four: good sex, bad blood!

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«Perché non vado con le troie».
Il mio sguardo si fa leggermente cupo a quelle parole.
Mi considera solo una troia.
Be, effettivamente mi sono fatto quasi tutto il campus, ma sentirselo dire dalla persona per cui hai una vera cotta é quasi come ricevere una pugnalata nello stomaco.
Mi immobilizzo all'istante, e spalanco sorpreso e deluso la bocca, mentre mi sento già pizzicare gli occhi. Michael, al contrario, non dice ne fa più niente, ma resta semplicemente ad osservare a braccia incrociate un punto indefinito alla sua destra.
«Tre minuti!» sento gridare da Ashton, per avvisarci.
E io dovrei restare ancora altri quattro minuti lì dentro con Michael, a morire di imbarazzo e di dolore per l'amara verità? No, mi dispiace, ma io non ce la faccio.
«Okay» allora mormoro piano, rivolgendogli un sorriso triste, prima di scoppiare veramente in lacrime davanti a lui e dargli una spinta per farlo spostare e riuscire ad aprire la porta per andarmene da lì.
Mentre corro via sento la voce di Ashton che mi chiede se va tutto bene, ma io non mi volto indietro né rispondo. Michael non mi segue e non fa niente per fermarmi. E fa bene del resto, perché me l'ha detto chiaro e tondo: io per lui sono solo una troia. Solo una cazzo di troia, nient'altro. E nessun ragazzo con un po' di sani principi potrebbe mai stare con una troia.
Ritorno in salotto, dove trovo Calum e le tre ragazze ancora seduti lì in un angolo.
Appena mi vede, il mio amico mi corre subito incontro. «Luke, cosa é successo lì dentro? Perché stai piangendo?» si preoccupa.
«Non é niente, Cal, tranquillo» mento. «Devo solo prendere una boccata d'aria».
Mi faccio largo tra le persone per evadere da quella stanza dove sverrò se ci resterò dentro un minuto di più.
«Luke, no, aspetta!» cerca di fermarmi Calum, ma io sono già fuori ormai, nel cortile della villa.
Faccio dei bei respiri profondi, cercando di non spingere indietro le lacrime, ma non ci riesco. Esse scendono copiose dai miei occhi, come un vero e proprio fiume in piena, e chissà quando avranno intenzione di fermarsi.
«Luke» mi sento chiamare. Questa volta non é la voce di Calum, ma é quella di Dylan. Mi ero persino dimenticato che mi aveva detto di aspettarlo qui fuori a bordo piscina. Sono proprio uno stupido!
Ovviamente, non ci vuole molto perché si accorga dello stato in cui mi trovo. «Ehi, dolcezza, ma cosa hai? Perché piangi?»?Ha una voce così dolce e premurosa, e alla luce della luna il suo volto mi sembra ancora più bello. Perché l'ho lasciato come un deficiente, lui che mi vuole per quello che sono, senza giudicarmi ne umiliarmi, per andare ad inseguire quello che non potrò mai avere?
«Andiamo via da qui, Dylan, per favore» lo prego.
«Ma... Adesso? Ne sei sicuro?»
«Sicurissimo. Qualsiasi posto andrà bene, basta che sia fuori da qui.»
Lui é sorpreso di questa mia richiesta, ma alla fine annuisce e mi prende di nuovo a braccetto. Mentre ci avviamo verso la sua macchina, noto però che ha una specie di sorriso sulle labbra, come se fosse felice di questa mia scelta.

Durante il tragitto non parliamo molto, lui é più che altro intento a guidare e io cerco di non pensare alla cattiveria nella voce di Michael mentre osservo la strada con la fronte appoggiata al finestrino.
Mi sto quasi per addormentare come un deficiente quando sento la macchina fermarsi in un cortile con la ghiaia, e mettendo a fuoco la vista mi rendo conto che quella che vedo davanti a noi non é la mia confraternita.
«Dove siamo?» gli chiedo con voce leggermente impastata, sperando che non si sia accorto del mio mancato appisolamento.
«Questa é la mia confraternita. Ma forse tu preferivi che ti portassi nella tua...?»
Scuoto la testa. «Assolutamente no. Va benissimo».
Scendo dalla macchina e mentre lo seguo all'interno della grande casa scrivo un messaggio a Calum dicendogli che sto bene e che sono con Dylan, al sicuro.

Dylan mi prende in braccio facendomi scappare un urlo, prima di scoppiare a ridere tutti e due.
Mi mordo il labbro e sorrido malizioso posando le labbra sul suo collo, iniziando a baciarlo piano e con dolcezza. La sua pelle non è come quella di Michael, ma non è affatto male. Profuma di menta: banale ma affascinate.
Lui mi sbatte al muro e mi stacca da lui, guardandomi negli occhi e sistemandosi le mie gambe attorno al suo bacino, portando una mano sulla mia gamba sinistra  per giocare con una delle mie calze.
Mi lecco il labbro cercando di provocarlo e sembra che io ci sia riuscito perché posa la sua bocca sulla mia con foga, mentre io porto le mani fra i suoi capelli e mi spingo contro il suo bacino.
Con fretta mi trasporta nella sua stanza e in poco tempo siamo nudi sotto le coperte mentre ci sfioriamo, tocchiamo e baciamo.
Senza preavviso infila un dito al mio interno mentre posa le sue labbra sulla mia clavicola, baciandola con dolcezza.
Passa poco prima che infili anche il terzo dito.
Oramai pronto sfila le dita e io con prudenza, guardandolo negli occhi, srotolo il preservativo sulla sua erezione, cercando di essere il più provocante possibile.
Lui mi riporta con la schiena contro il materasso e si spinge in me, facendomi subito gemere di piacere.
Sono alcuni giorni che nessuno entra in me e riprovare questa sensazione mi porta in un tale stato di beatitudine che non posso non sentirmi appagato.
Gemo in modo sporco, mi lascio andare.  Non mi importa se qualcuno può sentirci. Non me ne importa niente, così niente che che quando raggiungo l'orgasmo grido forte il nome di Dylan. Lui, dal canto suo, si accascia stremato accanto a me, stringendomi fra le sue braccia protettive, facendomi rilassare e recuperare il fiato.
Restiamo svegli fino a tardi, sudati e apiccicaticci, a raccontarci cose stupide, finché non crolliamo addormentati tutti e due, io con la testa posata sul suo petto.

Dirty skirts; mukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora