Debolezze

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Si presentò nell'ufficio di Giorgio. La sua segretaria, Margot, alla vista della rossa era sbiancata. Alice non si fece troppe domande e la seguì nella stanza in cui lavorava il suo compagno. Lo poteva definire così? Era andata lì per chiarire.
Aspettò dieci, quindici minuti. Dopo mezz'ora il biondo ebbe la decenza di presentarsi. "Che ci fai qui?" Le chiese sorpreso, con gli occhi spalancati. Di sicuro non se l'aspettava dopo la litigata che avevano avuto qualche settimana prima. In effetti, non si parlavano da allora.
"Ho perso il lavoro." Disse diretta.
Giorgio si sedette, la guardò in silenzio. Due settimane che non si parlavano, che non si vedevano, e poteva constatare che quello che diceva Nat era vero: Alice stava impazzendo.
"E adesso?"
"E adesso non lo so, Giorgio... devo pagare il padrone di casa, devo fare i regali di Natale e non faccio spesa da un po'." Lo disse con la voce che le tremava, perché era davvero una situazione difficile.
"Ti posso aiutare io." Le disse con sguardo compassionevole.
"Io non ce la faccio più." Disse dopo un attimo di silenzio che, dopo questa frase, si prolungò. "Giorgio io non riesco più a guardarti in faccia."
"Perché?" Il cuore gli batteva forte nel petto, ripensando a due settimane prima. Le aveva chiesto di sposarlo e lei... aveva rifiutato, in modo crudele.
"Tu sei Tevi, non lo capisci? Io mi guardo allo specchio e non riesco a vedere nient'altro a parte lo schifo che sono diventata per colpa di Tevi. Guardo te e non sento più nulla, assolutamente niente, se non gli spari di quella notte che mi rimbombano ancora in testa e nel petto." Le parole uscivano poco a poco, lentamente, perché sapeva che poteva esser presa per matta. "Guardo te e vedo il mio vecchio palazzo, mio padre sbudellato sul pavimento, mia madre sporca di sangue dalle punte delle dita fino al gomito. Guardo te e vedo un te più ragazzino, con i capelli scompigliati, un te che mi rompeva le palle. Guardo te e vedo me. Ed io mi faccio schifo, Giorgio." Era tutto un sussurro. Sembrava un discorso programmato, pensato, scritto su carta ed imparato a memoria. Quelle non erano le parole di Alice, Alice non parlava in questo modo.
Alice non sussurrava, Alice sbraitava, urlava, faceva casino. Quella donna di fronte a lui, più vecchia, più acciaccata, più... vissuta, non era Alice.
"Ma che stai dicendo?"
"Ti sto dicendo che non ti voglio più vedere."
E se ne andò.

Giorgio era a petto nudo nel suo bagno, aveva le mani appoggiate sul lavello e si scrutava attentamente allo specchio. Guardava ogni centimetro di pelle, ogni sua minuscola imperfezione.
Sospirò, abbassò lo sguardo sul petto finché non intravide la cicatrice: era l'unica cosa che gli ricordava Tevi. Per il resto, Giorgio era tutt'altra persona.

Alice si trovava oltre un vetro. "Ehi amore..."
Sua madre era invecchiata. Aveva più rughe, dei capelli bianchi cominciavano ad intravedersi nella sua chioma nera, la pelle cominciava a cadere piano piano (soprattutto quella del collo e delle braccia). "Ciao mamma."
"Cosa ti porta qui?" Le sorrise come se non fossero passati otto anni, come se non avesse ucciso suo padre, come se non avesse fatto scena muta alla rivelazione di Alice.
"Penso di star impazzendo." Si mise le mani fra i capelli ed una lacrima le rigò il viso. "Ogni singola cosa mi ricorda quel buco di merda che è Tevi, ed io sto tornando indietro nel tempo: rubo, fumo marijuana, hashish, quello che mi capita... cose che nel nostro paesino si fanno a tredici anni." Prese un respiro. "Bea è morta, mamma. Giorgio otto anni fa la mise incinta e poi mise incinta me. Per questo ti dissi che non mi sposavo, perché io non gli ho detto che Clelia era sua figlia, l'ha scoperto da poco. Ho lasciato che lui si sposasse con Bea perché sapevo che lei ne aveva bisogno. Io invece sono forte, io sopporto certe cose."
"Ad essere forti per troppo tempo, amore mio, si finisce come te e come me. Dicono che io sia pazza, e diranno lo stesso anche di te; ma non lo siamo. Siamo solo stanche e deboli, perché devi capire che noi non abbiamo tante debolezze. Ne abbiamo una sola: la forza."
"Quindi non sto impazzendo?" Gli occhi color caramello si accesero di speranza e fece un piccolo sorriso dopo settimane di pianti.
"No, ti stai solo indebolendo." La madre le sorrise. "Raccontami di Clelia, per favore."
"È una bambina fantastica. Appena esci potrai vederla." A Raffaella si spense il sorriso: Alice non lo sapeva che lei non sarebbe uscita mai da lì dentro se non all'interno di una bara.

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