Correre.
Correre.
Le mie gambe si muovevano una davanti all'altra il più velocemente possibile, dai miei occhi uscivano lacrime a non finire. Il freddo mi tagliava le guance, presto capii che ero solo un'illuso siccome ero sull'isola di Staten Island ma il mio migliore amico era stato investito e ricoverato in un'ospedale di Bronks, decisi così di prendere un taxi. Non feci molto caso all'autista o alle sue parole, alla strada, alle altre auto, a niente, pensavo solo a come quel cazzone di Calum si fosse fatto investire da un fottuto camion! Solo qualche minuto prima mi avevano contattato dalla polizia per avvertirmi perché ero il primo contatto tra i numeri chiamati di recente. I nostri genitori erano in Australia, dalla quale proveniamo. Avevo una paura fottuta di dover dire loro che il loro figlio appena diciottenne era morto investito perché l'unico a conoscerli ero io, anche perché io è il mio migliore amico eravamo inseparabili. Siamo sempre stati così fino da quando a Sidney, un giorno di gennaio ci siamo incontrati sempre per causa del suo essere sbadato mentre stava per cadere sui binari della metro per riprendere il gameboy color con pokemon rosso che gli era caduto. Pensando a come è fatto mi viene subito in mente quando mi è decisamente crollato addosso con in mano un gelato sprecandomi tutta la faccia perché inciampò in una panchina, dico io seriamente come cazzo si fa a non vedere una fottuta panchina?
E pian piano nella mia mente affiorarono tutti questi ricordi che mi fecero quasi spuntare un sorriso perché anche sapendo che certe volte ha rischiato la vita si metteva sempre a ridere e si grattava il collo imbarazzato proprio come nei film, il suo gesto di imbarazzo mi faceva sempre intenerire, lo adoravo. Mi risvegliai dai miei pensieri quando l'autista del taxi mi disse che eravamo arrivati, e da quasi calmo ritornai a essere ancora angosciato e non non mi resi nemmeno conto che per tutto il viaggio dai miei occhi continuarono a cadere lacrime amare che mi bagnarono il collo e la maglietta dei Nirvana che avevamo entrambi uguale e che tanto avevamo desiderato.
Correndo allarmato entrai in ospedale e mi diressi da una dottoressa e le dissi: -Hood, Calum Hood dov'è?- non mi rese più tranquillo la sua risposta, anzi tutt'altro perché mi disse:-Ehm, se intende il ragazzino che è stato investito è in sala operatoria, se vuole la accompagno davanti alla sala dove può aspettarlo.-
Era grave, ne ero sicuro, speravo che tutto andasse per il meglio e mi dissi che avrei aspettato anche a costo di non mangiare ne non dormire anche per una settimana. Quindi dissi all'infermiera:-Sì mi farebbe un grande piacere- la mia voce uscì come un sussurro e le lacrime non volevano saperne di smettere di uscire dai miei occhi verdastri. L'infermiera mi guardo con gli occhi pieni di pena verso di me è mi abbracciò:-Mi spiace così tanto, è così giovane...- mi sussurrò nell'orecchio. Arrivammo ben presto in un corridoio con delle panche coperte da sei cuscini verdi di pelle, quindi ringraziai la donna bionda e minuta sulla trentina che mi aveva aiutato. Mi sedetti e stetti li per circa 2 ore a pensare a quanto fossi inutile in quel momento torturandomi le dita violentemente quasi staccandomi le unghie a furia di mangiucchiarle. Quando non mi rimasero più unghie da rosicchiare e le mani mi facevano troppo male decisi di alzarmi e andare a prendermi un caffè che presi rigorosamente nero e senza zucchero.
L'operazione stava durando troppo, decisamente troppo, l'attesa era snervante. Così mi abbandonai ai ricordi cercando un po' di conforto. Speravo tutto andasse bene, lo speravo con tutto me stesso. Fanculo.




Scusate per eventuali errori, la storia è in revisione.

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