Prologo

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Si accucciò in un angolo della strada, mentre fissava suo fratello che veniva preso a pugni. Una, due, tre volte; e i bulli intorno a lui ridevano a vederlo inerme quando lo gettavano a terra. Provò ad alzarsi, ma un pugno lo gettò nuovamente a terra, provocando nuovo dolore e nuove risate. "Che c'è, Christopher, non riesci ad alzarti?" Lo derise uno del gruppo, e gli altri cominciarono ad insultarlo a ruota. Lo sguardo di Janine si spostò sulla lucertola che fino a pochi minuti prima si stava divertendo a torturare: le aveva staccato prima la coda, poi con l'aiuto di una pietra affilata le aveva staccato le zampette e aperto la pancia. Lei era la causa di tutto questo, il fatto che la divertisse far soffrire piccoli animaletti l'aveva fatta diventare oggetto di paura e di scherno dal resto della scuola. Così era diventata il bersaglio preferito dei bulli, malgrado non l'avessero mai picchiata. Era sempre stato Christopher a prenderle al posto suo. Tornò a guardare il fratello, e notò che era di nuovo in piedi, ma stavolta non voleva battersi: cercò di fuggire, altrimenti sarebbe stato ammazzato a forza di pugni e calci. "Non abbiamo ancora finito con te!" Urlò uno della banda, e, agguantato un motorino parcheggiato lì a fianco, cominciò a seguire il malcapitato. In breve, tutto il gruppo si ritrovò dietro al ragazzo che aveva parlato: chi in bici, chi in moto; a spronare Christopher a correre veloce con un sadismo che neanche Janine riusciva a tollerare. "Corri, corri!" Gridavano. E intanto ridevano, ridevano, mentre Janine li inseguiva con le lacrime agli occhi, come meglio poteva. "Basta!" Provò a dire una prima, seconda, terza volta, ma era tutto inutile: non poteva che essere ignorata. Alla fine, com'era inevitabile, Christopher venne raggiunto. Uno dei ragazzi lo spinse alla spalla, facendolo cadere proprio nel bel mezzo di un incrocio. L'autista lo vide in ritardo.

Christopher venne travolto.

La situazione si bloccò per circa mezz'ora: dei bulli in moto non ne era rimasta traccia, e l'ambulanza arrivò pochi minuti dopo l'incidente. L'incrocio venne chiuso, mentre i curiosi si assiepavano ai bordi delle vie per riuscire a cogliere le dinamiche del tutto. Solo Janine restava lì ferma, senza capire dove andare o cosa fare. Piangeva. Le lacrime scorrevano sulle sue guance, mentre pensava che tutto questo fosse colpa sua. Tutto ciò che era accaduto a Christopher in quegli anni era colpa sua. Si maledì per essere nata, maledì il suo divertirsi di fronte alla morte degli animali che tanto amava torturare. Odiava se stessa. Odiava il mondo che non era stata in grado di accettarla.
Adesso era sola; i suoi genitori, ben consci dei suoi passatempi l'avrebbero sicuramente incolpata. Non sapevano niente dei bulli, anzi, erano convinti che Christopher si riducesse così a causa del corso di boxe a cui l'avevano iscritto. Corso che non era mai esistito.
Christopher era buono, non gli avrebbe mai fatti soffrire.
Christopher era buono, non avrebbe mai lasciato Janine soffrire.
Christopher era buono, non avrebbe mai lasciato nessuno soffrire.
Ma adesso, Christopher era morto.

***

Janine fissava la bara di fronte a lei. Nera, liscia, lucida; circondata da fiori variopinti, tra cui spiccava una foto che ritraeva il fratello. Era una delle poche foto che avevano di lui: non si faceva fotografare spesso, a causa dei continui lividi che albergavano quasi perennemente sul suo volto. Eppure quella l'avevano trovata: Christopher sorrideva, e gli occhi chiari risaltavano tra i capelli scuri che coprivano la sua fronte. Una lacrima rotolò lungo il volto della ragazza. Era sempre stata un'egoista a nascondersi mentre lui si faceva avanti per difenderla, e non ne parlava con nessuno. Non si sfogava mai. E lei non se l'era mai meritato un fratello così. E adesso che era morto, cosa avrebbe fatto? Lei era debole, non sarebbe mai riuscita a fronteggiare coloro che la seviziavano ogni giorno. La mano della madre posata sulla spalla la avvertì che era il momento di andare, ma lei non voleva lasciare solo il corpo di suo fratello. Non poteva, dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Raccolse un fiore posato sulla bara, mentre andavano a sedersi in auto. Il tragitto fino a casa fu breve, nonostante il traffico di mezzogiorno. Arrivati a casa, Janine corse subito in camera sua. Per anni aveva sognato una stanza solo per lei, e adesso voleva soltanto tornare indietro. Si diresse verso la libreria, e prese il libro preferito di Christopher. "Fahrenheit 451" recitava il titolo. L'aveva letto per la scuola, ma non se n'era mai più staccato. Aprì una pagina a caso, poi recuperò il fiore che aveva tolto da sopra la bara. Infine, uscì di casa, e si diresse verso il bosco che cresceva lì vicino. Imboccò il sentiero, fino ad arrivare all'albero su cui, da piccoli, adoravano arrampicarsi. Talvolta Janine recupera un uccellino e si divertiva a spennarlo come minimo, mentre il fratello la osservava inorridito. "Cosa c'è di così sbagliato?" Gli aveva chiesto una volta ridacchiando. Lui non aveva mai avuto il coraggio di risponderle. Era così piccola e ingenua, all'epoca. Non avrebbe mai pensato che ciò sarebbe stato la causa della sua morte. Si fermò in prossimità delle radici, poi, con l'aiuto di un pezzo di corteccia, cominciò a scavare. Seppellì il libro, poi tornò a casa. Il padre stava guardando il telegiornale, mentre la madre preparava cena. Janine si sedette sul divano accanto al padre, a guardare distrattamente le notizie che passavano sullo schermo. "Passiamo alle novità locali" annunciò la giornalista con il solito tono concitato "sono scomparsi diversi ragazzi durante l'intera settimana, e nonostante gli sforzi delle forze dell'ordine non sono ancora stati ritrovati" cominciarono a mostrare diverse foto dei ragazzi dispersi, e il cuore di Janine perse un battito. La voce della madre che gli chiamava a tavola fece spegnere il televisore, e Janine si sedette mentre stava ancora cercando di metabolizzare quanto appreso. Un piatto pieno di pasta scivolò sotto il suo sguardo, e lei lo fissava incredula. I ragazzi scomparsi erano gli stessi che, esattamente una settimana prima, avevano ucciso suo fratello.

Quando tutto ciò accadde, Janine aveva solo 13 anni.

Lei. Janine Black.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora