Capitolo 5

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Lui prese il mio braccio.

Poi pian piano scese fino alla mia mano, tenendola stretta.

Perchè

Perchè fai questo

Basta soffrire

Basta

D'istinto, sciolsi le mie dita dall'incrocio che si era creato.

Lui smise di piangere. Smise di parlare.

Non parlammo per giorni.

Nemmeno ci guardavamo.

La notte lui dormiva con delle coperte per terra e io stavo in quel letto che sembrava essere più freddo della neve fresca e le coperte sembravano lastre di ghiaccio.

Io aspettavo che tutti nella stanza dormissero profondamente e poi mi davo al pianto più infantile, poichè quelli erano i pochi momenti in cui potevo essere la bimba di dieci anni che ero davvero.

Spesso stavo sveglia fino quando Ness si alzava e andava in bagno per vestirsi; allora chiudevo gli occhi per qualche breve istante, perché per quanto non mi parlasse, ogni mattina controllava se dormivo ancora e se avevo le spalle scoperte, tirava su le lenzuola fino a sotto la mia guancia. Allora riuscivo ad addormentarmi, anche se solo per una manciata di minuti.

I giorni passavano veloci. Forse troppo veloci.

Ogni mattina avevamo gli allenamenti fisici, che variavano dalla corsa di resistenza, al combattimento corpo a corpo, alle varie tecniche che le diverse armi richiedevano; ogni pomeriggio c'erano le lezioni teoriche di storia, ma anche corsi per chi nell'esercito non avrebbe combattuto, per i futuri medici, fabbri e anche strateghi.

Non vedevo spesso mio fratello, tranne durante le lezioni di storia, in cui di solito si sedeva vicino a me per raccontarmi dei suoi nuovi amici e di quanto odiasse il combattimento con le lance.

"E' inutile" diceva "sono armi scomode e poco funzionali. Se devo infilzare qualcuno preferisco usare una spada"

A lui sembrava piacere quel posto.

Io guardavo dall'altra parte della stanza, dove Ness era seduto sempre nella stessa posizione: i gomiti appoggiati sulle gambe allargate, con la schiena curvata e la testa appoggiata sulle mani, che ogni tanto si facevano strada nella chioma bionda scompigliata. I suoi occhi fissavano ciò che era fuori dalla finestra, ciò che io non riuscivo a vedere. Ma i suoi occhi erano pieni di malinconia.

"Ma quel tizio... Ness, ce l'ha col mondo o gli hai fatto qualcosa?" mi chiese un giorno mio fratello, mentre l'insegnante di storia stava facendo un riepilogo di tutte le date delle battaglie combattute dal nostro esercito.

Sospirai.

"Non lo so. Ci siamo parlati solo il giorno in cui siamo arrivati e da allora non ha mai aperto bocca. Odia la presenza degli altri in generale, ma la mia in particolare a quanto pare. Quindi sì, magari mi odia"

 Mi odia davvero?

Non lo biasimerei, questo è sicuro. Ma perché? Qual è la mia colpa?

Ness ti prego, parlami.

E come se avesse sentito i miei pensieri, in quel momento lui staccò gli occhi dal vetro e mi guardò.

Non mi cercò nemmeno tra le persone.

Lui sapeva dov'ero.

E la luce di quel tramonto autunnale gli illuminava le iridi e i capelli, facendolo sembrare una creatura angelica, che solo per caso è capitata in questo mondo.

Eirlys - La neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora