Capitolo 7 - Ora, corri.

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Al contatto col pavimento i miei piedi non sentirono più le mattonelle fredde e asciutte di casa mia. Migliaia di piccoli fili umidi e morbidi mi toccarono il tallone e dallo spavento, li ritirai indietro immediatamente. Mi fiondai di corsa al comodino accendendo la lampada. Non potevo credere ai miei occhi. Non appena l'accesi, la notte scomparve cosi come la mia stanza. Ero sul mio letto e tutto attorno c'era un enorme prato verde. A distanza di qualche metro vidi un laghetto con delle paperelle che si schizzavano l'acqua a vicenda. Delle panchine di legno erano situate lungo la fitta rete di viuzze in pietra che circondava l'intera zona. Ero in un parco. Era stranamente silenzioso, nessun bambino giocava, nessuno seduto sulle panchine o a correre lì attorno. C'ero solo io, sul mio letto, terrorizzata e curiosa di capire cosa stesse succedendo. Mi girai e dietro di me c'era una piccola collina dove vidi quell'enorme albero che c'era in foto. Il vento soffiava in mezzo alle sue foglie e la luce ci passava attraverso proprio come in quella foto. Sembrava fosse scattata proprio dall'angolazione in cui lo vedevo. Alla base dell'albero c'era un ragazzino inginocchiato, dandomi le spalle. Io e lui pareva fossimo gli unici presenti in quella vasta zona erbosa. Timorosa, poggiai i piedi sull'erba e mi incamminai verso l'albero mentre pensavo a tutte le cose orribili che sarebbero potute accadere da lì a poco. Mi sedetti accanto a quel ragazzino, alla base dell'albero. Si girò verso di me e finalmente lo riconobbi. Era Giorgio, ancora bambino. Rimasi qualche secondo interminabile a fissarlo con gli occhi sgranati. Lui aveva un'espressione sicura e decisa. Mi guardò dritta negli occhi e iniziò a parlare.

-"Scusami."- disse. -"Per cosa?"- risposi curiosa e confusa. -"Per averti spaventata, prima, in bagno. Quando ho iniziato a urlare."- 

In quel secondo iniziai a pensare che tutti quei sogni fossero connessi. Forse non ero solo scossa dalla morte di Giorgio... ma ero in contatto con lui. Avevo bisogno di confermare quello che succedeva in quei sogni. Dovevo capire se ciò che sognavo erano fatti realmente accaduti, e solo allora avrei potuto credere di avere i suoi ricordi nella mia mente. Non lo conoscevo ancora ai tempi in cui sono ambientate queste visioni, quindi le possibilità sono solo due. O mi sono inventata tutta a livello inconscio o effettivamente Giorgio sta cercando di dirmi qualcosa. Mi sentii come se un grande macigno mi avesse spaccato in due e io stessi lì a cercare di raccogliere i pezzi infranti della mia sanità mentale. Mi ripresi da quel momento di riflessione  e gli risposi.

-"Perché ho questi sogni strani?"- chiesi con fermezza. 

-"Perché i sogni sono l'unico luogo dove posso raggiungerti. L'unico luogo dove ho ancora una forma."- spiegò. 

La mente era sovraffollata di così tante domande ma sapevo che non potevo avere tutte le risposte che cercavo. Decisi di chiedere in maniera mirata, per capire il più possibile.

-"Perché hai bisogno di raggiungermi? Cosa mi vuoi dire?"- 

L'immagine di Giorgio si fece un istante più chiara, e riuscivo quasi a vedergli attraverso, per poi tornare normale.

-"Il tempo è quasi scaduto."- rispose. -"Non posso darti le risposte che cerchi, ma le avrai presto. E alcune di esse sono racchiuse nei sogni che fai. Guarda e ascolta attentamente tutto ciò che ti circonda e il vento ti suggerirà ciò che devi fare. Ci rivedremo presto."-

L'immagine di Giorgio si faceva sempre più sfocata e un attimo prima di sparire sentii un'ultima flebile frase: "Ora, corri."

Un lampo improvviso squarciò in due il cielo, spaventandomi a morte e dando inizio ad una violenta tempesta. Il parco sembrava crollare verso il basso, partendo dai lati. Tutto sembrava venir distrutto e il fango iniziava a coprire le viuzze di pietra. Le panchine venivano spazzate via dal vento e le radici dell'albero iniziavano a cedere. La tempesta era aggressiva e non sapevo dove trovare riparo. Guardai verso il mio letto ed era completamente intatto. Neanche smosso appena, il vento gli spingeva contro ma le lenzuola non si muovevano di un millimetro, come fatte di pietra. Iniziai a correre furiosamente contro il letto, sporcandomi il pigiama e i piedi di fango. Il vento mi stordiva sempre di più e a mala pena riuscivo a stare in piedi. Sotto grande sforzo arrivai finalmente vicino al letto e ci saltai sopra urlando. In un attimo tutto di nuovo buio. Pensai di essere morta, ma sentivo il mio respiro affannoso affaticarmi i polmoni. Mi girai e vidi la luce della luna attraversare la finestra e illuminare la mia stanza. Ero tornata a casa, anche se non proprio sicura di essermene mai andata. Presi il cellulare di corsa e controllai l'orario. Erano passate circa due ore per quella visione di appena qualche minuto. Controllando la chat con Giorgio notai che il file della foto non poteva essere più riaperto.

Avevo già perso due ore di sonno e l'ansia non mi aiutava a recuperarle. Provai a mettere le cuffie e ascoltando la musica mi distrassi e riuscii a chiudere gli occhi. 

Mi svegliai tutta intontita per aver dimenticato le cuffie accese e per lo scarso sonno di quella notte. Mi alzai e andai in cucina, dove mamma canticchiava nel preparare il caffè per la colazione. Presi una tazza di caffè e ci inzuppai un biscotto. Era la colazione più nutriente che feci quella settimana. Mi svegliavo sempre nervosa e con l'affanno per via di quei sogni maledetti. Mamma mi chiese come avessi dormito e ovviamente non le dissi nulla riguardo i miei sogni. Mi vestii rapidamente e corsi giù per strada. Andando alla fermata mi accesi la sigaretta che tanto agognavo mentre ero alla portata di mamma. Facendo la mia strada abituale notai un sacco di lavori in corso per via della tempesta. A quanto pare aveva creato più danni di quanti ne immaginassi. Il pullman era di nuovo in anticipo poichè alla guida c'era ancora il ragazzo nuovo. Osservandolo attentamente notai che era abbastanza carino. Cappelli corti e scuri, occhi azzurri un po' affusolati e una bella barbetta incolta. Trovai un posto a sedere e mi chiusi nel mio mondo tappandomi le orecchie con le cuffie. Poco dopo il pullman partì. Credo di essermi addormentata durante il viaggio perché non lo ricordo affatto e mi è parso breve. Arrivati a scuola avevo ancora la voglia di sprofondare nelle coperte e dare sfogo al sonno che mi stava tormentando quando iniziai a ripensare ai sogni di Giorgio. Nel primo c'era la prof Carone, più giovane e energica. Pensai che forse lei poteva confermare il mio sogno e dare adito alle mie fantasie paranormali. 

La campanella suonò con un leggero anticipo e si sentivano le lamentele generali di tutti i ragazzi che si trascinavano per le scale. Io a momento neanche riuscivo a tenermi in piedi. Il sonno è sempre stato importante per me e senza potevo avere diverse reazioni. Questa dell'essere stanca e annoiata è solo una e a mio avviso la meno grave. Arrivata in classe buttai la cartella sul banco e ci poggiai la testa. Poco dopo entrò il prof di Italiano. 

-"Buongiorno ragazzi, allora, chi di voi vuole leggere per primo alla classe il proprio tema?"- 

Infilai una mano nella cartella e cercai con gli occhi ancora chiusi. Li aprii leggermente per guardare meglio e ciò che vidi me li fece spalancare completamente.

"Cazzo!" pensai. "Ho dimenticato il tema sul comodino!".

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 17, 2016 ⏰

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