Capitolo 6

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Quel giorno non sentii nessuna sveglia.

Ero troppo occupata a vomitare i resti della mia dignità in bagno.

Quando finii, dopo essermi lavata i denti dieci rigorose volte, tornai nella mia stanza trovando Luke stravaccato su tutta la superficie del mio letto, il mio cuscino stretto fra le sue braccia mozzarella. Dormiva proprio beatamente, con i capelli incollati alla faccia, gli occhi chiusi e la bocca aperta. Il freddo e la pioggia, a quanto pare, facevano male solo a me.

Lanciai un'occhiata alla sveglia sopra il comodino: segnava le sette e cinque.

«Luke, spostati.» ordinai, indicandolo.

Silenzio. Starnutii.

«Luke! Sposta il tuo culo dalla mia parte del letto!»

L'angioletto starnutì a sua volta, strofinandosi gli occhi. Appena li aprì, gli comparve un sorriso meravigliato. «Non mi prendevo il raffreddore da quando avevo dieci anni!»

«Non m'interessa, spostati e ne riparliamo fra tre ore.»

Luke mi dedicò il primo sguardo del mattino. Aveva gli occhi lucidi e un leggero velo di sudore sulla fronte. Alzò un sopracciglio. «Che ore sono?»

«Tardi» Lo spinsi con una mano, posizionandomi sul materasso morbido e caldo. Sapeva troppo di Luke, un misto di natura e hot dogs. «Oggi brucio.»

Chiusi gli occhi, e nello stesso istante il letto tremò. Sbuffai. Luke era sceso dal letto con la preoccupazione dipinta sulla sua faccia da idiota. «No! Non puoi bruciare niente!»

Sbuffai di nuovo. «Sì che posso.»

«No! Facendo così bruceresti solo la tua vita!» Guardai annoiata il modo in cui agitava le braccia con il disperato intento di convincermi. Di certo non affidavo le mie decisioni ad un idiota che gesticolava in mutande.

«Dobbiamo andare a scuola, muoviti! Non c'è nulla di più importante delle lezioni scolastiche per costruire un buon futuro!» blaterò, tossendo e tirando su con il naso.

Mi distesi meglio avvolgendo le lenzuola fresche fin sopra le orecchie. Le prime luci del mattino stavano già entrando dagli spifferi della persiana, e anche Luke faceva un po' di fatica a tenere gli occhi aperti. «C'è qualcosa di molto più importante e proficuo della scuola.»

«Cosa?»

Ridacchiai a colpi di tosse. «Il sesso.»

Tolsi il lenzuolo dal viso solo per vedere la sua faccia paonazza ad occhi spalancati.

***

Non pensavo che esistessero angeli custodi capaci di costringere le persone ad alzarsi dal letto minacciandole. Minacce di lanciarsi su di me. Ottanta chili di mezzo adolescente mezzo volatile divino a rompermi le costole? No, grazie.

Trovarsi a scuola era ancora peggio in quel momento, con una brutta influenza addosso. Ah, non sto parlando di Luke.

Lui era già in classe fresco come una rosa, io stavo prendendo il libro di biologia dal mio armadietto, insieme a qualche pacco di fazzoletti.

Dopo la campanella non c'era mai nessuno, per fortuna. Avevo un aspetto tremendo, i capelli spettinati e un pessimo colorito. Qualcuno avrebbe persino potuto confondere la mia t-shirt grigia con il resto della pelle, o con il pavimento appena lucido sotto i miei piedi.

Il rumore sordo dello sbattere un armadietto mi fece voltare lo sguardo infastidita, ma la vista della scena non mi fece infastidire. Peggio.

Avrei pensato si trattasse di una ragazza qualunque spalmata su un armadietto, ma la gonna corta bianca e le scarpe col tacco mi riportarono a Marlyne Susans, cheerleader poco casta della scuola. E poi notai qualcos'altro. I capelli blu, che potevano essere solo di Mike. Poi ancora le sue mani sotto la camicietta bianca striminzita di Marlyne, e i suoi splendidi occhi chiari socchiusi.

Mi coprii la bocca con le mani, sentendomi improvvisamente senza forze. Nello stesso momento, Michael puntò i suoi occhi sui miei, che si riempirono di lacrime.

Dovevo correre via. Non poteva vedermi piangere.

Chiusi il mio armadietto con una calma forzata e trattenni quel fastidioso bruciore agli occhi, camminando a passo spedito verso il bagno delle ragazze.

Ogni passo pesava un macigno, soprattutto ora che sapevo di essere sola e preda del giudizio degli altri.

Arrivai in bagno facendo gli ultimi passi di corsa, chiudendomi a chiave dentro quello spazio ristretto che sapeva dello schifo della mia vita.

Finalmente potei scoppiare a piangere.

Luke's Pov

C'era una cosa che nessuno sapeva di me, e che nessuno avrebbe dovuto sapere.

Io odiavo essere quello che ero.

Non potevo godermi l'adolescenza e allo stesso tempo non potevo essere davvero puro, essendo per metà umano.

Quando iniziai a frequentare l'Accademia Degli Angeli, le cose erano più semplici. Avevo solo diciassette anni e l'idea di provare qualcosa di nuovo era emozionante. Mi piaceva pensare a me come un angelo che aiutava le persone, anche perché l'ADA ha la capacità di svuotare le impurità di tutti gli allievi che vi entrano. I pensieri negativi di un qualsiasi mezzo angelo svaniscono temporaneamente mentre sei all'interno della scuola, per aiutarti meglio a studiare il mestiere con positività, e poterti sentire quasi un angelo completo.

Una volta iniziati i lavori pratici, la mia prospettiva è cambiata. Peggiorata.

Tornare sulla Terra mi fece tornare nel sangue tutto ciò che avevo di impuro quando ero un normale adolescente; era un processo lento, ma non tardava mai ad arrivare.

Avevo già ottenuto molti incarichi prima di Nicole, e non tutti erano andati a buon fine. Il mio senso umano mi fece sbagliare molte volte, facendomi ragionare con il cuore di un adolescente e non con la razionalità di un angelo custode.

Di solito si associa la parola "amore" con gli angeli, ma non è così. Gli angeli sono creature benevole che usano la razionalità, non possono provare amore inteso come un desiderio da sfamare, ma solo affetto contenuto e regole da far rispettare.

Io invece desideravo. Dovetti reprimere più volte il mio istinto, che mi diceva di lasciar perdere il mio titolo di angelo per poter tornare normale e avere una vita normale.

In classe c'era un brusio confuso. Erano passati vari minuti e Nicole non era ancora entrata in classe.

Giocherellai un po' con il tappo della penna, tracciando linee tremolanti lungo il quaderno. Sapere che lei poteva essere in pericolo non mi faceva stare meglio, ma pensarla era l'unica cosa che mi veniva da fare al momento.

Decisi di mettermi in contatto con lei, anche se questo significava violare la sua privacy, ma era per il suo bene. Pensai a quale fosse il modo per farlo, visto che era da molto che non praticavo certi poteri. Eccolo, mi dissi quando quello che avevo studiato mi tornò in mente.

Chiusi gli occhi e mi concentrai sulla sua immagine, non curandomi degli studenti che iniziavano a chiamare il mio nome a bassa voce.  Il suo volto imbronciato era l'unica situazione così frequente da poter proiettare nitida nella mia mente. Un brivido mi percorse la schiena. Sentivo dei singhiozzi confusi, che pian piano divennero assordanti nelle mie orecchie.

Un pianto. Il suo pianto.

Riaprii gli occhi velocemente, ancora scosso da brividi ovunque.

«Professore?»

Il prof stava spiegando qualcosa di non molto utile al momento. «Cosa potrebbe essere così importante da poter interrompere la spiegazione, Hemmings?»

Deglutii. Per avere l'appoggio dell'uomo, dovevo essere di buon umore. Pensai in fretta a qualcosa di bello, e la prima cosa che mi venne in mente fu un hot dog caldo gratis. Molto meglio.

«Ho bisogno di andare in bagno per rinfrescarmi le idee...» sorrisi ingenuamente.

Il prof annuì. «Va', e fa in fretta.»

Grandioso, grazie hot dogs.

My idiot guardian angel. //l.h. #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora