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Per quanto dopo la visione del film, mi sia dedicata a numerose attività, dal cibo al parlare con tante e diverse persone, niente di tutto ciò è riuscito a farmi scordare, neanche per un attimo, neanche per un secondo, le parole di Cameron. Le sue parole, ma anche e soprattutto il suo sguardo mentre le pronunciava, sono marchiate a fuoco nella mia mente, come un tatuaggio sulla pelle. Più ci penso, più il mio istinto mi dice che ho ragione. Non so ancora bene come, ma questa "cosa" centra con la storia di suo padre e con il nostro litigio. E qualcosa mi dice che il suo lavoro, questa sua costante allegria, questo suo continuo sorridere nonostante tutto, non sia altro che una facciata. Nessuno può essere sempre allegro, sempre felice, sempre sorridente. Beh, ora che ci penso, se fossi la moglie di Niall Horan probabilmente si, perchè non farei altro che ridere grazie al suo buon'umore e la sua bellezza, ma non si tratta di un fatto reale, quindi rimango convinta della mia idea. Perchè ne sono così convinta? Semplice, ognuno di noi è fatto di più parti, di più lati, di più sfaccettature. Ma in ogni caso, la parte triste, quella cupa e si, anche cattiva, esiste. Magari non la facciamo vedere, ma c'è. E' proprio li, ed è sbagliato fare finta che non esista, perchè prima o poi ci ritroviamo a farne i conti nel corso della vita. Purtroppo è così, non ci si può far nulla. E se c'è una cosa che ho imparato, nella mia breve vita da adolescente imbranata e sfigata, è che non tutto si può affrontare in solitario. A volte chiedere aiuto, non è simbolo di debolezza, ma di forza. L'ho imparato con e grazie ad Isaac, quando eravamo più piccoli e tutti noi, i miei amici e la sottoscritta, abbiamo scoperto l'inferno che aveva passato a causa di quello che si definiva suo padre. Lui aveva paura, ma quando si è aperto con noi, ha trovato una famiglia che di fatto lo ha protetto e lo ha aiutato a rimettersi in piedi. Perciò capisco bene quando qualcuno indossa una maschera, si isola e erge una barriera per far si che oltre una certa linea, le persone non possano avvicinarsi. Ecco perchè secondo me Cameron è come un cucciolo abbandonato. Ha bisogno di tempo, tanto tempo, per abituarsi all'idea che c'è qualcuno che tiene a lui, tiene a lui veramente e nonostante tutto, nonostante la fama, il carattere e le difficoltà quotidiane.

E non mi interessa se lui non mi vuole in quel senso, se per lui non potremmo mai andare oltre il semplice schema nemici-amici-alleati e riprenderlo di nuovo. Più parliamo, più ci scontriamo e lo osservo, più questa mia convinzione si tramuta in certezza. Voglio stargli vicino, voglio aiutarlo per quanto mi sia possibile. Voglio vederlo sorridere di nuovo come quando eravamo sulla terrazza, solo noi due, nella nostra bolla magica mentre il resto del mondo rimaneva in sottofondo. Come intendo farlo, ancora non lo so bene, ma sono più che certa che qualcosa mi verrà in mente.

Perché?

Perché la sua felicità conta. Lui conta per me.

<< Hey Lily, siamo arrivati.>>

La voce di mio padre mi arriva piano, come se provenisse da qualche posto lontano. Lentamente apro gli occhi e nel momento in cui lo faccio, realizzo di essermi addormentata. Addormentata di botto non appena ho messo piede in Taxi.

<< Che ore sono papi? Quanto ho dormito? Amanda dov'è?>>

<< Quante domande piccolina! Comunque è mezzanotte passata, hai dormito circa mezz'oretta perchè durante il viaggio di ritorno abbiamo trovato più traffico del previsto. E tua sorella è nell'altro taxi con Nash, Taylor e Shawn. >>

Annuisco giusto per far capire che ho recepito le parole che mi ha detto e poi mi stiracchio un attimo, dato che mi sono addormentata in una posizione alquanto bizzarra, anche se devo riconoscerlo, piuttosto comoda.

Comoda?

Mi volto di scatto e noto con orrore che Brook è di fianco a me. Con orrore per il semplice fatto che mi sono addormentata su di lui e dalla sua faccia, alquanto divertita, posso supporre due cose. Opzione A, ho russato di brutto. Opzione B ho parlato nel sonno. E onestamente non so quale tra le due opzioni sia la meno peggio.

<< Ben svegliata bell'addormentata! E prima che tu me lo chieda, hai parlato durante il sonno, ma non hai detto niente di ecclatante. Hai solo ripetuto più volte il nome Romeo, presumo per il film che abbiamo appena visto.>>

Perfetto. Nomino Romeo e intanto penso a Cam. Direi che ho veramente bisogno di un bel sonno rigenerante. Una volta usciti dal taxi, solo l'idea di dovermi svestire, struccare, lavare i denti e togliere le lenti, mi fa sbuffare rumorosamente. Se c'è una cosa che proprio detesto, sono tutti i preparativi per dormire dopo che esci per una serata in cui ti devi far bella. Li detesto perchè solitamente torno a casa talmente stanca che non ho la forza di fare nulla e l'ultima cosa che voglio è dedicarmi a tutto ciò. Ma so che se non lo faccio, il giorno dopo avrò una faccia spaventosa, o almeno peggiore del solito.

Per cui dopo aver ritirato la chiave in reception, aver salutato tutti, tra genitori, Brook, ragazzi e sorella ancora vicina a Nash, mi avvio su per le scale. Chiamatemi stupida, romantica o come volete voi, ma il ricordo dell'ascensore è ancora troppo vivo nella mia mente, ragione in più per evitare di prenderlo proprio stasera. Una volta arrivata di fronte alla mia stanza, molte scale e mezzo polmone dopo, apro finalmente la porta e mi butto a peso morto sul mio letto. Da sdraiata mi tolgo le scarpe, neanche troppo delicatamente, ma poco importa. Sono in stanza da sola, quindi nessuno può dirmi nulla. Mentalmente mi sprono ad alzarmi, perchè prima mi sistemo, prima posso dormire. Conto fino a tre, poi finalmente mi alzo. All'inizio faccio fatica a togliermi il vestito, perchè prima è necessario far scendere la zip nascosta, ma quando la sento scendere, faccio in modo di togliermelo delicatamente, perchè l'ultima cosa che voglio domani mattina, è una ramanzina di mia madre sulla poca delicatezza che ho certe volte. Dopo essermi tolto il vestito e averlo riposto sulla sedia, gli avvicino le scarpe, giusto per non lasciarle in mezzo alla stanza, evitando così un volo epico a mia sorella quando tornerà. Cerco il pigiama sotto il cuscino e dopo averlo trovato, lo indosso. Ora che ci penso, il mio non è un vero e proprio pigiama, dato che per dormire indosso sempre e solo pantaloncini corti e canotta. Ma a me piace chiamarlo così. A chi non piace? Mia madre. Sostiene che non è possibile che io mi ostini a dormire così, perchè secondo lei non sono "in ordine". Lei e le sue fisse da mamma. Io non sopporto i pigiami. Punto e stop. Comunque, dopo averlo indossato, corro in bagno e in meno di cinque minuti, mi lavo i denti, tolgo le lenti e mi strucco. Lavo le mani e torno in camera, poi cerco nel caos che ho sparso in giro, il mio cellulare e una volta trovato, lo metto in carica vicino al comodino. Notando la percentuale di batteria del mio cellulare, sono quasi commossa. Ha resistito tutto il giorno il mio piccolino, e l'ho anche utilizzato parecchio. Sembra quasi un miracolo, ma con il passare degli anni ( e dei telefoni), la Apple sta imparando a fare batterie decenti.

Quando leggo l'ora, l'una passata, e realizzo che mia sorella non è ancora tornata, decido di scriverle un messaggio, avvertendola che ho lasciato leggermente socchiuso, in modo tale che sappia che può stare fuori quanto vuole. Tuttavia aggiungo anche un Ps, e non appena whastpp mi avverte che il messaggio è stato inviato, blocco il cellulare, inserisco la modalità aereo, lasciandolo sul comodino e mi volto dall'altra parte.

Con la testa sul cuscino, la posizione stranamente perfetta e le palpebre estremamente pesanti, scivolo in un sonno profondo, sperando con tutta me stessa che sia, almeno per questa notte, sia privo dei miei soliti sogni assurdi.

I hate you, Cameron Dallas !  ( IN REVISIONE COMPLETA dal 2024)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora