Forza d'inerzia

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Sono passati due giorni da quando ho tolto le stampelle e ancora non sono andato a salutare Magnus. Non ho mai raccontato a nessuno della mia esperienza in coma e a dirla tutta mi pesa ancora pensarci e forse è per questo che ancora non ho trovato il coraggio di andare a ringraziarlo. Al pensiero di guardarlo negli occhi e sapere che i suoi pensieri sono diversi da come potrei immaginare perchè tutto quello che abbiamo vissuto non era reale, il respiro mi è faticoso. Devo solo cercare di dimenticare tutto quello che credevo di aver vissuto, ma come? Come potrei dimenticare la sensazione migliore della mia vita? Quei ricordi sono diventati come il cibo per me, ma non posso andare avanti aggrappandomi a dei ricordi di qualcosa è che non è mai stato. Mi devo liberare di loro, e in quale modo migliore se non di combattere al fianco di Jace? Oggi mi ha chiesto se fossi andato con lui a combattere dei demoni. Ha anche detto che i draghi erano estinti rispondendo alla domanda che gli avevo posto per quanto li riguardava, ma mentiva. Mentre sono chiuso nell'ascensore dell'istituto sento la puzza di fango emanata da Jace mista alla mia di sudore e sangue. I miei capelli ancora gocciolano mentre i piedi sono incrostati di fango come il resto del corpo di Jace, che è ammaccato quanto me. Isabelle invece si sta sistemando le sopracciglia allo specchio e non da nemmeno lontanamente l'idea di aver combattuto al nostro fianco: è perfettamente pulita. Nemmeno un'unghia rotta. È perfetta. -Sei ancora arrabbiato?-chiede Jace senza nemmeno girarsi -Non sono arrabbiato- rispondo a denti stretti -Sì, sei ancora arrabbiato.
-Tu avevi detto che i draghi erano estinti!- gli dico in tono acido puntandogli un dito contro. Lui alza le manie stringe le spalle -Io avevo detto che erano "perlopiù estinti" ma se a te non va bene farò cambiare la voce del codice da "perlopiù estinti" a "non abbastanza estinti per Alec perché lui i mostri li preferisce davvero estinti". Questo ti farà felice?- sto per rispondergli male ma Izzy interviene -Su ragazzi non litigate! - Afferma annoiata senza interrompere quello che stava facendo prima. La guardo con disprezzo -Come fai a non essere minimamente sporca?
-Il mio cuore è puro. Respinge la sporcizia.- risponde in tono solenne. A quel punto Jace le sventola una mano incrostata di fango davanti alla faccia. Da un lato è mia sorella e dovrei difenderla, ma dall'altro sono contento, ben le sta. Prima che Jace riesca a toccarla, le porte dell'ascensore si aprono e tutti noi usciamo. Nello spogliatoio Jace si sfile la cintura con le armi di dosso anche se sinceramente spero sempre di vederlo nudo... -Ho una fame!- inizia a lamentare Izzy. Se ha fame lei, vuol dire che noi possiamo mangiare senza paura di morire per avvelenamento o strozzamento...! -Vorrei che mamma fosse qui per cucinarci qualcosa! - Perfetto! Ora non corriamo il ben che minimo rischio di subire l'infernale cucina di Isabelle! -Meglio di no - Jace, per l'Angelo, tu mi piaci da impazzire, ma per quale razza di motivo devi rovinare tutto?! Speriamo solo che a Isabelle non venga in mente l'idea di cucinare... -Starebbe già strepitando per il fango sui tappeti!- beh, su questo non ha torto... -Proprio così. - questa è una voce anche troppo familiare per essere confusa... -Mamma!- esclama Izzy correndo ad abbracciarla. Mi alzo anch'io anche se con fatica, ma cerco comunque di nascondere la zoppicata che ancora non è sparita del tutto. -Dov'è papà? E Max?
-Max è nella sua stanza, quanto a papà... è rimasto ad Alicante. - nell'ultima frase c'era una nota di tristezza che di solito non porta a nulla di buono... -C'è qualche problema?- chiedo serio -Potrei rivolgere la stessa domanda a te.- il tono è freddo. I casi sono due: o sta cercando di evitare la domanda perché è effettivamente successo qualcosa, o mi odia. -Sbaglio o zoppichi?
-Io...- io sono una frana a raccontar balle. -Abbiamo avuto una zuffa con un demone drago nei tunnel della metro. Niente di che.- grazie a dio c'è Izzy che racconta balle per me. -E immagino che neanche il demone superiore contro cui avete combattuto la scorsa settimana fosse niente di che, vero? - a questo memmeno Isabelle trova una risposta da dare, quindi si gira verso Jace in cerca di aiuto -Non era programmato.- sei serio? È l'unica cosa che ti viene in mente? Mentre aspetto una risposta da mia madre, noto che guarda il mio parabatai in modo a dir poco gelido, come se le facesse schifo. Non lo avava mai guardato così, qualunque cosa avesse combinato. Memtre Jace cerca di togliersi lo sguardo di nostra madre di dosso e cercare di far sembrare meno grave la storia del demone superiore, Max irrompe nella stanza urlando -Jace!- dei tuoi fratelli chi se ne fotte, l'importante è Jace, che non è nemmeno il suo vero fratello. Ma d'altronde lo capisco: come fa a non notare una simile bellezza? Aspetta... non è che pure mio fratello è gay? Perché Jace non lo è? Perché gli eterosessuali cono così ottusi? Perché Jace ha ancora addosso i vestiti e perché non si accorge di come lo guardo, come lo desidero... Max è davanti a me e tutto quell'ordine nei capelli mi fa venire voglia di scompigliarglieli, così lo faccio. Senza neanche accorgermene, sto sorridendo. Alla fine non mi importa chi saluti per prima, l'importante è che stia bene e che dopo tutto questo tempo io lo possa rivedere finalmente. Parlando, Max nomina Hodge e vedo lo sguardo di Jace rivolgersi a mia mamma come per dirle "Non gliel'hai ancora detto?" E come avrebbe potuto? È un bambino, non può traumatizzarlo così! -Basta Max.- e lo prende da un braccio -Alec, Isabelle portate vostro fratello nella sua stanza, Jace- nel nominare suo figlio sembrava stesse sputando sangue di vampiro. Perché? -datti una ripulita e raggiungimi appena puoi.- quel tono troppo severo mi fa scattare -Non capisco- continuo a spostre lo sguardo da Jace a mia mamma cercando di capire quella tensione tra di loro. Che cosa è cambiato? -Che succede?- chiedo. Sento che un attacco di panico mi sta per venire, ma mi trattengo per mostrarmi il più autoritario possibile -Centra mio parde?- il fatto che Jace abbia chiamato Valentine "padre" sembra aver provocato a nostra madre una scarica elettrica. Sembra che si senta tradita, ma perché? Non è colpa sua! È lo stesso Jace di sempre, quello che è sempre stato, e la faccenda del demone non ha cambiato nulla -In biblioteca. Discuteremo la faccenda là. - annuncia mia madre. Non ci vedo più. Io ribatto -Quello che è successo mentre eravate via non è colpa di Jace. C'eravamo dentro tutti. E Hodge ha detto...
-Anche di Hodge discuteremo più tardi.
-Ma mamma...-Izzy prova a protestare -Se vuoi punire Jace, dovrai punire anche noi. È una questione di giustizia. Abbiamo fatto tutti esattamente le stesse cose.
-No- il suo tono indica troppa esperienza e polso: è più irremovibile della mia avversione su Clary -Non è vero.
Io e Isabelle siamo impotenti davanti a lei e non ci resta altro che obbedire, così prendiamo Max e lo portiamo in camera.io mi siedo sul suo letto e Isabelle sulla sedia che gli sta accanto e Max ci fissa curioso come sempre, così batto le mani -Su, che aspetti?- allora lui si slancia su di me e io lo prendo al volo facendolo volare sopra la mia testa. Le sue risate riempiono la camera e in fondo al cuore, spero che Jace riesca a sentirle, così che si ravvivi almeno un po'. Izzy ha un grosso sorriso stampato in volto e anche io sorrido. I minuti scorrono in fretta e con essi le ore. Io e Izzy andiamo a cercare Jace per tutto l'istituto, ma lui non c'è. Quando chiedo a nostra madre dove sia, al posto di risponderci impallidisce e e scuote la testa. Con uno scatto d'ira, me ne vado tirando un violento pugno alla cornice della porta e me ne vado urlando tra i denti. È tutta colpa di mia madre. Jace è il mio parabatai ed è una mia responsabilità. Lei non aveva il diritto di fargli qualunque cosa abbia fatto. Io posso sgridare il mio Jace, io. Mentre mi chiudo nella sua camera per piangere (per quel poco che mi riesce), Izzy chiama Clary per vedere se è da lei, ma lui non c'è. Perché quel ragazzo è così impulsivo? Vogio dire, nelle sue condizioni lo sarei anche io, ma questo non lo giustifica: non ha detto niente a nessuno e per quanto ne so io (per le reazioni che ha da quando quella satanica di carota respirante è entrata nella sua vita), potrebbe anche essere andato ad appendersi ad un albero. Il fatto che ora lei sia sua sorella non fa che peggiorare le possibili ipotesi. Comincio a pensare ai mille modi su come vendicarmi su Clary dell'ipotetico suicidio di Jace, e questo mi tira su il morale. Per il momento sono arrivato a 10 modi: 1• spada angelica, 2• avvelenamento, 3• strozzamento, 4• annegamento, 5• carbonizzata, 7• impiccagione, 8• squoiata viva, 9• sgozzamento e 10• decapitazione. È divertente accorgersi di come le torture siano vaste e infinite. Potrei andare avanti per ore, ma decido di lasciarmi gli altri per un tempo a venire. Dopo qualche minuto il telefono di Isabelle risuona e Clary ci dice che ha fatto una rissa in un bar di licantropi. Stupido stupido ragazzo. Ma per l'Angelo, dovevi andare a incasinarti con i licantropi?! Quando ho accettato di essere il tuo parabatai, l'ho fatto pensando che qualcuno avrebbe dovuto proteggerti da te stesso, e avevo ragione già all'età di 7 anni. In tutto ciò hanno detto che stavano arrivando qui ma che avevano intenzione di parlare con Maryse. -Izzy, non posso assentarmi al dibattito questa volta.
-Alec, no. Trovati qualcosa da fare piuttosto.- si mette a pensare ma io ho in testa solo Jace -Sai, potresti andare da Magnus...- Magnus. In tutto questo trambusto mi ero dimenticato di lui. Forse Isabelle ha ragione. Prendo una giacca e vado con i mezzi pubblici. Sono troppo poche le forze che mi rimangono per fare qualunque cosa che penso che nelle mie condizioni zoppicanti stia andando avanti a forza d'inerzia. Credevo l'avessero solo le donne, ma oggi ho scoperto di averla anche io.
In piedi nell'atrio di casa di Magnus, fisso il campanello con l'enorme scritta BANE. Non ci si adatterà mai, soprattutto quando lo si conosce. Soprattutto se si può dire di conoscere una persona dopo aver partecipato solo ad un suo party, uno solo, essere stato salvato da questa persona (che non è neppure rimasta nei paraggi per farsi ringraziare) e averci fantasticato su mentre si era in coma. Ma il nome di Magnus Bane mi evoca nella testa una figura imponente, con spalle enormi e abiti viola formali, da mago, una che chiamava fuoco e fulmini. Nom Magnus che sembrava più un incrocio tra una pantera e un elfo demente. Inspiso profondamente per poi tirare fuori tutto. Insomma, se sono arrivato fino a qui posso anche andare avanti! La lampada appesa sul soffitto lancia ampie ombre mentre mi avvicino alla porta e suono il campanello. Un attimo più tardi una voce eccheggia nella tromba delle scale. "CHI VUOLE IL SOMMO STREGONE?" -Er..- Alec, non fare il codardo -Sono io. Intendo Alec. Alec Lightwood.- ma perché sei così stupido? "Sono io. Intendo Alec. Alec Lightwood." Tre frasi. Tre frasi e neanche una di senso compiuto. E tutto questo per rispondere a un citofono. Brillante direi. Un momento di silenzio; perfino il corridoio sembra sorpreso. Poi un suono metallico, e la seconda porta si apre, permettendomi di entrare nell'atrio. Al buio mi dirigo verso le scale traballanti, che odorano di pizza e polvere. Il pianerottolo del secondo piano è luminoso, la porta in fondo aperta. Magnus è appoggiato all'uscio. Paragonato alla prima volta che l'ho visto , sembra abbastanza normale. I suoi capelli neri sono ancora ritti sulla testa, e sembra insonnolito; il suo viso pare molto giovane, anche con gli occhi da gatto. Indossa una maglietta nera con una scritta in lustrini 'ONE MILLION DOLLARS', che gli attraversava il petto; i jeans che porta gli ricadono morbidi sui fianchi, abbastanza larghi da spingermi a distogliere lo sguardo e fissargli le sarpe. Che erano noiose. -Alexander Lightwood, - dice Magnus. Ha solo una vaga traccia di accento, qualcosa su cui non possa mettere becco, una cadenza sulle vocali. -A cosa devo il piacere?- con lo sguardo guardo oltre, in casa sua -Hai... compagnia?- Magnus incrocia le braccia, il che mette in mostra i suoi bicipiti, e si poggia contro lo stipite della porta. -Perché vuoi saperlo?
-Speravo di potre entrare e parlarti.
-Mh...- i suoi occhi mi percorrono dall'alto in basso. Al buio splendono davvero, proprio come quelli dei gatti. -Beh, allora va bene.- si volta bruscamente e scompare nell'appartamento; dopo un attimo di smarrimento, lo seguo. Il loft sembra diverso , senza un centinaio di corpi ammassati all'interno. È... beh, non ordinario, ma un posto in cui vivere sembra possibile. Come la maggior parte dei loft, ha una grande sala centrale, divisa poi in stanze grazie al mobilio. A destra c'è un quadrato formato da divani e tavoli, e Magnus mi indirizza da quella parte. Mi siedo sul divano di velluto dorato con eleganti ghirigori di legno sui braccioli. -Ti andrebbe del tè?- anziché sedersi su una sedia si è spaparanzato su un pouf, le lunghe gambe distese davanti a sé. Annuiso imbarazzato.non mi sento in grado di dire niente. Niente di interessante o intelligente ecco. Soprattutto di intelligente. Jace è quello a dire cose interessanti, intelligenti. Io sono il suo parabatai, e questa è tutta la gloria di cui sento l'esigenza e che desidero: un po' come essere la stella nera della supernova di qualcuno. Ma questo è un posto in cui Jace non può seguirmi, un qualcosa in cui Jace non può aiutarmi. -Certo.- la mia mano destra improvvisamente diventa calda. Alec abbassò lo sguardo, e mi sendo conto di star stringendo un bicchiere di carta cerata di Joe, l'arte del caffè. Odorava come del Masala Chai. Sobbalzo e riesco a stento a non versarmelo addosso, il che è strano perché sarebbe tipico di me. -Per l'Angelo...
-AMO quel modo di dire, è così caratteristico.- lo fisso dubbioso e quasi timoroso della risposta -L'hai rubato questo tè?- lui ignora la domanda.
-Dunque, perché sei qui?- chiede mentre prendo un sorso dal tè rubato -Volevo ringraziarti, - ho già bisogno di riprendere fiato e non so se è dovuto al tè che stavo deglutendo e alla sua influenza su di me -per avermi salvato la vita.- Magnus si appoggia sulle mani. La sua maglia si solleva sullo stomaco piatto, e stavolta non ho nient'altro da guardare. -Volevi ringraziarmi.
-Mi hai salvato la vita,- ripeto inerme davanti a quella visione. Devo distogliere immediatamente lo sguardo -ma stavo delirando, e non credo di averti ringraziato, non davvero. So che non eri obbligato a salvarmi. Quindi grazie.- le sopraciglia di Magnus si erano sollevate così tanto da sparire sotto l'attaccatura dei capelli. -Di... niente?- appoggio il bicchiere da tè. -Forse dovrei andare.- lui salta in piedi -Dopo aver fatto tutta questa strada? Tuatta la strada fino a Brooklyn? Solo per ringraziarmi?- sta ghignando. Segno buono o cattivo? Sono una frana pure nel feedback. -In quel caso avresti sfaticato per niente. - si allungga e appoggia una mano sulla mia guancia, sfiorandomi uno zigomo col pollice. Il suo tocco sembra fuoco , lascia scintille dietro di sè. Io rimango immobile per la sorpresa del gesto, dall'effetto che gli stava facendo. Magnus socchiude gli occhi e lascia cadere la mano -Uh- mormora a se stesso -Cosa?- Perchè tutto a un tratto mi sembra di aver fatto qualcosa di sbagliato? -Cosa c'è?
-Sei solo...- un'ombra si muove dietro Magnus; con agilità, lo stregone si volta e prende il micio grigio e bianco dal pavimento. Il gatto si raggomitola nella piega del braccio di Magnus e mi guarda. Ora a fissarmi cupamente sono due paia di occhi dorati e verdi. -Sei diverso da quello che mi aspettavo.
-Da uno shadowhunter?
-Da un Lightwood.
-Non immaginavo che conoscessi così bene la mia famiglia.
-Conosco la tua famiglia da centinaia di anni.- i suoi occhi cercano qualcosa sul mio viso, tanto che penso di essere sporco -Ora: tua sorella. Lei è una Lightwood. Tu...
-Ha detto che ti piacevo.
-Che cosa?
-Izzy. Mia sorela. Mi ha detto che ti piacevo. Che ti piacevo, ti piacevo.
-Che mi piacevi, mi piacevi?-mentre Magnus nasconde il suo sorriso affondano il volto nella pancia del gatto, io non so dove nascondere me stesso -Scusa abbiamo dodici anni ora? Non ricordo di aver detto niente a Isabelle...
-L'ha detto anche Jace.- schiettezza. So comportarmi solo così. -Che ti piaccio. Che quando è venuto qui e ha bussato credevi fossi io, e quando hai scoperto che era lui ci sei rimasto male. Non succede mai.
-No? Beh, dovrebbe.- okay, io sono sempre più sbigottito -No intendo Jace, lui è... Jace.
-Porta guai, mentre tu sei completamente smaliziato. Il che è strano, per un Lightwood. Siete sempre stati una famiglia cospirante, un po' come dei Borgia da quattro soldi. Ma non ci sono bugie sul tuo viso. Tutto ciò che dici mi dà la sensazione di essere schietto.- mi sporgo in avanti. Ho l'impressione che mi legga dentro... -Vuoi uscire con me?- wow. L'ho detto veramente. Magnus sbatte la palpebre -Vedi, è questo che intendevo. Schietto.- okay. Ha deviato la domanda. Vuol dire che non vuole. Mi mordo le labbra come per rassegnarmi all'idea -Perché vuoi uscire con me?- chiede accarezzando la testa del Presidente Miao -Non che io non sia altamente desiderabile, ma il modo in cui me l'hai chiesto, mi è parso comecse stessi cercando di adeguarti...
-L'ho fatto, e pensavo di piacerti, quindi avresti detto di sì, e io avrei provato, nel senso, noi avremmo povato...- nasondo il viso tra le mani. Ma per l'Angelo Alec! Una frase, UNA di senso compiuto? O che non suoni esclusivamente strano? Dovrei andare da un logopedista. -Forse è tutto uno sbagio.- Magnus ha una voce gentile -Qualcuno sa che sei gay?- altra domanda da 100 milioni di dollari. Alzo la testa di scatto e respirare sembra molto più difficile, come dopo aver corso. Ma che posso fare, negarlo? Quando sono venuto qui non era l'esatto opposto? -Clary... il che è stato un incidente. E Izzy, anche se non ne parla mai.
-I tuoi genitori no. Neppure Jace? - appena mi mette l'idea in testa la caccio via in fondo alla testa il più possibile -No, no, e non voglio che lo sappiano, specialmente Jace.
-Penso che potresti dirglielo. È andato in pezzi come un puzzle quando quando ha pensato che stessi per morire. Gli importa...
-Preferirei di no.- ora il respiro è ancora più accelerato e sfrego i pugni sulle ginocchia -Non sono mai uscito con nessuno, non ho mai baciato nessuno. Izzy ha detto che ti piacevo e ho pensato...
-Non mi sei insensibile. Ma io ti piaccio? Perché il fatto che tu sia gay non significa che puoi con un ragazzo qualsiasi e andrà bene perché non è femmina. Ci sono ancora persone che ti piacciono e persone che non ti piacciono.- ora mi ricordo: nella mia camera dell'istituto, come deliravo per il dolore e il veleno quando Magnus era entrato. L'avevo riconosciuto a stento. Sono abbastanza sicuro di essere stato sul punto di urlare il nome dei miei genitori, di Jace, di Izzy, ma in quel momento non mi erano usciti altro che sussurri. Lo ricordo, ricordo la mano di Magnus su di me, le sue dita fredde e gentili. Ricordo il modo in cui avevo stretto il polso di Magnus, per ore e ore, anche quando il dolore era passato e sapevo che sarei guarito. Ricordo di aver osservato il viso di Magnus alla luce del sole nascente, con l'oro dell'alba che gli faceva risplendere gli occhi dorati; in quel momento ho pensato a quanto stranamente era bello, con gli occhi di un gatto, e la grazia. -Sì, mi piaci.- io e Magnus incrociamo gli sguardo e lui sembra curioso, affettuoso e confuso. -È così strana la genetica. I tuoi occhi, quel colore...- si ferma e scuote il capo. -I Lightwood che hai conosciuto non avevano occhi azzurri?
-Mostri con gli occhi verdi.- sorride e poggia il gatto a terra e questi virne verso di me strusciandosi contro la mia gamba -Piaci al Presidente.
-È un bene?
-Non esco con le persone che non piacciono al mio gatto,-spiega semplicemente e si alza -Facciamo venerdì sera?- la sorpresa mi travolge come un'onda -Sul serio? Vuoi uscire con me?- lui scuote la testa -Smettila di giocareca fare il difficile, Alexander. Rende le cose più complicate. - sorride. Il suo ghigno somiglia a quello di Jace, non che avessero qualcosa in comune, solo quel sorriso che sembrava illuminargli il volto.
-Andiamo, ti accompagno fuori.- lo seguo fino alla porta con la sensazione di essermi tolto un peso dalle spalle, un peso che non sapevo di star portando. Ovviamente dovrò inventarmi una scusa per uscire con lui quel venerdì sera, un posro dove andare senza gli altri.oppure potrei fingermi malato e poi sgattaiolare fuori. All'improvviso mi accorgo che Magnus mi fissa con gli occhi socchiusi -Cosa c'è?
-Non hai mai baciato nessuno?
-No.- speriamo che questo non mi renda indegno di un appuntamento -Non un vero bacio...
-Vieni qui.- Magnus mi prende dal gomito e mi porta vicino. Per un attimo mi sento completamente disorientato all' idea di avere qualcuno così vicino, il fenere di persona a cui desideravo stare accanto per così tanto tempo. Magnus è alto e magro, ma non pelle e ossa, anzi; il suo corpo è duro, le sue braccia lievemente muscolose, ma forti; è un centimetro poco più alto di me, cosa che succede davvero di rado.il suo dito è sotto il mio mento e mi tiene il viso sollevato e poi ecco, ci sriamo baciando. Un piccolo rantolo esce dalla mia gola e le nostre bocche si incontrano l'una con l'altra in una sorta di urgenza controllata. Magnus sa bene quello che fa. Le sue labbra sono morbide, e obbligano le mie a dischiudersi come un fiore, e poi mi esplora la bocca: una sinfonia di labbra, denti, lingua, e tutto risveglia i nervi che neppure sapevo di avere. Conle dita cerco la vita di Magnus, toccando la striscia di pelle nuda che prima avevo cercato di non guardare, e faccio scivolare le mani sotto la maglia dello stregone. Magnus sobbalza per la sorpresa, poi si rilassa e con le dita trova i passanti dei miei jeans e li usa per tirarmi più vicino. La sua bocca lascia la mia , e sento la pressione calda delle sue labbra sulla mia gola, dove la pelle è così sensibile da sembrare direttamente collegata alle gambe, ormai imcapaci di reggermi, quasi. Magnus mi lascia andare proprio l'istante prima che cadessi a terra. Ha gli occhi scintillanti, e così anche le labbra. -Ora sei stato baciato, - dice allungandosi oltre di me per aprire la porta -ci vediamo venerdì? - mi schiarisco la gola. Sono ancora intontito, ma non mi sono mai sentito così vivo. Il sangue corre rapido nelle mie vene come il traffico alla massima velocità; i colori diquasi tutte le cose mi sembrano troppo vivaci. Mentre oltrepasso la porta, mi volto a guardare Magnus, che mi osserva perplesso. Mi spingo in avanti e afferro la maglia di Magnus, trascinandolo vicino a me. Lo stregone inciampa addosso a me e lo bacio, con forza e velocità, disordinato e inesperto; ma questo è tutto ciò che so fare. Stringo Magnus contro di me, una mano premuta tra noi, e sento il suo cuore battere all'impazzata. Spezzo il braccio e mi ritraggo. -Venerdì.- dico lasciando andare Magnus. Lo stregone mi osserva andare via incrociando le braccia suaala maglia che aveva le pieghette lì dove l'avevo strattonato e scuote la testa, ghignando -Lightwood, devono sempre avere l'ultima parola. Chiude la porta e io corro giù per le scale, facendole due a due e il sangue che mi canta nelle orecchie come musica.

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