Capitolo 2

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Passai la mattinata a cercare di dissuadere Ele e Lolo dall'andare a pranzo fuori, ma mi avevano quasi costretta ad accettare.

"Non capita tutti i giorni di vederti così su di morale, dobbiamo festeggiare", mi aveva detto Ele super felice di quella novità. In realtà io non avevo ancora ben capito come mi sentissi, anche se effettivamente dovevo dargliene atto: mi sentivo diversa anche io. Sentivo! Che più che altro è quello il verbo importante. In tutti quegli anni la mia vita era stata strettamente vincolata all'amore per mio figlio e al bene infinito che provavo per quei due ragazzi che erano in quella casa con me. Per il resto, non sentivo nulla... mi ero sempre considerata un po' "morta dentro", come si suol dire. Cercavo di nascondere la cosa ma loro, che più di tutti mi conoscevano, sapevano che mentivo. Mai prima di quel giorno mi ero sentita così... e non me ne capacitavo!

"Va bene, vada per il pranzo fuori! Ma smettetela di torturarmi di domande per favore."

Lo dissi quasi esasperata, ma in realtà il mio tono era divertito. Ero sinceramente felice e questo non fece altro che aumentare la loro curiosità. Che poi, anche volendo, cosa avrei dovuto dire? Qualcosa tipo "il sorriso di un perfetto sconosciuto mi ha migliorato la giornata"? Sarebbe stato ridicolo sia da dire che eventualmente da spiegare. E in ogni caso non ne sarei stata capace... Quindi mi limitai a dire che per quanto potesse sembrare strano, mi ero svegliata di buon umore e non avevo intenzione di rovinarmi la giornata. E non fu nemmeno tanto una bugia.

I due lasciarono correre sulla mia risposta e, presi armi e bagagli (neanche dovessimo partire per un mese), sistemammo Alex sui sedili posteriori, io mi misi accanto a lui e partimmo per qualche parte, non so dove.

Quel giorno anche mio figlio sembrò percepire il mio improvviso cambiamento d'umore. Pur essendo sempre stato un bambino molto allegro e solare, quel giorno era decisamente super felice. Rideva talmente tanto che non potei non sentirmi ancora più leggera di prima.

Dopo un pranzo decisamente troppo abbondante, decidemmo di portare Alex al parchetto vicino casa.

"Lo facciamo stancare un po', almeno poi dorme", aveva detto Lolo cercando di farci credere che fosse realmente quello il motivo per il quale voleva ad ogni costo andare lì. La verità era che lui per primo adorava andare al parco per fare un giro sulle altalene e da quando c'era Alex ci andava ancora più spesso. Della serie "non si è mai troppo piccoli"... lo ammiravo tanto per questo, ma non glielo avevo mai detto.

Mentre i due si divertivano come matti a fare su e giù, io e la mia amica guardavamo divertite e assorte l'intera scena, sedute su una delle panchine del parco.

C'era molta gente quel giorno, forse per via della giornata meravigliosa. Le giovani coppiette camminavano su e giù mano nella mano, un gruppo di amiche gustava un gelato parlando del più e del meno, i bambini scorrazzavano tra una giostra e l'altra, molte mamme e papà osservavano da lontano i loro figli giocare, sgridandoli di tanto in tanto per evitare che si facessero male. Mi accorsi solo in quel momento che non mi ero mai soffermata così tanto ad osservare il mondo intorno a me, quasi non mi importasse di come si svolgessero le vite degli altri, quasi non fosse importante per me sapere cosa il mondo esterno potesse offrire di più bello ed importante di quello che potevo avere e avevo avuto io.

Cambiai espressione per un attimo soffermandomi a guardare una giovane coppia coccolare la loro figlioletta che sorrideva felice. Ripensai a me e al futuro che avrei potuto dare a mio figlio, da sola... Il pensiero di non poter dare a mio figlio una scena del genere, che ogni bambino dovrebbe vivere, mi rattristò per un attimo ed Ele se ne accorse.

"Sa, che succede?"

Non seppi bene cosa rispondere, perciò scacciai subito quel pensiero e scossi un po' la testa, tornando a sorridere.

Crossbreed || Stephan El Shaarawy ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora