Capitolo V

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Lo chef si assicurò che anche l'ultimo piatto fosse perfetto così come richiesto dai suoi alti standard, poi annuì soddisfatto, con la sua solita espressione severa e impassibile sul volto dai lineamenti asiatici, e lo passò al cameriere che andò a servirlo in sala. Nel momento esatto in cui il cameriere lasciò la cucina il servizio fu terminato, e la tensione si allentò notevolmente. I cuochi cominciarono a pulire le loro postazioni, ben consci di cosa avrebbero rischiato se avessero lasciato anche solo un utensile fuori posto nella cucina da due stelle Michelin dello chef Atasuke Kabayashi. Sam passò lo strofinaccio sul bancone in acciaio inossidabile sul quale lavorava tutto il giorno affettando, tritando e sfilettando, finché non ci si poté specchiare, ruotando poi le spalle per alleggerire la tensione accumulata durante le numerose ore passate in piedi a sgobbare. Era stanco, ma la stanchezza non gli dispiaceva.

Lo chef si aggirò per la sua cucina un'ultima volta, per essere sicuro che fosse tutto a posto. Pretendeva disciplina e ordine dai suoi cuochi. Se non li otteneva, non esitava minimamente prima di mostrar loro la porta. "Il cibo è sacro. Se cucini male un piatto, o se lo presenti male, insulti chi poi lo mangerà" diceva spesso ai suoi cuochi. Cucinare è un'arte, era solito dire, e come tutte le arti bisogna essere diligenti e lavorare sodo prima di potersi definire padroni di quest'arte. I cuochi trattennero il respiro mentre il loro capo analizzava da cima a fondo ogni angolo dell'ambiente. Non disse niente. Si mise solo davanti all'uscio della porta e annuì, diede la buonanotte ai suoi dipendenti e se ne andò. Tutti tirarono un sospiro di sollievo, alcuni si sorrisero dandosi pacche sulle spalle, altri uscirono poco dopo silenziosi e desiderosi di andare a casa il prima possibile e riposarsi.

Era un lavoro duro e sfiancante. Una volta al mese lo chef Kabayashi chiedeva ai suoi cuochi di presentargli un piatto che non rientrasse nel suo menù e che fosse originale del cuoco che lo preparava. Ciò serviva a fargli capire cosa avessero imparato in quel mese, fin dove erano in grado di spingersi senza commettere passi falsi. Se si deludeva lo chef si era licenziati con effetto immediato. Sam passava ore nel suo appartamento grande quanto una scatola da scarpe (che comunque faticava a permettersi) per essere pronto al fatidico test mensile, ma ogni volta, anche se arrivava con una ricetta ben memorizzata in testa, finiva per improvvisare.

Era ancora solo un apprendista nella cucina di uno degli chef giapponesi più famosi al mondo, uno dei pochi che avevano ottenuto la licenza speciale per cucinare e servire il pesce palla, che, se preparato nel modo sbagliato, poteva uccidere il cliente. Per Sam era un onore essere lì e non avrebbe buttato al vento quell'occasione. Lo chef voleva disciplina? Sarebbe stato il miglior cadetto possibile. Voleva ordine? Non avrebbe lasciato nemmeno un granello di polvere. Voleva un piatto nuovo e stupefacente ogni mese? Nessun problema, vai di coltelli e padelle.

Ogni lezione, ogni parola che usciva dalle labbra dello chef Kabayashi veniva catturata dalla giovane mente e memorizzata. Appena finito il suo stage di nove mesi nella cucina dello chef giapponese sarebbe tornato a casa sua, in Australia. Avrebbe lavorato quel tanto che basta per mettere da parte dei soldi, avrebbe chiesto un prestito alla banca e poi avrebbe aperto il suo ristorante. Aveva passato due anni a Parigi, in Francia, dove aveva appreso le ferree regole di una cucina intransigente, poi un anno in Italia, dove si era lasciato stupire dai sapori mediterranei e ora eccolo lì, in Giappone. A 26 anni non poteva certo lamentarsi, come bagaglio non era niente male. Raccolse le sue cose e se ne andò anche lui, avventurandosi per le strade di Shizouka, capitale dell'omonima regione che nel 2011 era stata colpita da uno dei terremoti più forti mai registrati non solo in Giappone ma in tutto il mondo. Quando avvenne, l'intensità del terremoto registrata fu di 9.0 magnitudo. La forte scossa aveva portato con sé anche un terribile tsunami. Sam ammirava i Giapponesi. Si erano rialzati nonostante la terribile devastazione e avevano lavorato sodo. Certo, non si poteva dire che le cose fossero tornate esattamente come prima, ma caspita se sapevano cavarsela!

PRECIOUS METAL: il risveglio dell'argento Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora