Non basta la pizza

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"Ali, amore, sei sveglia?" Il tono usato da Giorgio era stucchevole per qualche assurdo motivo. Era passato Capodanno e loro avevano cominciato il nuovo anno insieme, sarebbero stati loro due contro tutti.
"No." Rispose Alice con tono stanco, raggomitolandosi fra le coperte.
"Uno dei miei buoni propositi per quest'anno..."
Lo interruppe subito con un mugolio. "Ancora fai 'ste cagate?"
"Certo che sei una rompicoglioni, eh!" Si indispettì subito il biondo, stringendosi fra le spalle.
"E pensare che avevi chiesto di sposarla, a questa rompicoglioni!" Lo stuzzicò lei, divertita dalla situazione. Sapeva quanto Giorgio fosse permaloso e quanto rimuginasse sulle cose, quindi ogni pretesto era buono per fargli rodere il fegato. Si dilettava nel vederlo crogiolarsi nel suo stesso brodo.
"Già. Meno male che hai rifiutato, sennò sai che palle!" La risposta le piacque e si complimentò con lui con un sorriso, prima di chiedergli gentilmente cosa stesse dicendo prima. "Ti stavo dicendo, prima che mi interrompessi e cominciassi a rompere, che fra i miei buoni propositi per quest'anno c'era quello di crescere."
"Bel proposito del cazzo. Certo che crescerai, anzi, invecchierai. Quanti sono quest'anno? Trentacinque?"
"Ventinove, testa di minchia. E come al solito non hai capito niente. Anni fa ero un ragazzino e non riuscivo a dimostrarti a pieno quello che provavo per te, a dir la verità non te lo dimostravo affatto, quindi mi sono ripromesso di crescere sotto questo punto di vista e dimostrarti giorno per giorno quanto ti amo e quanto tu sia importante per me, brutta stronza che non sei altro." Il suo tono era stizzito e quasi scocciato, mentre le parole che le aveva rivolto dimostravano il contrario.
Alice gli sorrise raggiante e poi si mise seduta sul letto, con le lenzuola bianche ancora aggrovigliate al suo corpo. Facevano contrasto con la sua pelle e, soprattutto, i suoi capelli. "Ti ho mai detto che amo i tuoi capelli, forse anche più di te?" Le chiese con un ghigno sul volto. "Sono l'unico fuoco che arde la mia vita. Se non ci fossi stata tu, roscia, chissà che finaccia avrei fatto a quest'ora." Le accarezzò una guancia con le dita, come se volesse imprimere la sua essenza dentro i polpastrelli e le sorrise.
La donna era rimasta senza parole, di stucco. Di certo non si aspettava un risveglio così dolce. "Ma ti serve qualcosa, per caso? Mi pare strana tutta questa dolcezza."
L'altro alzò gli occhi al cielo, per poi scoccarle un bacio a fior di labbra. "Mi servi tu, Belfiore. Alza quelle chiappette d'oro e vieni di là."
Lo richiamò giusto in tempo prima che uscisse dalla stanza, "Dimmi." le disse guardandola negli occhi.
Si incantò. Sotto sotto, aveva sempre desiderato quella vita, aveva sempre voluto che lui la guardasse in quel modo e aveva sempre sognato svegliarsi e come prima cosa vedere due occhi verdi che la lasciassero senza fiato. Mentre lui aveva la fissa per i suoi capelli, lei la aveva per i suoi occhi.
"Ti amo." Gli disse, nella speranza che quell'avvocato imparasse che a lei servivano i fatti e non le parole: non se ne faceva niente di un buon oratore al suo fianco, se poi non riusciva a mantenere quello che diceva.
Forse avrebbe imparato dai suoi precedenti sbagli.
Si scambiarono un altro sguardo, poi Alice si alzò ed incominciò a rifare il letto e sistemare i panni che erano sparsi per la camera, per poi passare alla camera dei bambini e fare un giro dell'appartamento raccogliendo giocattoli e magliette qua e là che rimise al proprio posto senza neanche sbuffare. Non era da lei, no.
Però quel giorno era speciale, per qualche motivo che le sfuggiva, e la metteva di buonumore.
Arrivata in cucina, salutò Clelia con un bacio sulla testa e a Paolo scompigliò i capelli, provocando un sorriso sul viso di entrambi. Il bambino aveva cambiato atteggiamento sia nei suoi confronti che in quelli di Clelia, non sapeva spiegarsi bene il perché, né il quando; il giorno prima le trovava ripudianti e il giorno dopo aveva addirittura accantonato il suo broncio, che era quasi diventato un suo segno distintivo, una sua peculiarità.
Non poteva immaginare che il suo cambiamento arrivasse da un sogno che il piccolo aveva fatto qualche settimana prima.
Onestamente non si era soffermata tanto a domandarsi i perché del cambiamento radicale di Paolo, semplicemente le andava bene così.
Si versò un bicchiere di succo di frutta alla pesca e poi preparò qualche fetta biscottata con la Nutella, avendo notato che né Clelia né Paolo avessero toccato cibo.
"Papà?" Chiese sorseggiando dal bicchiere.
"Boh," rispose la bambina, alzando le spalle. "starà in bagno."
"Alice perché non ci facciamo un cane?" Le chiese d'un tratto la fotocopia di Giorgio da bambino.
"Perché tuo padre non ama i cani."
"Davvero?" Chiese Clelia, stupita. "E perché?"
La donna alzò le spalle e storse il naso. "Quando ancora non eravate nati voi, forse Paolo era nella pancia di Bea, io avevo portato un cane a casa. Era bellissima, Shyla, ma vostro padre non ci andava tanto d'accordo."
"Non è vero, semplicemente mi dispiaceva tenere un animale dentro un appartamento piccolo come il nostro." Si intromise il diretto interessato, entrando nella stanza vestito come se dovesse andare a lavoro.
"Oggi lavori?"
"Eh sì."
"A che ora torni?"
"Per le sei, forse."
"La tua segretaria è ancora Margot?" Chiese con una punta di gelosia nella voce, assottigliando gli occhi ed affilando lo sguardo.
Giorgio sorrise beffardo, ed erano quelli i momenti in cui Alice avrebbe voluto picchiarlo ed azzuffarsi con lui come quando avevano dodici anni. "Sì. Tu hai rifiutato il posto."
"Non voglio che porti la tua vita privata in ufficio, e poi avresti mandato quella ragazzetta in mezzo alla strada."
"Già," la appoggiò. "poverina." Di nuovo quel sorriso, di nuovo quella voglia irrefrenabile. Si passò la lingua sulle labbra e poi si alzò dal tavolo facendo strusciare la sedia. "Rifiuti tutte le proposte che ti faccio." Tolse le cose che non servivano ai bambini per finire la colazione e le mise a posto, poi prese Giorgio per la manica della giacca e lo condusse nella loro stanza. Lo fece sedere sul letto, spingendolo di malo modo, e si mise a cavalcioni su di lui facendo incontrare i loro bacini. Portò le labbra vicino al suo orecchio e con voce suadente gli disse: "Spero per te che non ci sia niente fra te e Margot, sennò ti stacco le palle a morsi."
Lui passò le mani sulla sua schiena, facendo una leggera pressione. "Ho tutto quello che desidero, te lo assicuro." La osservò mentre si passava la lingua fra le labbra nuovamente, ma questa volta in modo più lento e seducente.
"Devi proprio andare a lavoro?" Chiese in un lamento, strusciandosi di nuovo sull'intimità di Giorgio. Quest'ultimo chiuse gli occhi ed annuì, poco convinto.
"Se continui così però non risponderò delle mie azioni, e non mi interessa dei bambini in cucina."
Si alzò, sistemandosi la camicia da notte di un tessuto simile alla seta, morbido e fine che la rendeva stupenda e le abbracciava le curve perfettamente, come fosse stata una seconda pelle. "Ti tengo d'occhio, Maffei. Non provare a fregarmi."
"Mi fregherei da solo andando a letto con Margot, perché perderei te che sei la cosa più importante che io abbia."
"Lecchino come al solito." Si espresse Alice. "Devo ammettere che, però, capisco perché tu non perda neanche un processo. Sei dannatamente bravo con le parole." Si avvicinò nuovamente a lui, mettendogli l'indice sotto il mento ed alzandogli il viso. "Ma i fatti, Maffei? Quando mi dimostrerai che le tue non sono soltanto parole?"

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