2.

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Sto cercando di non sbattere la testa per la frustrazione da nessuna parte.

L'unica cosa che rimane dell'autobus è una tossica nube grigia; la fermata è vuota.
Ed era anche l'ultima.

« Ah. »

Philip si sistema la giacca e mi porge la sua borsa.

« Me la tieni un attimo? Grazie Liz. »

In questo momento sento formicolare le mani. Credo che il mio istinto primitivo stia dicendo di tirargli un pugno in faccia, ma il mio cervello mi spinge a ragionare.

L'unica cosa che riesco a dirgli è un "Muoviti" forzato.

Di tutta risposta, lui mi guarda, alza gli occhi e sbuffa.

« Sei una noia mortale. E' presto! Manca ancora mezz'ora. In mezz'ora arriveremo abbondantemente. Anzi, sicuramente tra una ventina di minuti saremo lì. Non fare tragedie. »

Afferro la sua borsa, che nel frattempo ha buttato a terra, e inizio a camminare rapidamente. Sento dei lamenti di sottofondo, ma li ignoro.

Quando Phil mi affianca e prende la sua borsa dalle mie mani stiamo già correndo. I nostri piedi sfiorano l'asfalto, facendogli il solletico; il sole, coperto da un sottile strato di nebbia, sembra osservarci in silenzio.

L'aria è pesante, e l'unica cosa che si sente sono i nostri respiri affannati. Non siamo abituati a correre; lo fanno gli Intrepidi. Sono loro che saltano dai treni. Gli Eruditi sono i pendolari modello, perennemente puntuali e mai una volta in ritardo.

Mio fratello mi rivolge un'occhiata di sfuggita, per poi sospirare vistosamente.

« Non fare quella faccia, Liz! Non è la fine...la fine del mondo. Arriveremo...senz'altro. »

« Phil, non ho detto una parola. »

« E' questo che mi preoccupa. Tu hai sempre...qualcosa da dire. »

Ansima vistosamente.

« Ci dobbiamo fermare? »

« No, Liz. Sto bene. E' solo che tu stai troppo zitta. Se fossi stata davvero in te in questo momento mi avresti già...già...»

Si ferma improvvisamente e si accascia a terra; inchiodo e mi avvicino.

« Già...cosa? »

Il mio petto va in su ed in giù ad una velocità vertiginosa.

« Ucciso » riesce a dire dopo un po'.

Respiro rapidamente una, due, tre volte.

« Sono ancora in tempo, se ci tieni. »

« E se ti dicessi che non ci tengo? »

Alzo le spalle.

« Forse per oggi ti risparmio la vita. »

Phil si rialza e mi osserva con fare stupito.

« Sei sicura che non ti abbiano iniettato niente nel cervello durante la notte? »

Corrugo le sopracciglia e ricambio lo sguardo.

« Tu sei sicuro di aver tutte le rotelle al loro posto, lì dentro? »

Non vorrei, ma sento che una smorfia di gioia – chiamarlo sorriso è un'offesa, davvero - si sta disegnando lentamente sulle mie labbra.

Lui ricambia con un'espressione radiosa e si stiracchia; sbadiglia vistosamente e si passa una mano tra i capelli biondissimi.

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