Capitolo II

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Mattew sentì la sveglia e la spense dandole un pugno. Guardò l’ora, erano le otto in punto del lunedì. ‘Dannazione, mi tocca lavorare.’ Pensò il ragazzo, alzandosi. Lasciò il letto matrimoniale e le lenzuola blu, si diresse verso il bagno e fece una doccia veloce. Quando si guardò allo specchio aveva l’aria stanca. ‘Caro Matt’ disse a se stesso ‘hai 26 anni, ma ne dimostri 35 stamattina.’ Quella notte Mattew non dormì molto. O meglio non molto più del solito, ma il pensiero di quella Ragazza Occhi Cielo lo tormentava. Fu totalmente sconvolto dalla sua semplice bellezza. Non sapeva il perché, ma quegli occhi azzurri e quel viso chiaro dai lineamenti dolci lo avevano fatto sentire fuori dal mondo. Aveva sperato di rivederla, quella mattina. Ma la passeggiata mattutina verso il faro era un’abitudine domenicale. Non l’avrebbe incontrata, ma doveva sapere chi fosse. Tirò indietro i capelli col gel, si lavò i denti e scese in garage. Come al solito la sua sorellina, Kate, ormai diciassettenne, lo aspettava.

‘Buongiorno fratellone!’ disse con un sorriso smagliante.

‘Buongiorno, Kate.’ Le rispose Matt, ancora un po’ assonnato.

‘Dormiglione, oggi colazione insieme?’ esitò un po’ nel dirlo, sapeva che Matt era un tipo solitario. Ma nella sua voce era palese un filo di speranza.

‘Pranzo, ok? Sono già in ritardo.’ Un po’ dispiaciuto, Matt cercò di non farla sembrare una promessa. Gli piaceva passare del tempo con Kate, ma non quella mattina. Aveva altri pensieri per la testa.

‘Va bene, Mattew. Buona giornata.’ Leggermente delusa, la ragazza alta e mingherlina, si diresse verso la cucina.

Mattew, stanco per il poco riposo, si lasciò cadere sul sedile della sua BMW nera e si diresse al lavoro. 

Quella mattina Martha decise di accompagnare il padre al lavoro. Non avrebbe potuto fare il suo jogging mattutino, ma era un giorno importante per entrambi e voleva essere presente. Per suo padre. Dopo la colazione, salirono nella loro nuova Aston Martin e si diressero verso la fabbrica, lontana circa una decina di minuti da casa loro. Abitavano in periferia e non avevano ancora visitato il centro del paese. Quando videro le case e i negozi del centro, si accorsero che erano diverse dalla loro. Erano in legno, spesso bianche, con tetti e infissi color pastello. Un po’ perplessi, si guardarono. Ma continuarono il tragitto. Una volta arrivati a destinazione, scesero dall’auto e guardarono stupiti la fabbrica. Un gigantesco complesso di edifici li scrutava dall’alto. Sembrava di stare di fronte ad un gigante di cemento. Frank espirò forte e guardò sua figlia. Martha si era accorta, già quella stessa mattina, che il padre era leggermente teso. Gli sorrise, come se fosse un bambino al suo primo giorno di scuola. Fu un successo. Frank si sentì subito meglio, per lui nulla poteva renderlo più felice di quanto non riuscisse a fare sua figlia solo con un sorriso.

‘Papà, tutto ok?’ cercò di sorridere ancora. Tesa tanto quanto il padre, cercava di nasconderlo.

‘Sì, tesoro. Stai tranquilla. Sarà una lunga giornata, fai un giro in paese. Fai nuove conoscenze. So che c’è anche una biblioteca in centro, dalle un’occhiata.’ Sorrise. Il padre sapeva che Martha amava leggere e sviò la conversazione su questo argomento.

‘Tranquillo Frank! So cavarmela!’ gli fece l’occhiolino. Entrambi sapevano che Martha, sì era in gamba, ma un po’ sbadata. Risero di gusto e proprio in quel momento sfilò di fianco a loro una grossa auto sportiva.

‘Penso sia il capo.’ Disse Martha. Con aria sufficiente verso quell’auto costosissima.

‘No, è suo figlio. Lavora con lui. Il capo l’ho incontrato a LA. E’ un simpatico signore di 70 anni, se lo vedessi non diresti che ha quell’età. Sembra un giovincello!’ Sembrava davvero divertito al ricordo dell’incontro col suo capo.

L'isola di Martha.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora