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× Venerdì. 13:18 ×

- Ok, finiamo questo e andiamo a mangiare, che muoio di fame - dichiarò Molly con un sorriso, aprendo la porta del laboratorio e lasciando educatamente entrare la sua stagista prima di lei, che ringraziò, imbarazzata.

- Ma è già ora di pranzo? - chiese, sfilando il cellulare dal camice bianco che si era procurata per quel periodo di tirocinio. Guardò l'ora, continuando a camminare senza dare troppe attenzioni all'ambiente circostante. Ma gliene diede abbastanza da notare che c'era già qualcuno. - Non me n'ero accorta. - aggiunse, alzando lo sguardo verso il ragazzo poco più in là, che le lanciò una breve occhiata. Provò a sorridergli prima di vederlo tornare a lavorare al microscopio. Troppo tardi.

- Non ho fatto colazione - sospirò il medico legale.

- Nemmeno io - rispose l'altra con un'alzata di spalle. - E nemmeno ho cenato... - mormorò con un filo di voce, tra sé e sé. Sembrava essersene appena accorta. - Ma ieri ho pranzato? - sussurrò a sé stessa, con voce ancor più bassa.

- Oh, ciao! Stai lavorando al caso? - chiese Molly al ragazzo, notandolo. Karim guardò prima lei poi lui, cercando un posto dove poggiare dei fascicoli protetti da una cartelletta beige. Il tavolo era pieno zeppo di materiali ed utensili di ogni genere, ma riuscì a ricavare un ordinato rettangolo di spazio libero.

 Il ragazzo inglese era un metro e ottanta d'eleganza, zigomi taglienti e pelle chiara, messa in risalto dai riccioli neri e dagli abiti scuri. Lo stesso valeva per gli occhi.  

Carino.

- Non vedo cos'altro dovrei fare qui - rispose, regolando la rotellina dell'apparecchio con le dita affusolate.

Karim guardò altrove, inarcando le sopracciglia senza dire una parola.

Maleducato.

Molly si strinse nelle spalle, senza perdere il suo delizioso sorriso. - Magari ti annoi.

- Giusto. - disse, guardandola per un breve attimo, per poi tornare al suo lavoro. Sembrava essergli stata lanciata una maledizione che lo costringeva a tenere lo sguardo fisso su quelle lenti, senza degnare d'uno sguardo nient'altro per più di un secondo consecutivo. - Ma temo che non basterebbe così poco.

- Già... Comunque ti abbiamo portato i fascicoli che mi hai chiesto prima.

- Hai tagliato i capelli? - chiese lui.

Molly sembrò sorpresa ed imbarazzata. - Solo le punte.

La stagista corrucciò la fronte, guardandola: come poteva notare dei capelli più corti se i capelli in questione erano raccolti? Lei non se n'era accorta.

Attento.

La giovane donna sembrò improvvisamente ricordarsi della presenza della ragazza. 

Qualunque cosa stesse per dire, fu stroncata sul nascere dalla donna che spalancò la porta di colpo. - Una ragazza si sente male, aiutatemi!

- Chi?! - chiese Molly, precipitandosi verso l'uscita, indipendentemente dalla risposta.

Karim fece per seguirla, d'istinto, ma si fermò nel sentire "Una stagista!"

C'erano solo due tirocinanti, in quella struttura, e conosceva l'altra. Doveva aver avuto un attacco d'asma.

- Ti sta così antipatica?

Karim guardò il ragazzo, sorpresa di sentirlo parlare con lei. -Cosa? No, no, scherzi? È dolcissima.

La guardò. - Non parlo di Molly.

Nessuna risposta. Nessuno dei due distolse lo sguardo. La maledizione del non guardare altrove doveva essersi spezzata.

- La stagista. - precisò lui, impaziente, pur conoscendo già la risposta.

- Immaginavo. 

Troppo attento.

 Guardò verso la porta, inspirando con una lenta alzata di spalle: non la odiava così tanto, ma nemmeno le andava a genio. Sicuramente non era la prima volta che si era ritrovata ad avere a che fare con un attacco d'asma della ragazza, e altrettante volte entrambe avevano avuto battibecchi e discussioni. 

"Molto probabilmente è stata tirata in ballo anche la sua età. Diciotto anni? Una bambina, in confronto ai trenta dei compagni di corso. È praticamente impossibile non usare questo dato come arma durante un litigio."

- C'è gente più esperta di me ad aiutarla.

Il consulente investigativo colse una punta d'ironia. Doveva anche esserle stato rinfacciato qualcosa che avesse a che fare con lo studio. Ma dato il sarcasmo, i suoi voti erano molto buoni. Aveva sicuramente ricevuto accuse d'imbroglio durante test ed esami.

Rimasero in silenzio per qualche attimo.

- A cosa stai lavorando? - s'interessò la ragazza, cambiando argomento.

- Un caso. - rispose, evasivo.
"Quello era ovvio. L'hai appena detto..."
- Quello di ieri?
- Sì.
- Quindi eri lì? Non ti avevo visto. - Era difficile avere una conversazione con qualcuno che ti rispondeva con lo stretto indispensabile.
- Sai, può capitare quando passi tutto il giorno a fissare un cadavere anziché guardarti attorno. - Le regalò un sorriso tirato e non si disturbò a farlo sembrare reale.

Lei lo guardò a lungo. Si sentiva respinta, presa in giro e non considerata. "Preferivo il minimo indispensabile... Perché mi trattate tutti da bambina?!"

- Io ero lì per il cadavere. Non con il resto delle prove, non con un possibile assassino, non coi parenti e amici delle vittime, ma col cadavere. Per cui le mie attenzioni erano rivolte alla cosa giusta. - Si avviò verso la porta. - Se vuoi che ti noti nel bel mezzo della scena del crimine, faresti meglio ad essere quello steso a terra in una pozza di sangue. Ora, se non ti dispiace, vado a mangiare. Se mi cerchi sono al bar qui sotto. - concluse con un forte tocco ironia. Fece un leggero inchino con un cenno del capo, prima di girare sui tacchi e chiudersi la porta alle spalle.

Sherlock Holmes si ritrovò di nuovo solo nella stanza, a guardare la porta chiusa. 

Sorrise.

"È stato quasi divertente."

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