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Sono contento che la parte danzante del Commiato duri solo due ore, perché se dipendesse da me la salteremmo del tutto. È una tradizione antiquata, molto più diffusa nei primi dieci anni successivi a quando le date di morte divennero obbligatorie; ma la mia matrigna sembra pensare che se non lo facessimo verrei privato di una parte dell'esperienza del decesso. Ama ripetere «Credimi, la festa per il Commiato di Sheila Hammer, al mio secondo anno di college, è stata una delle serate più belle della mia vita». Sospetto che Sheila la pensasse un po' diversamente.

Come non bastasse, il DJ scelto dalla mia matrigna è un incapace. Mi sento come un pioniere diretto a colonizzare il West, ma anziché essere carico di funi e vettovaglie sono sepolto da una montagna di cianfrusaglie di plastica. E invece di andare nel West, sto ballando il cha cha cha (un saltello, due saltelli!), con indosso un cappello a cilindro rivestito di lustrini verdi, occhiali da sole extra large e - intorno al collo - due collane fosforescenti, una sfera stroboscopica da discoteca, un fischietto blu elettrico e un simbolo del dollaro in oro finto. Mi piace pensare che sto indossando tutto ciò in maniera ironica, ma temo che nessuno lo capirà; probabilmente tutti quelli che si addobbano così pensano di essere ironici. Wow, mi sembra di aver avuto una profonda intuizione filosofica sull'umanità.

Mi sento ancora carico dopo l'autoencomio, ma cerco di non pensarci troppo. «Sei stato fantastico! Hai detto la parola pene nel tuo autoencomio funebre!» ha commentato Paolo appena sono sceso dal palco. «E poi hai chiuso con "Denton Little sei OUT!" Incredibile, dovrò rubartela il mese prossimo.»

«Ho detto proprio così? Non ricordo bene.»

«Eccome se l'hai detto, amico, ed è stato pazzesco.»

Ora Paolo sta ballando accanto a me con le sue mosse classiche, che mi fanno sempre pensare a un vecchietto un po' viscido. In questo momento però sembrano efficaci: Lucinda Delgado e Danica Riegel sono piegate in due dal ridere.

Paolo si sporge verso di me. «Le vedi?»

Gli batto il cinque. «Piaci a entrambe, secondo me. Hai ancora una cotta per Danica?»

«Sì, penso di sì. Il suo alito profuma di noci!»

«È... un bene o un male?»

«Deve aver mangiato le noci prima del tuo funerale! O magari durante!»

Io e Paolo intratteniamo un dialogo surreale di questo tipo almeno una volta al giorno, ed è uno dei motivi per cui lo adoro.

«Okay, gente» dice il DJ al microfono, sudando copiosamente sotto i terribili neon che non si sono mai spenti. «Ora rallentiamo un po' il ritmo. Dexter e la sua ragazza si sposteranno al centro del palco, e voglio vedere tutte le altre coppie ballare con loro.»

«DEN-TON» grida mia madre. «Non Dexter, DEN-TON.»

Mentre parte una brutta canzone pop d'amore, e io mi domando perché il DJ non abbia chiesto la mia opinione riguardo alla colonna sonora del mio Ultimo Lento, mi guardo intorno in cerca di Taryn, che è andata in bagno da più di dieci minuti.

«Vieni, Dexton, vieni ad aprire le danze.»

«Ehm... aspetta un attimo» dico a Mister Sudore, e mi faccio strada verso il bagno. Fuori ci sono sette o otto donne e ragazze in coda, ma Taryn non c'è. Forse è dentro?

«Salve, signore» le saluto, cercando di non dare a vedere che sto saltando la fila.

«Ciao, Denton» dicono alcune di loro, con l'identico tono finto-allegro che nasconde commiserazione.

«Puoi passare avanti, se hai proprio un'urgenza» mi dice Millie Pfefferkon, la prima della fila. Indossa una fascia gialla sui capelli e un abitino patchwork da bambola di pezza. I suoi genitori sono avvocati e guadagnano un mucchio di soldi, ma a giudicare dai suoi vestiti non si direbbe mai.

Deathdate - Lance RubinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora