Prologo+capitolo 1 *prima parte*

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PRIMA DI INIZIARE LA STORIA LEGGETE QUI: CI SARANNO SCENE DI VIOLENZA, SESSO E OMICIDI, PERCIÒ CHI È FACILMENTE IMPRESSIONABILE NON LEGGA QUESTA STORIA!

Detto ciò, buona lettura e, se vi è piaciuto il capitolo o avete qualcosa da dire, lasciate una stellina è un commento :)

Narratore in terza persona

06/07/2022
La piccola Abigail Thompson aveva solamente due anni, e, quel giorno maledetto, vide i suoi genitori volare in cielo.
Lei, per colpa di una scommessa persa da suo nonno, era la Promessa Schiava della famiglia Turner, o meglio, del Signorino Turner, che a quel tempo aveva solamente quattro anni.
Erasmo Thompson, il nonno di Abigail, citò queste parole: «Quando mia nipote compirà sedici anni, ovvero il 26 Settembre, sarà vostra, o meglio, di vostro figlio.»
Purtroppo quegli anni passarono molto velocemente e la piccola Abigail non era più tanto piccola; sarebbe sicuramente piaciuta al Signorino Turner con quei suoi occhi da cerbiatto color cioccolato, i suoi capelli lisci sul biondo scuro quasi castano chiaro, le sue labbra carnose e perennemente rosee e quel suo fisico da urlo. Era stata fortunata, aveva le curve al posto giusto, un sedere all'infuori e sodo, i suoi seni sodi era una terza precisa, la pancia più o meno piatta e le gambe magre e slanciate.
Purtroppo era una ragazza molto, forse troppo, timida; non sapeva reagire, subiva e basta, cosa che eccitava parecchio il Signorino Turner.

26/09/2036

Abigail's P.O.V

«Abigail, c'è il Signor Johnson che ti sta aspettando.» mi disse Clare, mi zia.

Sospirai rassegnata; sapevo di non poter controbattere, mio nonno aveva perso e io ero stata promessa come schiava ad uno sconosciuto.

«Ora vado, zia.» dissi.
Mi era stato permesso di portare il cellulare con tutti i suoi aggeggi, due libri a mia scelta e una cosa che poteva farmi ricordare i miei genitori, ovvero la collabora che portava mia mamma con un ciondolo a forma di cuore che si apriva, rivelando al suo interno una foto con me, mio padre e mia madre.

Scesi le scale e mi avviai verso la porta d'ingresso dove mi aspettava il presunto Signor Johnson.

«Pronta, signorina?» chiese quando mi aprì la portiera della limousine nera.

Sospirai.
«Credo di sì... Mi può dire qualcosa sul Signor Turner?»

Lui rise.
«Vuol dire del Signorino Turner. Il Signor Turner non sarà molto presente dato che, con la Signora Turner, sono spesso in viaggio per lavoro.»

«Allora mi può dire qualcosa sul Signorino Turner?»

Lui ci pensò su, poi disse: «Le basti sapere che non dovrà mai, e ripeto, mai contraddirlo e non dovrà mai disobbedirgli. Si ricordi che, per quanto a volte possa essere pesante, dovrà anche stare ai suoi ordini, e l'avverto subito, sarà anche un bel ragazzo, ma è rude con le donne, molto rude.»

Io rimasi in silenzio per i restanti venti minuti di macchina prima di arrivare davanti ad una villa enorme.

«Prego, entri. Il Signorino arriverà subito,'l vado ad avvisare della vostra presenza.»
Disse il Signor Johnson.

«Signor Johnson, in macchina ero troppo presa nell'immaginario come sarebbe stato vivere qua e mi sono scordata di chiederle di darmi del 'tu'.»
Dissi fermandolo.

Lui sorrise.
«Non potrei neanche volendo, sono ordini della famiglia; devo dare sempre del 'lei', a parte per i genitori del Signorino: a loro devo dare del 'voi'.» disse per poi girarsi e sparire in un immenso corridoio.

Io ne approfittai per guardarmi un po intorno: ero in un salone con pareti fatte di pietre di fiume, pavimento bianco lucido, un divano a L bianco con un tavolino di legno rotondo in mezzo alla sala è un caminetto. Ovvio, c'erano anche altre cose, ma non sto qui ad elencarvi tutti gli oggetti di quella stanza, vi annoiereste.

Nel frattempo, udì una voce che proveniva dal corridoio dov'era andato prima il Signor Johnson.
«Falla venire qui.» dalla voce potevo intuire che, come aveva detto il Signor Johnson, non bisognava disubbidirgli.

Proprio come disse il presunto Signorino Turner, Johnson spuntò pochi secondi dopo dal corridoio e mi fece cenno di seguirlo.
Mi porto d'innanzi ad una porta bianca in legno, alla quale bussò.

«Falla entrare.»

Il Signor Johnson aprì la porta e io mi ritrovai a trattenere l'aria.

Il Signorino, che poi era anche più grande di me, Turner era di una bellezza indiscutibile; la prima cosa che ti colpiva erano gli occhi, erano verde militare, un colore che a me faceva impazzire, poi aveva queste labbra rosee e carnose che ti facevano venire voglia di baciarle e di essere baciata, per non parlare della sua mascella tagliente, i capelli castani tirati all'insù con un po di gel, il fisico atletico, le mani grandi, la postura da modello. Beh vabbe, avete capito: un dio greco.

«Mi senti?» fu proprio lui a risvegliarmi dai pensieri.

Mi feci rossa:«M-Mi scusi Signorino Turner.»

Lui fece una smorfia di disapprovazione: «Quando siamo solo io e te puoi chiamarmi Christopher, ma guai a te se mi chiami per nome in presenza di altre persone, ricordati che sei di mia proprietà, ciò vuol dire che sei una schiva, e alle schiave non è premesso chiamare il proprio padrone per nome. Piuttosto, tu sei Abigail Thompson, giusto? Sedici anni, nata il 26 Settembre del 2020, ami il nero, l'oro e il rosso...» appena lesse i colori su una carpetta, mi guardò con bocca e occhi spalancati.

«Mi scusi - azzardai a chiedere - perché mi guarda così?» ero troppo timida.

«S-Sono i colori che, solitamente, vengono trasmessi tramite macchine ai figli di genitori che possedevano schiavi... N-Non mi dire che eri figlia di Padroni.»

Non mi accorsi di avere lo sguardo rivolto alle mie scarpe, perciò mi affrettai ad alzarlo e a rispondere.
«Dominatori.»



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