mostra tutto il negozio e mi spiega le varie sezioni, le divisioni per generi e per prezzi, e mi gira la testa. Ha ragione, tante, troppe informazioni accompagnate dal suo sorriso intossicante. Non ce l'avrei mai fatta a concentrarmi.
-"Credo di aver capito, più o meno" mi passo una mano dietro al collo e strofino un po' guardandomi intorno confusa. Non so proprio da dove iniziare. E se arriva un cliente? Cosa devo fare? Oddio, ma perché ho accettato la proposta di mio padre?!
Mi aveva accennato, qualche giorno fa, di un tizio di nome Ben che aveva conosciuto quando erano bambini e che si erano sempre tenuti in contatto negli anni, e che guarda caso aveva bisogno di personale per il suo negozio.
Quando dissi ai miei che volevo iscrivermi all'università, mi dissero che non avrebbero potuto sostenermi economicamente, e che se avessi voluto studiare avrei dovuto lavorare. Così decisi che avrei lavorato tutta l'estate per riuscire a pagare almeno il primo trimestre per vedere poi se ce l'avrei fatta a studiare e lavorare insieme.
I miei genitori lavorano come cuochi in un ristorante Italiano. Mi sono trasferita a Londra quando avevo 12 anni.
I miei non sono mai stati due genitori convenzionali, così non si sono mai trovati bene in un contesto come quello italiano, quindi a mio padre venne l'idea di trasferirsi in Inghilterra per cambiare vita, stanco di essere sempre additato e giudicato. Mia madre accettò di buon grado, sembrava quasi che non aspettasse altro. Io frequentavo la seconda media all'epoca e l'idea di lasciare i miei amici e la mia casa mi spaventava tremendamente. In più c'era il problema della lingua. Infatti i primi anni a Londra furono un disastro. Non riuscivo a pronunciare una parola, o a legare con nessuno. È per questo che sono molto legata alla mia famiglia. Mio padre e mia madre sono stati i miei migliori amici durante tutta l'adolescenza (cosa abbastanza insolita). Ora le cose vanno un po' meglio, e anche se non ho trovato amici per via del mio carattere timido, ora almeno riesco a parlare la lingua.
-"Sai, si sente che sei italiana".
Ecco, appunto. Grazie Matty, i miei autoconvincimenti sono andati a puttane.
-"Però mi piace come pronunci la lettera R. È marcata. Molto mediterranea". L'occhiolino. No, L'occhiolino no, è troppo da sopportare.
-"Grazie?"
-"Oh guarda, il primo cliente, fatti sotto scheggia!"
Oddio, oddio, oddio. Aiuto.
-"Buona sera, cioè buon giorno... Serve una mano?" Brava Agata, complimentoni.
-"No grazie, do solo un'occhiata". Il ragazzo mi guarda in modo strano per poi girarsi di spalle e cominciare a girare per il negozio.
-"Dai, non è andata male" dice Matty dandomi una gomitata e facendosi sfuggire una risatina, facendosi poi serio: "quando i clienti ti dicono che vogliono solo dare un'occhiata ti consiglio di lasciarli fare, magari girando per il negozio facendo finta di essere indaffarata, così se avranno bisogno di te ti troveranno a portata di mano".
-"Grazie Matty"
-"Figurati. Mi piace come suona il mio nome con il tuo accento". Un altro commento sulla mia pessima pronuncia. Però le sue parole non suonano mai come un insulto, anzi, sono molto sensuali.
-"Le devo prendere come complimenti tutte queste osservazioni sulla mia pronuncia?" forse suono un po' troppo scocciata.
-" Woa, calma scheggia. Senti, oggi finito il turno devo fare l'inventario del mese, vuoi venire da me? Così mi dai una mano e magari impari un po' come si fa anche questa procedura".
-"Va bene, a patto che non mi prenderai in giro per il mio accento"
-"Affare fatto".
Per una volta faccio una scelta poco ponderata e sconsiderata. Ma stranamente mi sento tranquilla. Mi fido di Matty.

A C H A N G E O F H E A R T // Matty HealyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora