Capitolo 6 - Chi sono io?

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-"Che ci fai con quel vaso in mano?"- mi guardò sbigottita.

-"Uhm, no niente."- dissi goffamente mentre lo poggiavo sul tavolo. Mi dimenticai completamente del viaggio per lavoro di mia madre e che sarebbe tornata quella sera. Mia madre si chiama Claudia, è una donna alta e di bell'aspetto, curato. Ha dei lunghi capelli neri e gli occhi color lago. È una donna d'affari, lavora per un'importante azienda ed è spesso costretta a fare viaggi di alcuni giorni. È sempre premurosa nei miei confronti e non mi fa mai mancare nulla.

-"Allora? Come stai? Ho saputo della tragedia a scuola mentre tornavo! Perdonami se non mi sono fatta sentire, ma sono stata molto indaffarata."-

Non so perché, ma nel vedere mia madre, non riuscii a trattenermi dallo sfogare tutto il dolore e la frustrazione che mi erano arrivati in questi giorni, le corsi incontro ad abbracciarla e iniziai a piangere disperata.

-"Piangi, amore. Sfogati quanto vuoi e perdonami per non esserti stata accanto tutto questo tempo."-

Le parole e le carezze dolci di mia madre mi portarono dietro nel tempo, quando io avevo paura dei tuoni e lei era lì, col respiro sul mio collo a dirmi di stare tranquilla e che sarebbe stata accanto a me. Niente riusciva a tranquillizzarmi come lo faceva lei.

Mi ripresi, mi alzai e andai a vestirmi e asciugarmi i capelli. Tornando in cucina un odore stuzzicante inondò i miei sensi. Era risotto ai funghi, lei soltanto sa prepararlo come piace a me. Lo divorai e mentre mi asciugavo il mento sporco di salsa, mamma mi prese una mano, mi guardò dritta negli occhi e mi disse:

-"Io ti amo più della mia stessa vita, ricordalo. Ho avuto una sorta di ferie dal lavoro e ora potremo stare di più insieme!"-. Gli occhi di mamma sembravano felici, ma avvertivo una certa tensione nella sua voce. Certo, io ero felice di stare più tempo con lei, ma solo se era serena anche lei. Qualcosa non quadrava. Quegli avvoltoi dell'azienda non le concedevano le ferie neanche in malattia, doveva essere successo qualcosa. Per il momento lasciai perdere.

Ero sfinita dopo quel pomeriggio passato bloccata in pullman e dopo quello strano sogno. Era sera e sarei andata a dormire in un'ora o due. Mi ricordai che avevo da fare il compito che ci aveva dato il prof di italiano ed ecco che trovai un modo per passare il tempo. Presi lo zaino, lo portai alla scrivania, ed uscii foglio e penna. La traccia era molto libera: "Chi sono io? Cosa voglio fare quest'estate?".

"Beh, io sono Marta Morfeo. Ho sedici anni e vivo a Sepale, un paesino in provincia di Riba. Sono un po' bassa, ma non più di tanto. Ho i capelli lunghi e naturali, un caldo castano che d'estate si schiarisce. Mi piacerebbe tingerli a volte, ma ho troppa paura di rovinarli. Un paio di occhialoni rotondi coprono i miei occhi neri come la notte. Mi piace leggere, scrivere, cantare, suonare, disegnare e più o meno tutte le cose che piacciono a tutti gli adolescenti. Spesso mi capita di rimanere imbambolata a pensare alle belle cose che potrei fare, ma per le quali sono troppo pigra. Mia madre si chiama Claudia, davvero una bella donna. È in carriera ed è spesso costretta a lasciarmi a casa da sola per lavoro. Mio padre non l'ho mai conosciuto. So che si chiamava Francesco. Ho solo qualche sua foto di quand'era un giovane scapolo e quella del matrimonio. Era un uomo dalla bellezza disarmante (parole di mia madre) e lavorava come impiegato in un supermercato. Non credo di aver mai visto mamma piangere per la sua morte, anche se quando capita il discorso, i suoi occhi diventano davvero tristi. È una donna forte. Le circostanze riguardo la sua morte sono sempre state misteriose e mia madre non me ne ha mai parlato precisamente, oppure evadeva completamente le mie domande. Dopo un po' decisi di smettere di chiedere, anche perché capivo che doveva essere difficile per lei. Recentemente, un ragazzo a scuola è morto per un incidente e la cosa mi ha smosso l'animo. Ho deciso di prendere in mano la mia vita e costruire ricordi meravigliosi, anziché rimanere a guardare gli altri farlo. Non ho idea di cosa fare quest'estate, ma sono sicura che vivrò al massimo dell'intensità ogni singola opportunità. Spero di riuscire a scoprire nuovi posti e a farmi nuovi amici."

Mi alzai dalla sedia portando il foglio con me, mi buttai sul letto e tenendo il foglio verso l'alto lo rilessi. Faceva proprio schifo. 

Decisi che era il momento di dormire, poggiai il foglio sul comodino, impostai la sveglia sul cellulare e lo misi sotto carica. Guardai verso il soffitto e iniziai a pensare al sogno fatto in pullman e alle improvvise ferie di mamma. Le cose si sono fatte sempre più strane giorno dopo giorno da quando Giorgio è andato via. Purtroppo non ho mai avuto il coraggio di presentarmi, però c'era qualcosa in quel ragazzo che lo distingueva dagli altri. Aveva una luce negli occhi particolare. Ripensandoci avevo paura di addormentarmi e trovarmi di nuovo in quei sogni così inquietanti. Nel primo c'erano Giorgio e Clara al primo giorno di scuola, nel secondo Clara l'ha baciato. Doveva essere passato parecchio tempo da un sogno all'altro. Pensando a tutto ciò mi addormentai con la luce della luna che mi illuminava il volto. 

Vidi di nuovo Giorgio in quel bagno che si girava verso di me e urlava disperato. Mi svegliai di scatto tutta sudata. Mi girai verso il comodino e controllai l'orario, erano le due di notte. Decisi di andare a prendere un bicchiere d'acqua per calmarmi dopo quell'incubo. Mentre andavo in cucina avevo ancora quella sensazione di occhi puntati contro che non mi lasciava mai se non quando ero in quei sogni. Mi versai l'acqua in un bicchiere e mi affacciai alla finestra. La pioggia aveva portato il fango lungo tutte le strade. Scrutai attentamente le vie del mio paese. Le panchine, i graffiti, le mattonelle d'epoca e i portoni arrugginiti. Era un paese sconnesso dal mondo, tra boscaglia e mare, ma di notte assumeva un'aria quasi magica. La nube scende spesso e questa sera era particolarmente densa. Riposi il bicchiere d'acqua nel lavello, spensi le luci e tornai in camera. Presi in mano il cellulare per controllare di nuovo l'orario. Erano appena le due e un quarto e notai di avere una notifica. Era un messaggio su Facebook. 

"Giorgio Mori ti ha inviato un messaggio." La sensazione d'essere osservata divenne ancora più intensa e iniziai a sentirmi terribilmente a disagio. Decisi di aprirlo. Rimasi un po' sorpresa di scoprire che non c'era scritto niente, bensì era una foto. Esitai un momento a causa di tutte le macabre fantasie che si addentravano nella mia mente, ma infine lo feci. La aprii e vidi questo grande albero dal ricco manto e con rami lunghi e possenti. La luce del sole da dietro illuminava le foglie creando uno spettacolo sensazionale. Piano piano mi sentii di nuovo trascinata verso l'alto ma stavolta non stavo dormendo. La sensazione era di venir tirati su ma io ero sempre lì ferma sul letto. La luce del sole che illuminava l'albero della foto iniziò a uscire dallo schermo e prendere vita. Iniziavo a sentire il vento soffiare contro le foglie e gli uccellini cantare e svolazzare in giro. Toccai lo schermo e quella sensazione sparì. Anche la luce era rientrata nello schermo. Sembrava tutto tornato normale. Avevo bisogno di un'altro bicchiere d'acqua.

Poggiai i piedi per terra e per poco non urlavo dallo spavento.

Il tempo che non riavremo indietroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora