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DYLAN

Mamma diceva sempre:

devi gettare il passato dietro di te,

prima di andare avanti.

Forrest Gump

Ian sta scuotendo Paul mentre lo chiama invano.

È caduto a terra e sembra aver perso i sensi, alcune delle persone presenti in corridoio cominciano ad avvicinarsi –non c'è davvero nulla da vedere, il mio amico ha addosso ancora tutti i vestiti- -cos'è successo? – una voce stridula supera tutte le altre, appartiene ad una ragazza bionda, che sta provando a superare un paio di quelle che sembrano matricole per farsi avanti.

-Sarebbe bello saperlo, ma con tutta questa gente sarà un po' difficile che il mio amico si riprendi- gli sorrido, invitandola con i gesti, senza sembrare scortese, a tornarsene dov'era.

-Ma chi è? – mi chiede ancora, cercando di spingersi oltre la distanza che sono riuscito a creare tra Paul e la gente.

-Paul Wesley, ora cara, se non ti dispiace...- le indico la porta in fondo alla sala, ma lei continua a non darmi retta.

-Paul Wesley? Quello della confraternita? –

-Lo conosci? – le chiedo mentre qualcuno comincia ad allontanarsi.

-Dylan, Dylan! Che diavolo stai facendo? Vieni a darmi la mano- la voce di Ian non mi permette di sentire la risposta, obbligandomi, invece, a girarmi e avvicinarmi a lui.

-Dovremmo portarlo in infermeria-

-Stavo pensando...non sarebbe meglio in camera? Sai che non sopporta le infermiere-

-Lo vuoi un consiglio d'amico? Evita di pensare e aiutami ad alzarlo- Ian è evidentemente preoccupato, Paul respira ancora, ma ha gli occhi chiusi e non sembra sentirci.

Gli prendo il braccio destro, lo appoggio sulla mia spalla e lo sollevo.

-Mio Dio se pesa, l'infermeria è in fondo al corridoio-

Ian sbuffa –so dove si trova, Dylan-

-Volete una mano? – una ragazza dai ricci capelli rossi ci è di fronte, non mi ero accorto di lei prima, dev'essere arrivata ora.

-Per fare cosa? –

-Non lo so, mi sembra pesante- mi guarda, devo avere il viso rosso dallo sforzo.

-Ma sei una ragazza-

-Ma non mi dire! E tu non sarai mica un ragazzo! - dice ironica, incrocia le braccia e mi osserva –allora, avete bisogno di un aiuto? –

-Non abbiamo...-

-Sì, va bene, aiutalo ma sbrigati- perché Ian non se n'è stato zitto?!

La ragazza si mette al mio posto, e sembra non pesargli, mi è difficile ammetterlo ma sì, è più forte di me.

Alla fine Ian e la matricola portano Paul fino all'infermeria, mentre io li seguo portando le cose che i ragazzi avevano lasciato in mensa: due giacche e un paio di libri, è piuttosto imbarazzante.

L'infermeria ha tutta l'aria di essere stata ristrutturata parecchio tempo fa: le pareti arancioni un po' rovinate sugli angoli, il lettino bianco in mezzo alla sala, un vecchio frigo con il ghiaccio...

-Avete bisogno? – ci si avvicina una massiccia e bassa signora, probabilmente l'"infermiera", che è in sostanza una bidella improvvisata.

Non ci sono altri ragazzi all'interno, fatta eccezione per quella che dovrebbe essere una ragazza del secondo anno, che si sta misurando la febbre.

-Sì, è caduto all'improvviso e...-

-Cos'è successo? – la voce di Paul ferma quella di Ian, che lo sta squadrando con un'espressione tra il curioso e il confuso.

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