Annalisa Colombo – questo il nome di mia madre - è sempre stata una sognatrice ad occhi aperti e malata di ottimismo che curava con massicce dosi di false speranze, subendone puntualmente gli effetti collaterali: cocenti delusioni.
Quello fu l'ultimo anno che andammo a Follonica perché Sandro dopo poco ruppe il fidanzamento con mamma. Ma lei non si perse d'animo.
Durante l'inverno successivo infatti iniziò una relazione con un tipo che a me e a mia sorella Betty sembrava alquanto strano. Era un uomo sulla quarantina, alto di statura, capelli castani, occhi verdi, il naso pronunciato e un bel sorriso ma i suoi modi somigliavano ad un personaggio dei romanzi romantici dell'epoca vittoriana che dovevano sempre avere uno scopo edificante e la storia doveva quasi sempre avere un lieto fine.
Teodoro, questo il suo nome, parlava poco, ma per ogni domanda aveva sempre una risposta conveniente, anzi soddisfacente. Sembrava che leggesse nella mente dell'interlocutore la risposta che voleva sentirsi dare e lui prontamente gliela dava.
Molte volte interpretavo questo suo atteggiamento come quello di un menefreghista ed invece con il tempo ebbi l'occasione di conoscere il suo lato umano e altruista.
Teodoro era un professore di lettere all'Università degli Studi di Milano, amava molto il suo lavoro.
Nel suo appartamento - molto più grande del nostro - aveva anche uno studio dove riceveva gli studenti per lezioni private o per seguirli nella preparazione della loro tesi di laurea, oppure si ritirava quando doveva correggere articoli e redazionali che un editore suo amico gli mandava prima della pubblicazione.
"Ti amo Teodoro, come una fetta di pomodoro". Io e Betty continuavamo a ripetere questa stupida frase per canzonare la mamma che, come al solito, si era perdutamente innamorata di questo uomo.
Succedeva sempre così a lei, quando si innamorava lo faceva seriamente, lo vedeva come se fosse l'ultimo essere di sesso maschile vivente sulla faccia della terra e gli si dedicava completamente, a volte consumandosi come un cero votivo sciolto dalla fiamma della passione.
Dopo mio padre aveva avuto qualche breve avventura e gli uomini che erano entrati nella sua vita, anche se per poco tempo, per lei erano tutti "l'uomo giusto", quello che avrebbe realizzato il suo sogno di avere una famiglia unita sotto lo stesso tetto, dove i cuori battono all'unisono e l'amore è l'ossigeno che mantiene vivi i vivi e ricorda con affetto anche chi non c'è più.
Sì, quando si innamorava lo faceva più che seriamente, ma a volte sembrava più innamorata dell'amore che dell'uomo che le stava accanto, in lei l'idea dell'amore era talmente alta e talmente "sacra" che era disposta a provarci e riprovarci. E intanto nel suo cuore gli uomini entravano e uscivano, e quando uscivano lasciavano in lei un senso di vuoto che però si impegnava a colmare subito, al più presto, come se fosse stata catapultata fuori dall'atmosfera dove manca l'ossigeno e lei doveva rientravi subito, altrimenti sarebbe morta di asfissia.
*****
Il cielo era spesso grigio nella Milano della nostra vita, a volte per la nebbia e molte volte per la fatica di andare avanti senza particolari mezzi. Mamma lavorava al reparto profumeria di un noto negozio in centro. Aveva deciso che voleva un po' di indipendenza economica per non essere più in balia degli umori di un uomo.
La sera la sentivo rincasare per cena, capivo che era rientrata dal rumore che le scarpe con il tacco della sua divisa di commessa facevano cadendo sul pavimento. Appena entrava dalla porta, e prima ancora di pronunciare qualsiasi parola, si toglieva con frenesia le scarpe come avrebbe fatto un evaso togliendosi in fretta le manette. Rientrava a casa finalmente e le ore che sarebbero seguite sarebbero state tutte sue, ma puntualmente non succedeva così.
Appena ci chiamava con la classica frase «Ragazze? Sono arrivata!» sapevamo che ormai la giornata era finita.
Io raramente mi staccavo dai libri, la salutavo distrattamente mentre continuavo a leggere fino all'ultimo secondo prima di cena, Betty invece molto spesso andava ad accoglierla vomitandole addosso tutte le cose belle o negative che le aveva riservato la giornata.
Il copione era sempre lo stesso: io mi attardavo sui libri mentre sentivo loro due parlare, a volte anche animatamente, mentre preparavano la cena.
Teodoro, che stranamente ormai da diversi anni era rimasto al fianco della mamma, non viveva con noi ma quasi ogni sera condivideva la cena, arrivava sempre per ultimo anche se terminava di lavorare almeno un'ora prima di giungere a casa.
Ricordo che questo per me e Betty fu quasi un giallo. Lo seguimmo addirittura di nascosto per capire dove andasse e cosa facesse in quell'ora.
Non c'erano amanti, traffici particolari o segreti. Amava ritagliarsi quel tempo solo per se stesso, per riordinare le idee facendo una passeggiata, sostando sulla panchina dei giardinetti vicino a casa leggendo il giornale o parlando con la signora anziana che dava da mangiare ai piccioni, qualche volta si soffermava al bar per fare due chiacchiere con qualche conoscente o altro avventore occasionale.
Ma il motivo principale - lo seppi più avanti negli anni - era che il tempo che Teodoro ritagliava per sé in realtà aveva un significato molto importante per lui: era tempo da passare in compagnia della sua solitudine ma anche tempo da lasciare a disposizione di noi tre affinché potessimo vivere privatamente il nostro rapporto madre-figlie senza che la sua presenza potesse in qualche modo condizionarci, desiderava stare con noi senza sovrastare il nostro nucleo famigliare, cioè io, mamma e Betty, perché aveva deciso di farsi bastare il fatto di essere accettato da noi. Aveva una paura ormai cronica di un nostro rifiuto, di scatenare qualche reazione che potesse in qualche modo rovinare il rapporto, come se noi fossimo le ultime tre persone rimaste vive sul pianeta e lui solo non ci voleva restare.
Eppure non gli avevamo mai dato modo di credere che non lo avessimo accettato nella nostra vita.
Teodoro pagava le bollette e provvedeva alla spesa di tutti i giorni, aveva anche appeso in cucina una lavagnetta con su scritto "ditemi che cosa vi serve". Diceva che era il suo modo per contribuire e non essere di peso.
Il suo comportamento era per me talmente remissivo che a volte finiva per mettermi ansia. Mi chiedevo fino a che punto potesse arrivare una persona pur di non restare sola, cosa che avrei scoperto mio malgrado in più occasioni che la vita mi avrebbe riservato.
Gli anni passavano e i contatti con Andrea andavano affievolendosi sempre di più, come la luce del sole al tramonto.
Il contenuto delle nostre conversazioni si limitava ormai a frasi di circostanza: "Come stai? Come va a scuola? Auguri di Buon Natale, auguri di buon compleanno..." Non c'erano più quelle discussioni animate che ci infervoravano, quelle lunghe chiacchierate che facevamo in spiaggia sui più disparati argomenti.
Nell'ultima telefonata mi informò che quell'anno si era iscritto alla facoltà di Legge all'Università di New York ma che prima di partire sarebbe rientrato a Milano giusto il tempo per il cambio di valigie.
Sarebbe stata l'occasione per vederci ma lui non me lo propose e io non ebbi il coraggio di chiederglielo. Cercai di mascherare la delusione e sforzandomi di apparire felice per lui lo salutai, con la promessa che ci saremmo sentiti presto, ma così non fu.
Anche se abitava nella mia stessa città, dal lato opposto di dove abitavo io, non avevamo mai avuto occasioni per incontrarci di persona, dato che per tutto l'anno scolastico era in Svizzera e per le vacanze estive si trasferiva a Follonica. Con la sua partenza per New York la speranza di avere qualche possibilità di rivederlo si fece ancora più remota.
E'proprio vero, con gli anni si cambia: cambiano le nostre abitudini, cambiano inostri gusti, cambiano le nostre amicizie, cambia il nostro modo di vedere lecose... così la nostra infatuazione adolescenziale era svanita, si eratrasformata in una pura e semplice relazione tra due conoscenti.
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Non voglio innamorarmi di te
RomanceBeatrice ha 19 anni. A differenza delle sue coetanee non ha ancora un ragazzo e sembra proprio non le interessi averne uno, perché non vuole "complicazioni sentimentali" - così lei definisce l'amore - almeno fino a quando non avrà raggiunto i suoi o...