Prologo

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Tra i venti caldi dello Scirocco, giunti dal Sahara, un falco pellegrino distese le ali con fare esperto e osservò le basse case del grande paese d'Egitto, poco distanti dal Nilo e illuminate dall'arancione del tramonto. Seguendo i venti planò su un piccolo albero vicino alla maestosa porta di quello che doveva essere il palazzo reale del faraone in carica e aspettò con ansia la discesa del sole, senza mai togliere lo sguardo dal portone d'oro.

Qualche ora dopo, scesa la notte, la porta si aprì lentamente, cigolando e fece capolino ciò che il falco stava aspettando, una giovane donna, vestita di una tunica leggera, che si difendeva dal vento solo grazie a un mantello, con il cappuccio calato sul volto, il viso era poco illuminato, ma si distinguevano chiaramente due occhi blu come zaffiri; lui era sicuro di conoscerla grazie al suo andamento silenzioso, lei scivolava sul terreno, come se stesse volando.

Ella con passo sicuro si avvicinò all'albero e, togliendosi il cappuccio, rivolse un gran sorriso, un po' triste al piccolo falco:

"è ora."

L'animale, in risposta, sbatté le ali e discese a terra, mentre la donna, quasi senza accorgersene, sentì nell'aria un intenso profumo di alloro e si trovò davanti un bel uomo, spallato e molto più alto di lei che le sorrideva in modo dolce ma allo stesso tempo malinconico:

"andiamo" disse.

Giunsero davanti a un grande templio, lugubre e apparentemente silenzioso, poco illuminato da torce appese o conficcate nel terreno, con il fuoco mosso dal vento. Sorpassarono il vialone ornato di sfingi, costituito da due muraglioni che rappresentano le lontane montagne tra cui il sole nasce e muore, e entrarono nell'oscurità del templio vero e proprio. Giunsero alla cella del dio a cui era dedicato il templio, Horus, il dio guerriero, e la trovarono già illuminata dal chiarore di alcune torce:

"finalmente siete arrivati, non abbiamo molto tempo, non avrete per caso dei ripensamenti?" disse con voce aspra l'uomo al centro della stanza, sotto la grande statua, circondato da altre figure incappucciate

"non essere così impaziente, l'ora è giusta e sai che non abbiamo scelta, è nostro dovere farlo." Disse la donna calando il cappuccio, facendo vedere la lunghissima matassa di capelli neri finemente intrecciati e il suo viso stanco, pallido come la luna.

"sbrighiamoci e non lamentarti ancora, Tarek." lo sgridò l'uomo di fianco alla donna, facendo sobbalzare tutti i presenti con la sua voce profonda e autoritaria e si incamminò verso il centro della sala dove era riposto un piccolo altare, per poi indicare a ognuno dei presenti di disporsi con le spalle verso il muro e il viso rivolto verso la statua.

L'uomo di nome Tarek, riluttante e anche spaventato si mosse verso il lato della sala insieme alle figure di fianco a lui e seguì le indicazioni dello sconosciuto senza obbiettare; le figure iniziarono ad intonare un canto lugubre e malinconico, pieno di dolore e sofferenza, come se stessero per abbandonare qualcosa o qualcuno di importante, come se il solo canto potesse in qualche modo confortarli di questa mancanza.

La donna, con passo felpato come una leonessa, si dispose insieme all'uomo-falco davanti all'entrata con lo sguardo rivolto verso il centro della sala e gli occhi pieni di lacrime; si girò verso di lui e con voce spaventata disse:

"resta con me, Horus"

"lo farò, Nefertiti"


E una luce accecante inondò tutta la sala.
































Con la partecipazione di lostinastorm

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