breath.

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Il suo respiro era affannoso, lo sentivo accanto a me, su di me, e quasi mi preoccupava, sembrava facesse fatica, a volte sembrava quasi che smettesse. Sapevo cosa era, ed ero certa che anche lui lo sentisse quando vegliava sul mio sonno. Oramai il catrame si era attaccato ai nostri polmoni e ne aveva preso possesso, e noi invece di combattere e ribellarci a noi stessi davamo fuoco alla nostra forza di volontà con un accendino e una sigaretta.
Eravamo ragazzini, due adolescenti vittime di un vizio preso a causa nostra, figli di una dipendenza che ci faceva sentire vecchi.
Allungai una mano per accarezzargli la guancia, era così bello anche mentre dormiva, nonostante avesse la bocca aperta per cercare aria che stravolgeva l'intera espressione del viso.
Era passato un mese da quando avevo scelto lui...me...noi. Eravamo così lontani dalla loro realtà, quella crudele e tremendamente triste dei nostri amici e famigliari; noi avevamo sogni da realizzare, posti da visitare, civiltà da esplorare e la prospettiva di rimanere chiusi in una realtà statica, che non era la nostra, ci terrorizzava a morte. Così siamo saliti su un treno e siamo fuggiti da tutto e tutti. Ci credevamo invincibili.
Vidi le sue labbra muoversi e gli occhi aprirsi leggermente. Mi rivolse uno sguardo assonnato per poi tirarmi a sè e stringermi come se fossi il suo peluche preferito. Ricordavo che quando eravamo piccoli e dormivo a casa sua, lui avvolgeva Teddy con le sue piccole braccia convinto che potesse proteggerlo da qualsiasi cosa.
Eravamo faccia a faccia e ci guardavamo negli occhi senza dire nulla. Avevo sempre notato i suoi grandi occhi di un colore fra l'azzurro chiaro ed il grigio, ma durante quel mese mi ero trovata ad esplorarli come se fossero un oceano sconosciuto di una tonalità bizzarra che risaltava al sole. Quelle iridi erano diventate il mio rifugio. Spesso ci capitava di guardarci senza aprire bocca, di farci avvolgere dal silenzio o dai rumori circostanti. Non avevamo bisogno di parlarci per comprenderci.
Alcune volte avrei voluto essere ancora più vicina a lui. Non comprendevo le mie volontà in quei momenti e cercavo di scacciare quei desideri dalla mia mente.
Lui mi passò una mano fra i capelli ed io chiusi gli occhi lasciandomi andare al suo tocco. Mi strinsi ancora di più nel suo abbraccio poggiando la testa sul suo petto mentre lo guardavo fare disegni nell'aria con le dita.
"Vorrei rimanere qui per sempre" Mi lasciai sfuggire quelle parole senza pensarci e mi sentii subito in colpa. Lo sentii prendere un respiro profondo. Convinta che non lo avrei sentito ribattere e forse anche sollevata da ciò mi misi a sedere. Sentivo sotto di me il vecchio materasso duro e spoglio.
Lo sentii ancora una volta accarezzarmi i capelli, poi le sue labbra stamparono un bacio sul mio collo.
"Lo sai che non possiamo" Mi sussurrò quelle parole nell'orecchio facendomi rabbrividire. Sospirai forse più forte del dovuto. Lui scese dal letto affrettandosi e si rifugiò nel vecchio bagno dal lavandino rugginoso per lavarsi.
Affondai il viso fra le mie mani. Stavo pensando a mia madre e a mio fratello, i sensi di colpa si facevano strada nel mio stomaco. Dovevo solo scacciarlo, come ogni volta che tornavano. Iniziarono a scendermi le lacrime e cercai di singhiozzare più piano che potessi. Avevo solo bisogno di sfogarmi. Lui si affacciò per vedere cosa avessi ma gli feci segno di voler rimanere sola e scomparve di nuovo dietro alla porta di legno.
Non me ne ero andata perché odiavo o disprezzavo la mia famiglia, solo che mi sentivo nel posto sbagliato per me, mentre con lui, il mio migliore amico da una vita, mi sentivo a casa.

outsiders | (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora