Capitolo VI

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Kate guardò l’orologio. Erano le quattordici e cinquantacinque. In cinque minuti la sua nuova insegnante sarebbe arrivata. Non vedeva l’ora di incontrarla. Tutte le idee che aveva avuto al riguardo da Dorothy, non erano cambiate. Sistemò i lunghi capelli all’indietro, in una coda, e si gettò nuovamente sul divano a guardare la Tv. Carmen la interruppe. ‘Signorina Kate, mi scusi. Suo fratello mi ha avvisata della nuova insegnante di spagnolo. Posso riceverla io?’ Kate la guardò sottecchi, senza girare la testa. ‘Chi ti ha detto che è una donna?’ chiese. Kate, proprio come Mattew, non riusciva a sopportare certi atteggiamenti di Carmen. All’inizio non era così, quando Mattew era a New York per gli studi. Ma da quando era tornato a casa, Carmen faceva di tutto per mettersi in mostra e Kate, ormai ragazza e non più ingenua come una bambina, aveva capito perfettamente le sue intenzioni. ‘Nessuno, l’ho intuito.’ Era chiaro che Carmen provasse a scucire dalla bocca della sua ‘padroncina’ più informazioni che potesse. ‘Ti sei sbagliata. Comunque non preoccuparti, me ne occupo io.’ Carmen sembrò infastidita da quella risposta. ‘Ma non c’è bisogno che si disturbi, signorina. Sono qui apposta, lasci fare a me.’ Kate riuscì a percepire, dietro quel sorriso, la falsità delle sue parole. ‘Ti ho detto che ci penso io. Adesso vai via, lasciami guardare la tv.’ Carmen si inchinò leggermente e si congedò. ‘Come desidera.’ Un ringhio le scappò di bocca. ‘Quanto mi manca Milly!’ urlò Kate, cercando di farsi sentire dalla domestica. Milly era la domestica precedente e per Kate era stata una madre, un’amica e una sorella. Quando era venuta a mancare, Kate si era sentita morire dentro. Sapeva già che nessun’altra donna avrebbe potuto prendere il suo posto in quella casa. Tantomeno Carmen. Per quanto disprezzassero i suoi modi, entrambi Kate e Mattew, erano stati avvisati da Sam che non dovevano metterla a disagio e non dovevano lasciarla andare via. Casa loro era davvero grande e nessun’altra donna avrebbe accettato di diventare loro domestica, dato che doveva occuparsene da sola. D’altronde, le stanze erano tante ma quelle degli ospiti erano spesso chiuse perché non avevano quasi mai visite. Kate guardò l’orologio che suonò i tre rintocchi. Odiava quell’orologio, faceva un fracasso incredibile e il suo suono rimbombava in tutta la casa. Ma il padre ci teneva davvero tanto e pretendeva che rimanesse in quella casa. Non aveva mai spiegato a nessuno del perché volesse tenerlo, ma Sam era fatto così e Kate lo sapeva benissimo che mai avrebbe ceduto soddisfacendo la sua curiosità. Al termine dei rintocchi, il campanello suonò e Kate corse ad aprire. La ragazza che si trovò davanti era uno spettacolo. Capelli castani e occhi blu come il cielo. Rimase a bocca aperta, davanti al suo sguardo e al suo sorriso. Si aspettava una ragazza giovane, ma non così bella. La invidiò ma, allo stesso tempo, ne rimase abbagliata.

‘Ciao. Lei deve essere la signorina Kate.’ Cacciò fuori il suo sorriso migliore, chiedendosi come mai quello splendore di ragazza la fissasse in quel modo. ‘Sì, sono io. Ma dammi assolutamente del tu. Mi fai sentire vecchia, dandomi del lei.’ Identica al padre. Martha piegò leggermente la testa di lato e sorrise di nuovo. ‘Come preferisci. Io sono Martha, piacere di conoscerti. Sarò la tua insegnante di spagnolo.’ Kate continuava a guardarla dritta negli occhi, come ipnotizzata. ‘Piacere mio. Prego, accomodati!’ Si spostò di lato, facendo segno con la mano di entrare. Martha si accomodò, tolse la giacca e la poggiò su un tavolinetto in legno all’entrata, come le aveva detto Kate. La casa era davvero enorme, non che lei credesse fosse più piccola. Somigliava molto alla sua, era chiaro che aveva una certa età quel castello di pietra dove viveva, ma la casa di Sam sembrava ancor più vecchia. Gli interni in legno erano pregiati, con rifiniture perfette e gli oggetti di decoro sopra di essi erano luccicanti. Continuava a seguire Kate che, con passo spedito, si dirigeva verso una grande porta anch’essa in legno, nascosta dietro la grande scalinata che portava al piano di sopra. ‘Ecco, questo è lo studio di papà. Terremo qui le lezioni. Tranquilla, ho il permesso speciale per questa stanza.’ Le fece l’occhiolino e a Martha sembrò che volesse dirle che era una combina-guai. Non appena entrò, Martha rimase a bocca aperta. Migliaia di libri posti su librerie in legno d’ebano circondavano completamente la stanza. Al centro una scrivania enorme sembrava piuttosto un tavolo, talmente era grande. In un angolo c’era un mappamondo poggiato su un supporto di argento. Tutto sembrava costosissimo in quella stanza. Si guardò intorno, le sembrava un tempio della lettura, altro che biblioteca. ‘Prego, siediti pure.’ Indicò una delle quattro poltroncine che si trovavano intorno alla scrivania. ‘Grazie.’ Riuscì a dire, balbettando. ‘C’è qualcosa che non va?’ Kate le sorrise. ‘No, assolutamente. Questa stanza è fantastica.’ Le disse, entusiasta. ‘Vero? Anche Sam la adora. Beh, anche io. Ma solo per la comodità delle poltroncine!’ rise. Martha ricambiò e si accomodò. Kate continuava a guardarla come persa nei suoi pensieri e, un po’, si sentì a disagio. Poi pensò che magari era dovuto al fatto che fosse nuova e la stava studiando per bene. Perciò decise di non dirle nulla e di assecondarla. ‘Oggi non studieremo nulla.’ Kate scattò, mettendosi dritta sulla schiena e spalancando quei grandi occhi verdi, tali e quali a quelli del padre. Proprio come la prima volta che aveva visto Sam, gli occhi di quella ragazzina le sembrarono familiari. ‘Già ti adoro, Martha.’ Ma dicendo il suo nome, sembrò riperdersi nei suoi pensieri.

L'isola di Martha.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora