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IAN

"Alcune persone si rifugiano in chiesa;

altre nella poesia;

io nei miei amici."

Virginia Woolf

-Mi dispiace, scusami- ho rovesciato del caffè addosso alla ragazza che mi sta di fronte, bagnandole la maglietta nera.

-Non importa- sbuffa, probabilmente mi vorrebbe tirare addosso ogni tipo di imprecazione ma cerca di trattenersi.

La osservo; grossi occhi marroni come i capelli, colorati sulle punte da un rosa accesso.

-Carini- le dico indicandoli, ma lei non sorride è evidentemente ancora scocciata per il caffè rovesciato, si avvia invece verso il bancone del bar dove prende qualche tovagliolo.

-Sei nuova? - le chiedo, quello di far conversazione è un modo silenzioso per farsi perdonare.

-Di zecca- mi risponde con una smorfia mentre tampona la maglia, evidentemente non ha neppure voglia di parlarmi.

Ha ancora in mano una brioche e il bicchierino di caffè, probabilmente avrebbe dovuto fare colazione...prima che gli finisse addosso il liquido.

-Sarà diventato freddo, te ne prendo un altro- le dico facendo riferimento all'espresso, faccio per avviarmi al bancone ma la sua voce mi blocca -ascolta...- -Ian- -Sì, ascolta Ian non preoccuparti, va bene- dev'essere un modo carino per dirmi di andarmene o almeno è quello che avverto, mi infilo le mani nelle tasche del pantalone, annuisco e continuo a camminare, la mia stanza non si trova troppo lontano da qui.

La camera è sempre la stessa, per tutti gli anni.

Questo è il secondo che passo qui.

È un bel luogo.

Sono passati tre mesi dall'ultima volta che ho oltrepassato il cancello di questo college (senza contare stamattina), ma non è cambiato molto.

Il corridoio che porta alle stanze è sempre grigio metallico e i numeri sulle porte sono ancora segnati con una tinta bianco sbiadito, mi avvicino alla mia, è la 3020.

Prendo dalla tasca anteriore dei jeans la carta che aprirà la porta e poi la striscio accanto all'apertura, che si sgancia in un lampo.

L'unica cosa che è cambiata è la vernice delle stanze, che è passata da un triste giallino ad un verde sgargiante.

Il letto a castello e quello accanto sono ancora gli stessi, in ferro sbattuto e le tende hanno il solito colore bianco panna.

Mi sdraio su quello singolo, il mio, non che avessi altre alternative al momento della scelta, dato che Paul e Dylan (i miei compagni di stanza) avevano già scelto rispettivamente la branda più alto e quella subito sotto del letto a castello.

Chiudo gli occhi, questo primo giorno di scuola è cominciato decisamente in modo pessimo.

-Ian, amico mio- la voce inconfondibile di Dylan mi costringe a tirarmi su e guardarmi attorno, non vedendolo penso di essermelo immaginato, ma subito dopo mi balza davanti e mi poggia il braccio sulle spalle -mi è mancata la tua allegria- mi dice sarcastico e non posso fare a meno di sorridere -e a me la tua tristezza- gli rispondo ironico alzandomi.

-Wow, non vi vedo da tre mesi e avete già cominciato a parlare in codice- la voce di Paul, il mio secondo compagno di stanza, irrompe nella stanza, non ha nemmeno avuto bisogno di utilizzare la sua tessera per entrare, dato che Dylan aveva lasciato la porta aperta

-Allora dov'eravate stamattina? Non vi ho visto in giro- continua Paul squadrandoci coi suoi grandi occhi verdi che spiccano sui bruni capelli a spazzola dall'aria ribelle.

-Stavo dando da mangiare al cane- risponde Dylan incrociando le caviglie e sistemandosi un cuscino sotto la testa.

-Quale cane? -

-Non ve l'ho detto? L'ho trovato l'altro giorno per strada, era stato abbandonato, non potevo lasciarlo lì.

È un barboncino e il suo nome è Gatto-

-Quale razza di idiota chiama un cane Gatto? -

-Era carino, e comunque alla vicina della casa dei miei non piacciono i cani.

Così le ho portato il barboncino e le ho detto che le avevo portato Gatto, il che era vero, era felicissima-

-Dalla vecchia mezza cieca? Potevi lasciarlo dai tuoi-

-Caro il mio Paul ti sei forse dimenticato cos'ha detto mio padre riguardo gli animali? -

-Uhm, sì...comunque ti conviene cercare al più presto un'altra sistemazione, quando il barboncino comincerà a leccare la vicina e scarterà i croccantini per gatti...-

-Sei sempre il solito pessimista.

E comunque andrò a trovarlo tutti i weekend, è quello che le ho detto alla signora, e le porterò le riserve di cibo-

-Sembri aver pensato proprio a tutto-

-Sono una persona organizzata- dice Dylan sollevando le spalle e socchiudendo gli occhi, il che ci fa cadere inevitabilmente in una grossa risata.

-E te Ian, dov'eri? -

-Impegnato a tirare del caffè addosso a una nuova matricola- li osservo a lungo e loro scoppiano a ridere.

-Credo che dovremo raccontarci molte cose amici miei- Paul solleva gli occhi al cielo e ci indica l'orologio; sono già le sette e cinquanta, dieci minuti e cominciano le lezioni -ma dovremo aspettare l'ora di pranzo- aggiunge sbuffando prima di uscire dalla stanza, seguito a ruota da me e Dylan, che questa volta chiude la porta.

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