Capitolo 1 - Parte 2

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Da quando mamma si era fidanzata con Sandro, un toscano Doc trapiantato a Milano per lavoro, alla fine dell'anno scolastico ci trasferivamo in Toscana, precisamente a Follonica, ospiti nella sua casa paterna, e questo ci dava l'occasione di passare le vacanze estive nella sua amata e splendida terra.

Sul finire dell'estate dei miei quasi 14 anni ricordo una giornata in particolare. Quel pomeriggio non si poteva fare il bagno perché il mare era increspato da onde minacciose causate da una forte brezza, ma la noia non aggrediva né me né mia sorella Betty, di tre anni più grande di me, che si atteggiava con moine di tutti i tipi, ancheggiando e facendo la stronza con alcuni ragazzi attorno al juke-box che suonava dalla terrazza mare dei bagni Olimpia.

Io la guardavo distrattamente da lontano, alzando gli occhi di tanto in tanto, chiedendomi cosa ci trovasse di così divertente a stare con loro che in quell'età di mezzo non sono più bambini e non sono ancora uomini, sanno solo ridere con le loro facce da ebeti e i loro brufoli, ma si sentono importanti perché sul loro mento spunta qualche pelo di barba.

Io invece preferivo starmene per conto mio, raccogliendo conchiglie disabitate approdate sul bagnasciuga.

Il mio impegno era quello di riuscire a trovare una Alvania electa, la conchiglia di un gasteropode che mi aveva incuriosito sulle pagine del libro di scienze con la sua bella forma a spirale, e il nostro professore delle medie ci aveva detto che non era così facile da trovare perché poco comune nei nostri mari e chi l'avesse trovata doveva considerarsi una persona fortunata. Ci credevo e volevo essere io quella persona talmente fortunata da riuscire, quasi per magia, ad ottenere dalla vita tutto quello che desiderava.

Fissavo con talmente tanta attenzione ogni centimetro quadrato di sabbia che veniva lambita dal mare alternando il suo colore in continuazione da chiara a scura, che gli occhi mi bruciavano, perché tanta era la concentrazione da non sbattere quasi mai le palpebre.

Ad un certo punto vidi la forma familiare della conchiglia tanto ammirata nei libri di scuola, o almeno così mi sembrava, che affiorava per metà dalla sabbia. Affrettai il passò incredula e mi chinai allungando la mano per prenderla, quando improvvisamente un piede maschile la scalzò dalla sabbia spingendola un po' più in là, complice poi un'onda inopportuna vidi la mia conchiglia rotolare verso il mare, perduta per sempre.

Alzai gli occhi e mi trovai di fronte la faccia sorridente di Andrea che mi salutava, con i suoi capelli di un bel castano scompigliati dal vento e tempestata da due occhi azzurri come il cielo in una giornata di sole: in quel preciso momento decisi di odiarlo.

Mi alzai di scatto e con tutta la forza che avevo in corpo gli sferrai un pugno in pieno petto, inveendo contro di lui. «Ma sei nato deficiente da una famiglia di deficienti o hai fatto una scuola speciale per essere così deficiente! Ti odio, vorrei tanto tu non fossi mai nato!»

Andrea mi guardò come se fossi una pazza, non capiva la mia reazione, non si era reso conto del "sacrilegio" che aveva appena compiuto, allargò le braccia ed esclamò «Ma cosa ti ho fatto?» Non ottenendo risposta, a mezza voce sussurrò: «Femmine! Valle a capire...»

Mi avviai verso casa in preda ad uno stato d'animo contrastante. Cosa mi era preso? In fin dei conti era solo una stupida conchiglia e magari non era nemmeno quella che stavo cercando. E allora perché ero così arrabbiata con Andrea? Da lì a qualche giorno saremmo dovute rientrare a Milano, forse era quello che mi faceva stare male: la consapevolezza che le vacanze stavano per finire e chissà dopo quanto tempo ci saremmo rivisti. Mi mancava già? Ma se ero stata io a mandarlo al diavolo solo due minuti prima! Oddio, ero in preda ad una tempesta ormonale.

Mia madre era in cucina che stava preparando la cena in anticipo perché quella sera sarebbe arrivato Sandro. Quando mi sentì entrare rimase un po' stupita. «Ciao Bea, come mai sei già qui?»

«Ho litigato con Andrea» risposi atona.

«Ah sì? E cosa ha combinato questa volta?» chiese con tono divertito, sapendo benissimo che addossavo sempre a lui la colpa dei nostri litigi, e tutto d'un fiato le raccontai dell'accaduto.

«Vedrai che la ritroverai la tua conchiglia, il mare è pieno di conchiglie!» esordì sorridendo con l'intenzione di tirarmi su di morale. Preferii non risponderle e mi diressi a passo veloce verso la mia stanza con l'intenzione di non parlare più con nessuno, ero troppo adirata.

In quel momento squillò il telefono di casa, mi fermai sulla soglia girandomi verso mia madre che mi sorrise.

«Scommettiamo che è Andrea?» Non feci a tempo a dirle che non volevo parlare con lui che la sentii dire «Ciao Andrea, se c'è Bea?», mi affrettai a fare segno di no agitando freneticamente l'indice e cominciando a gesticolare come nel gioco del mimo, sperando che mia madre capisse.

«Sì c'è... ma ... ha la testa in confusione... cioè... no, ha un gran mal di testa... sarà stato il vento di oggi... ora non può rispondere perché... sta riposando... sì, non ti preoccupare riferirò che hai chiamato.»

«Perché non hai voluto parlare con lui?» chiese dopo aver riagganciato.

«Non mi va di parlargli, lo farò domani... forse» risposi evasivamente.

Ma l'indomani il tempo non era dei migliori, pioveva, una pioggia leggera ma persistente che non accennava a diminuire e le previsioni per i giorni seguenti non promettevano niente di buono, così Sandro decise di anticipare il rientro a Milano, senza chiedere il nostro parere e soprattutto senza lasciarmi il tempo di salutare Andrea.

Una settimana dopo il rientro dal mare il postino suonò alla nostra porta per recapitare un pacchetto, era indirizzato a me e non c'era il mittente. Continuavo a guardarlo con curiosità ma non mi decidevo ad aprirlo.

«Non lo apri?» chiese Betty più curiosa di me.

Incominciai a scartarlo lentamente, all'interno trovai una specie di gomitolo di carta e un foglio ripiegato in quattro. Sempre lentamente cominciai a scartocciare quel goffo gomitolo e all'interno trovai una conchiglia. Presi il foglio e lo aprii con una calma che fece agitare Betty.

«E allora, voi muoverti? Che c'è scritto? Chi lo manda?»

«Andrea» risposi dopo aver letto la firma.

«Leggi a voce alta per favore.» Betty stava proprio perdendo la pazienza.

«Dunque,dice: ...

Non voglio innamorarmi di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora