Non voglio farne un gran dramma. Be' in verità si, perché è divertente e mi piace mettere in imbarazzo le persone; ma in fin dei conti non è niente di che.
Da quando sono nato, tutti sanno che domani morirò. Quasi tutti a questo mondo, conoscono la propria data di morte, grazie all'equipe di medici, biologi, astrologi e studiosi di statistica guidata dal premio Nobel Herman Mortensky: il luminare citato in tutti i manuali di scienza, il pioniere dell'AstroTanatoGenetica (ATG).
L'idea che domani morirò mi mette ansia lo stesso? Si, accidenti. Ma devo per forza parlarne col tono accorato della voce fuoricampo nel trailer di un film? Probabilmente no. Il che non significa che la gente non possa dispiacersi per me, se proprio ci tiene. Tra tutti i miei compagni di scuola ci sono solo tre ragazzi destinati a morire prima del diploma: oltre a me c'era Ashley Miller, che è morta al primo anno per uno strano problema al cervello; e Paolo, il mio migliore amico, la cui data di morte cade ventisei giorni dopo la mia. Una splendida coincidenza, no? Due amici per la pelle che moriranno nell'arco di un mese! Anch'io la penserei così se non sapessi che abbiamo fatto amicizia proprio per questo.
Era uno dei primi giorni di scuola materna, e mi stavo facendo i fatti miei in un angolo dell'aula, leggendo la storia di un orso che prepara una torta di compleanno per la luna, quando all'improvviso mi sono accorto che un bambino grassottello e sorridente stava leggendo da sopra la mia spalla. (Ero un bambino anch'io, ma insomma, ci siamo capiti.) All'inizio l'ho trovato irritante: Lasciami leggere in pace! Ma poi ha detto «Quell'orso dovrebbe dare una torta alla luna anche per il suo complemorte», che mi è sembrata la battuta più divertente del mondo, la miglior perla di saggezza che avessi mai sentito. Col senno di poi non è un granché, ma alle orecchie di un bambino dell'asilo faceva morire dal ridere (be', non letteralmente).
Dopo aver sghignazzato insieme per un bel po', ci siamo messi a parlare delle date di morte. «La mamma mi ha detto che tu sei un Prematuro» ha riferito paolo. Un Prematuro è una persona la cui data di morte cade prima dei ventun anni. «Già» ho risposto, guardando a terra. «Anch'io!» ha esclamato lui. Ero al settimo cielo: non avevo mai conosciuto un altro Prematuro.
Perciò eccoci qui, a ridere delle stesse cose ed entrambi destinati a morire prima ancora di uscire dal sistema della pubblica istruzione. Non saprei immaginare un fondamento più solido per un'amicizia.
Il mio telefono vibra di nuovo, e stavolta mi spavento solo per un millisecondo.
"Parlano tutti del tuo funerale", scrive Paolo. "Ci sarà un sacco di gente, amico! Spero che ti sia ripreso ahahah amico eri COMPLETAMENTE SBRONZO ieri sera. Sono fiero di te."
Perciò posso affermare con sicurezza che questo lancinante mal di testa/saporaccio in bocca/malessere generalizzato è un doposbronza. Il mio primo doposbronza, che emozione! E appena in tempo.
Sono in vacanza da una settimana, anche se naturalmente avrei potuto smettere di andare a scuola molto tempo fa. Ma poi sarei rimasto a casa da solo, o con i miei genitori, una volta tornati dal lavoro. No, grazie! Per fortuna negli ultimi giorni Paolo ha saltato la scuola per stare con me, sia perché è un buon amico, ma anche in vista della sua imminente dipartita. (Ora ricordo: mi aveva detto che oggi sarebbe andato a scuola per «suscitare un po' di entusiasmo» in previsione del mio funerale.)
Quasi tutti passano la loro Ultima Settimana a fare le cose che amano di più. Per i ragazzi della mia età, ciò si traduce spesso in una maratona di debosciate trasgressioni adolescenziali. Non ho nulla in contrario, di per sé, ma non è proprio il mio stile; e l'alcol non mi è mai piaciuto. Solo le abilità di persuasione di Paolo («Non sei curioso di sapere che effetto fa?») mi hanno infine convinto a rinunciare al nostro piano originario (sgattaiolare di sala in sala al cinema per vedere più film con un unico biglietto: uno dei miei passatempi preferiti, che ho già praticato altre volte durante la mia Ultima Settimana) e restare a casa di Paolo a goderci l'ormai scomparsa vodka alla pesca (e, a quanto pare, l'ormai scomparsa Veronica).
Quasi tutti i nostri compagni di scuola verranno al mio funerale: non so se esserne contento, imbarazzato o cos'altro. Ma a dire il vero penso che apprezzino soprattutto l'idea di poter uscire da scuola un'ora prima.
E poi c'è la faccenda Veronica-Taryn. Se questa è l'«amnesia alcolica» di cui parlano tutti, non mi piace per niente; preferirei arrivare al mio funerale sapendo chi ho baciato, chi mi ha lasciato e tutte le altre cose fantastiche/orribili che ho fatto.
Cos'è successo di preciso ieri sera? A inizio serata la mamma di Paolo mi aveva promesso di riaccompagnarmi a casa, così avrei potuto dormire nel mio letto per l'ultima notte. Avevo progettato di dare avvio al giorno del funerale – cioè oggi – con una corsetta mattutina per schiarirmi i pensieri. Ma non succederà. E la mia matrigna sarà furiosa perché non ho dormito sotto il suo tetto.
«Okay, Dent... sei sveglio?» chiama la madre di Paolo da dietro la porta.
«Giorno» rispondo. «Arrivo... tra un momento.»
«Oh!»
Solo ora capisco che stava parlando alla porta della stanza di Paolo, dall'altra parte del corridoio. Ma io le ho risposto dalla stanza di Veronica. Ops.
«Scusa, non sapevo che fossi in camera di V!» continua lei, allegra e cordiale come sempre. Perché si sta scusando con me? Ho dormito sul letto di sua figlia! Ma poi mi ricordo che domani morirò, e che quindi oggi sono tutti incentivati a trattarmi bene.
«Non c'è problema! Volevo solo... ehm...» fisso il semironico cuscino dei Puffi di Veronica, che giace sul pavimento. C'è un po' del mio vomito sulla barba di Grande Puffo.
«... rifare il letto, ecco.»
«Va bene. Ho qui un antidolorifico, se ti serve.»
«Okay, fantastico. Grazie, Cynthia.»
Scendo faticosamente dal letto, raggiungo il bagno, mi guardo allo specchio, non mi piace quello che vedo, mi schizzo dell'acqua in faccia, cerco di vomitare un altro po' nel water, più o meno ci riesco, prendo della carta igienica, la inumidisco, cerco di pulire il cuscino di Veronica, più o meno ci riesco, decido comunque di togliere la federa, la lancio nell'armadio, rimetto il cuscino nudo sul letto di Veronica; rifaccio il suddetto letto, e constato con soddisfazione che la trapunta arriva a coprire i cuscini, dando l'impressione che io non sia mai stato qui.
Mentre ammiro il risultato delle mie fatiche, noto un biglietto sul comodino. Vado al lavoro, c'è scritto, nella grafia elegante e femminile di Veronica. È stato divertente. Più o meno. Rifammi il letto, per favore. Ci vediamo al funerale.
Sorrido: sono le parole più gentili che Veronica mi abbia mai rivolto. Ho sempre pensato che i nostri bisticci nascondessero un affetto sincero e reciproco. Ma mi sbaglio su un sacco di cose, perciò è possibile che quelle parole, così come il nostro bacio, siano dovute solo alla compassione.
E perché no? Anch'io mi compatisco. Mi sono sempre sforzato di essere uno di quei ragazzi rilassati e tranquilli che prendono di petto ogni evento della vita, e quindi anche la morte. Sono sempre stato orgoglioso della maturità con cui accettavo la situazione («Wow, bravo, la affronti benissimo» mi dicevano tutti). Dopo le tante sedute con lo psicologo mi sono convinto che, all'avvicinarsi del grande giorno, mi sarei rassegnato sempre di più al mio destino. Ma in questo momento, a poche ore dal funerale e con il biglietto di Veronica in mano, non mi sento granché rilassato e tranquillo. Le emozioni si mescolano al doposbronza e sovraccaricano i circuiti del mio corpo. Vomito sulla trapunta di Veronica.
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Deathdate - Lance Rubin
RomanceDenton Little ha 17 anni e una sola certezza: morirà la notte del ballo di fine anno. Ma - escluso il pessimo tempismo - nulla di strano. Perché il mondo di Denton funziona così: tutti conoscono la data della propria morte, e tutti aspettano il fati...