Caro diario

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"Giorgio..." lo richiamò Alice.
"Eh, dimmi."
Erano passate due settimane, il funerale era stato già fatto ed era stato tristissimo. Tante facce, tante lacrime, tante parole buttate al vento. Bea nemmeno ci credeva in Dio.
"Dovremmo tornare a casa, i bambini hanno bisogno di noi." Gli disse.
Erano in macchina del biondo, entrambi coi sedili abbassati a guardare il vuoto. Noyz Narcos aveva appena finito di dire "Per il resto tutto bene, tranne per il fatto che un mio amico senza motivo s'è aperto le vene" quando la donna si mise con la testa fra le mani. "Lo so che fa male-"
"Paolo ha i suoi stessi occhi, come farò?"
"Ci farai l'abitudine." Si asciugò delle lacrime che le erano sfuggite e cambiò canzone.
"[...]E io ti amo, hai capito? Ti amo, anche se tu fai finta che è impossibile. Io non ho limite, spingo a dire che sei mia fino all'inverosimile. Caso limite: insicurezza, sono il capostipite!
E piuttosto che vederti andare via io mi strappo l'iride[...]"
Si guardarono negli occhi e non dissero niente.
"Sai il motivo per cui l'ha fatto?" Era da due settimane che le faceva quella domanda e lei erano due settimane che evitava la risposta, sapeva che lui ne sarebbe rimasto scottato e non voleva perdere un'altra persona. "Ti prego, dimmelo."
"Non ha avuto dalla vita quello che voleva." Sospirò senza dire più niente.
"Impossibile. Non le ho mai fatto mancare nulla! Te lo giuro Ali, mi sono fatto in quattro per renderla felice, mi sono preso cura di lei per otto anni... Non mi torna. Perché adesso? Perché davanti a te? E quella pistola?"
"Avevamo un conto in sospeso, forse per questo l'ha fatto proprio adesso. O forse è stata una coincidenza, siccome non avevamo programmato quell'uscita." Ragionò ad alta voce.
"Tu mi nascondi qualcosa." Disse Giorgio, alzandosi e mettendo in moto la macchina.
"Lo faccio sempre."
"Ed io scopro sempre tutto." le fece un sorriso tirato mentre la fissava nei suoi occhi color caramello, dopo ciò puntò lo sguardo sulla strada e non si distrasse più.
Una volta arrivati sotto casa Maffei, il biondo spense il motore rimanendo comunque con le mani attorno al volante. "Dai, andiamo." Lo risvegliò la voce di Alice.
Usciti dalla macchina, salirono le scale perché - a detta di Giorgio - l'ascensore era rotto. La donna sapeva che stava mentendo ma lo assecondò; lo capiva, sapeva quanto fosse difficile rivedere nel proprio figlio una persona che non faceva più parte della quotidianità.
Fu la rossa che si prese la briga di suonare, perché se fosse stato per Giorgio sarebbero potuto rimanere a fissare il vuoto, lì davanti alla porta, per sempre. Ad aprirgli fu Luca, che neanche li salutò, li guardò e basta per poi lasciare la porta aperta e ritornare dai due bambini con un sorriso palesemente finto sul viso.
"Sono a casa!" Disse con entusiasmo Alice.
Clelia guardò Paolo irrigidirsi e poi salutò la madre con un timido cenno della mano, cosa mai fatta dalla bambina. "Tutto bene, Clelia?"
"Sì." Sussurrò non distogliendo mai gli occhi dal bambino coi capelli biondi.
La piccola sapeva che Paolo soffriva molto per la perdita della madre e non voleva che soffrisse maggiormente, quindi decise che non avrebbe detto cose che avrebbero potuto fargli del male.
Stavano facendo un puzzle, erano entrambi concentrati sulla figura che era già stata formata, mancavano solo due pezzi proprio al centro del disegno e il bambino aggrottò le sopracciglia. "Dove sono finiti?" Chiese ad alta voce.
Clelia gliene porse uno che aveva trovato sotto alla scatola e poi si guardò intorno cercando l'altro.
Paolo guardò Alice con astio, mettendola a disagio. "Ce l'hai tu il pezzo!" L'accusò urlando e lasciandola senza parole. Gli occhi color cioccolato del bimbo si erano accesi d'odio. "Ce l'hai tu il pezzo che mi manca!" Continuò e poi urlò in modo disperato, cominciando a piangere.
Giorgio intervenne dicendo: "Dai, Paolo, non fare i capricci. Perché non ne cominci un altro?"
"Certo, per te è facile!" I tre adulti presenti ebbero la sensazione che non si stesse più parlando di puzzle, ma di Bea ed Alice rabbrividì capendo che il bambino la stava incolpando della morte della madre.

Erano sul terrazzo dell'appartamento di Giorgio, tutti e tre con una sigaretta in mano. Alice fumava nervosa, Luca era poggiato alla ringhiera e fissava le luci della città facendo dei grandi tiri e l'altro era seduto sul pavimento, indossava una tuta e non aveva fatto nemmeno un tiro dopo averla accesa; osservava il tabacco bruciare lentamente e trasformarsi in cenere.
Fu il più grande a rompere il silenzio. "Dovete superare questo lutto." Affermò. "So che è difficile, entrambi amavate Beatrice alla follia, ma dovete farlo per i vostri figli. Non gli fa bene vedervi in questo modo."
"Paolo pensa che io abbia ucciso sua madre." Disse la rossa.
"Come lo sai?" Le chiese Luca.
"La frase che ha detto prima non era riferita veramente al pezzo del puzzle. Lui pensa che io gli abbia portato via "il pezzo che gli manca", cioè Bea."
"I bambini non sono così acuti."
"Mio figlio lo è, te lo posso assicurare." Si intromise Giorgio. "Anche io e Alice eravamo così alla sua età, è una cosa che ci scorre nel sangue da sempre e che adesso scorre nel sangue di Clelia e Paolo. Infatti, Clelia prima non si è sbilanciata troppo nei tuoi confronti - si rivolse alla rossa - perché sa che Paolo soffrirebbe nel vedere che lei ha qualcosa che gli è stato portato via." Si girò cautamente per non far cadere la cenere sui suoi pantaloni e poi soffiò sulla sigaretta, facendo volare via la cenere e la seguì con lo sguardo finché poté. Mise il filtro fra le labbra e fece un grande tiro, per poi espirare e colorare il suo respiro di grigio. Spense la cicca sul pavimento e la gettò di sotto.
"Io volevo che Paolo crescesse bene, non come noi." Disse in un leggero sussurro. "Invece quando ha detto quella frase ed ha guardato Alice ho visto nei suoi occhi la stessa scintilla che vedevo nei miei tanti anni fa."
"Guarda che non sei cresciuto male, anzi. Credo che la tua infanzia schifosa ti abbia spinto a diventare qualcuno di importante, credo che l'odio che hai masticato in tutta la tua vita ti abbia aiutato ad amare. La scintilla che vedevi nei tuoi occhi adesso non c'è più, l'hai spenta tu per Bea e Paolo." Disse Luca. "E scommetto che a tuo figlio farà bene un po' di dolore, fa sempre bene, fa crescere."
"Perdere la madre non rientra in un dolore che fa bene." Ringhiò Alice per poi entrare in casa e dirigersi verso la camera da letto di Giorgio e Bea. Si sedette sul letto, si guardò intorno: alla sua destra c'era un'immensa libreria piena di libri perfettamente in ordine, si alzò per vedere i titoli e molti erano libri di testo dell'università, altri invece erano testi antichi (Cicerone, Catullo, Orazio, Ovidio...), poi c'erano dei libri di Bukowski appartenenti sicuramente alla bionda, Baricco, Dickens, Brontë, Austen, Wilde, Benni, Pavese, Levi... alcuni autori nemmeno li conosceva. Notò però che in uno scaffale mancava un libro ed aggrottò le sopracciglia, magari lei lo stava leggendo. Si guardò intorno e non lo vide: sulla scrivania, sul letto, sotto il cuscino...
Uscendo dalla stanza si scontrò con il petto di Giorgio. "Che ci facevi lì?"
"Non lo so." Ammise. "Manca un libro nella libreria."
"Impossibile." Il biondo divenne pallido in viso.
"Che hai?"
"Nessuno li usava mai. L'ho riempita io con gli anni quella libreria e nessuno l'ha mai toccata." Entrò per accertarsi che fosse tutto vero e poi si passò una mano fra i capelli.
"Perché ti agiti tanto? Non ti manca mica un oggetto di valore!"
"No, manca il mio libro preferito. Che in realtà non era un libro ma un mio vecchio diario."
"Caro diario,
trovo stupido tenere un diario segreto alla mia età e soprattutto essendo maschio ma dicono che può aiutare.
Ieri io ed Alice abbiamo fatto l'amore e lei ha scoperto poco fa che ho messo incinta Bea, è scappata via, mi è scivolata via dalle mani come fosse acqua.
Ho chiamato Bea e gli ho detto che la odio e che non la voglio più vedere, mi è sembrato di sentirla piangere ma non mi interessa. Lei mi ha rovinato la vita, lei e il suo stupido bambino." A leggere quelle parole, a leggere la prima pagina del suo diario, era Paolo. Non si scompose nel leggere quelle cattiverie, non inciampò nemmeno su una parola ed Alice ebbe la sensazione che quella pagina l'avesse letta innumerevoli volte. "Caro diario,
è il 31 dicembre. Luca è venuto da me e mi ha sbattuto contro il muro a causa di Alice, ho scoperto che adesso sta da lui. Ha blaterato qualcosa sul fatto che stesse vomitando e che io non fossi in grado di prendermi cura di lei.
Ha mandato all'aria la nostra amicizia per lei." e, ancora: "Caro diario,
Bea mi ha chiamato, mi ha detto che i tre mesi sono passati e che non può abortire più. Si è messa a piangere, mi ha chiesto cosa potesse offrire a quel bambino che portava in grembo, mi ha detto che voleva morire e che le dispiaceva di aver rovinato tutto. Io le ho detto di non fare cazzate e di aspettarmi, sono andato in gioielleria ed ho comprato un anello qualsiasi, ho guidato fino a Tevi e le ho chiesto di sposarmi. Il mio cuore soffriva mentre pronunciavo quelle parole che in realtà avrei voluto dire ad un'altra, lei ha sorriso ma si vedeva che non era felice e mi ha detto che non dovevo farlo per forza. Io l'ho convinta di volerlo davvero e lei mi ha detto sì."
Giorgio si era seduto mentre il bambino leggeva con difficoltà dei ricordi vecchi di otto anni. "Caro diario,
oggi sono andato da Luca ed ho invitato lui ed Alice al mio matrimonio. Mi ha detto di parlare piano perché lei dormiva ed io così ho fatto, poi mi ha detto che ci avrebbe pensato ma non mi assicurava niente. Era ancora incazzato con me, si vedeva lontano miglia, ed io non capivo perché. Gli ho chiesto se la potevo vedere e lui ha acconsentito.
Era rannicchiata nel letto matrimoniale di Luca e si teneva la pancia con le mani. Gli ho chiesto se stesse bene e lui mi ha detto di sì e poi mi ha sbattuto fuori."
Alice guardò con la coda degli occhi il biondo: aveva gli occhi socchiusi mentre osservava il figlio, la schiena curva e i gomiti poggiati sulle ginocchia così da potersi reggere la testa che cominciava ad essere pesante per i troppi pensieri. "Caro diario,
Alice non è venuta al mio matrimonio. Infondo che mi aspettavo? Ho tradito la sua fiducia." - "Caro diario,
la amo. Mentre guardo Beatrice che dorme nel mio letto con una lingerie sexy immagino Alice al suo posto. Mentre dicevo "sì, lo voglio" pensavo a quanto posso essere un cazzone delle volte." - "Caro diario,
Paolo è stupendo. Lo amo."
Giorgio si alzò e andò da suo figlio, gli tolse il diario dalle mani e lo strinse in un forte abbraccio. "Dopo questo non ho più scritto niente, perché quando sei nato tu la mia vita ha ritrovato un senso anche se al mio fianco non avevo la persona che desideravo." Gli baciò la testa.
"Però la mamma ha scritto."
"Eh?"
"Ha trovato il diario e ha scritto al posto tuo." Spiegò.
"Caro diario,
quel coglione di Giorgio non sa nascondere le cose. E non sa amarmi. Perché no? Cos'ho di sbagliato?
Perché ha scelto lei? Fin da quando eravamo piccoli ha scelto lei, ed io non so come sono riuscita ad esserle amica per tutto questo tempo. Adesso è sparita, chissà che fine ha fatto. Io ho bisogno di lei e lei sparisce, mi sembra ovvio.
Ho incontrato Natale l'altro giorno al supermercato e mi ha detto che è incinta. L'ho chiamata per farle gli auguri (anche se lei non me li ha fatti) e lei non ha risposto. Al diavolo!" - "Caro diario,
Luca oggi si è presentato a casa nostra ed ha detto che Alice ha preso la bambina e se n'è andata. Lui era tutto preoccupato perché voleva aiutarla con le spese. Gli ho chiesto di chi fosse il bambino e lui mi ha detto che non lo sa.
Cazzone bugiardo. Io lo so di chi è!" - "Caro diario,
oggi ho visto la bambina di Alice, è bellissima, ha i tratti della madre e qualche lentiggine, i capelli sono biondo cenere e gli occhi li ha verdi. Verdi come quelli di Luca.
Li conosco bene i suoi occhi, ogni sfumatura, ogni pagliuzza, e quelli sono i suoi occhi. Quelli che ha quella bambina sono i suoi.
Non penso però che lui sappia che è sua, sennò già mi avrebbe lasciato."
Alice e Giorgio stettero in silenzio. La rossa era terrorizzata, tremava, mentre il biondo era incredulo. "Lei lo sapeva e non me l'ha detto." Pronunciò queste parole a bassa voce ma la donna lo sentì.
"Tu... tu lo sai già."
Giorgio sentendo la sua voce incrinata si alzò e si diresse da lei. "Non mi toccare!" Gli urlò.
"Alice..."
"Non toccarmi!" Cominciò a singhiozzare rumorosamente e tutto quel trambusto aveva attirato l'attenzione di Luca, che portò via Paolo e poi ritornò in stanza. "Alice?" La richiamò.
"Lui... lui sa di Clelia!" Sbottò isterica.
"Glielo ha detto lei che è sua figlia." Le rispose con calma e con voce pacata l'amico, perché sapeva che avrebbe potuto rompersi con un tono di voce di verso e con altre parole.
Alice lo guardò. Era terrorizzata. "È colpa mia. È colpa mia se si è ammazzata! Lei... lei lo sapeva. Io non dovevo fare sesso con Giorgio. No. Non dovevo. Io dovevo restarle accanto. Io... io..."
Pianse ininterrottamente per un'ora e poco più, biascicando parole senza senso e prendendosi la colpa per tutto.








(Quello in foto è Paolo)

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