XVII⇝Su il sipario

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Don't lean on me,
The Amity Affliction

Piacere.
Sono un anonimo attore di appena diciassette anni. Non ho una casa e nessuno che si prenda cura di me.
L'unica cosa che mi resta è la mia arte.
L'ho sempre avuta e anche oggi sono alle prese con un nuovo spettacolo.
Sto recitando.
Oggi però c'è una differenza sostanziale.
Non sono in teatro.
Sotto di me non c'è un palcoscenico, alle mie spalle non ci sono gli sfondi decorati e le luci che illuminano il mio viso giovane. Davanti a me non ci sono due pesanti tende di velluto rosso pronte a chiudersi quando la scena finisce.
Il questo momento non esiste nessun tecnico che al momento opportuno sussurra un delicato "giù il sipario" in modo che io possa sparire dietro le quinte.
E, cosa più importante, non esiste un copione, anche se c'è qualcosa che ci va molto vicino. È un qualcosa che limita l'improvvisazione, che sopprime l'inventiva e la creatività.
Questa non è la Commedia dell'Arte.
Qui il libero arbitrio degli attori non è concesso. Non puoi permetterti di fare qualcosa che va fuori dall'ordinario, devi seguire il copione. Che però non c'è.
È questo il bello di ciò che sto recitando.
Sono in balìa degli eventi, non c'è nulla che io possa decidere, ogni cosa è già stata scelta; eppure nessuno è presente a tenermi la mano, non ho una luce che mi guidi in questa eterna agonia.
Sono un attore lasciato allo sbando, senza libretti a cui fare riferimento e a cui hanno tagliato le ali dell'immaginazione.
Le ho viste mentre cadevano a terra, tranciate da un colpo netto. Un taglio preciso, chirurgico, veloce ed estremamente doloroso. Il bisturi della monotonia ha inciso la carne appena sotto le scapole, è penetrato fin quasi alle ossa e le morbide piume della fantasia sono scivolate leggere sul pavimento.
Oggi un tuono ha squarciato l'aria mentre mi privavano di ciò che mi permetteva di spiccare il volo nei cieli della libertà; quel rumore forte, deciso, liberatorio e agonizzante allo stesso tempo è stato un degno sostituto al grido che la mia bocca velocemente cucita non ha potuto lanciare.
Un filo potente ha cominciato a legarla, la tiene chiusa e fa di me un attore senza parole, un patetico mimo con le labbra serrate da quando l'ago della debolezza le ha trapassate.
Ormai tutto ciò che resta di me è ben poco, in fondo ho solo due ali tagliate, una bocca sottile cucita in fretta e furia e un fragile corpicino che riesce a malapena a reggersi in piedi.
E a coronare questa miseranda scena un regista svogliato che dirige il tutto senza alcuna passione ad animargli le vene.
Benvenuti al triste spettacolo della mia vita.

The Art Of AnesthesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora