4 - Chi tace acconsente

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[Alexander]

Dire che Wayne Manor era enorme era un eufemismo. Già solo la porta intagliata di legno scuro sembrava incredibilmente ampia, come se fosse stata progettata per giganti invece che per essere umani.
Non rimasi a lungo ad osservare la villa perché iniziò a piovere, quindi mi fiondai verso la porta, dove la terrazza in pietra al primo piano offriva riparo.
Dopo una rapida occhiata potei confermare i miei dubbi: non c'era uno stra maleddetto campanello, solo un battente in ottone dalla forma poco rassicurante. Di solito la scelta standard era un leone, qui qualcuno aveva pensato bene di scegliere una specie di demone dal ghigno poco rassicurante, con denti aguzzi e orecchie appuntite.

Mi lasciai scappare un sospiro ed usai il battente per annunciare la mia presenza e sperare che qualcuno mi aprisse alla porta.
Pochi istanti dopo mi diede il benvenuto un uomo dall'accento inglese che si presentò come "Alfred", il maggiordomo. Mi presentai e chiesi di Nicholas.

"Sfortunatamente il signor Wayne non è ancora rincasato. Mi segua può aspettarlo nel salotto." Mi disse, e con un lieve sorriso mi fece cenno di seguirlo mentre si incamminava per l'ingresso.

Se l'esterno della villa era impressionante l'interno era sbalorditivo. C'erano quandri che avrebbero dovuto trovarsi nei musei, armature vuote con tanto di spade coordinate e mobili di legno con intarsi dettagliati probabilmente risalenti al 1700.

Il salotto era un ampia sala, con un camino sulla parete opposta all'ingresso, e porte a doppia anta dello stesso legno scuro sulle tre pareti rimanenti. Al centro della stanza sopra ad un tappeto con design orientali c'erano un paio di divani in pelle scura ed un tavolo da caffè di vetro colorato e legno.

Alfred mi lasciò lì dopo avermi offerto una tazza di tè, che accettai volentieri visto che era particolarmente freddo in quella grande e vecchia casa.

Sorseggiai il mio tè, intanto era passato un quarto d'ora, e Alfred aveva cominciato a fare avanti e indietro dalla cucina al salotto, offrendomi da bere e da mangiare sempre più agitato.

Alla fine, dopo mezz'ora pensai fosse il caso di andarmene, specialmente perché Alfred aveva iniziato a borbottare tra se e se. Cosa resa più inquietante dai pannelli scricchiolanti delle pareti e dai tuoni e fulmini che stavano disturbando il cielo, che fino a quella mattina sembrava sereno.

Fu allora che, grazie a Dio, sentimmo la chiave girare nel portone di casa, che di seguito venne spalancato da Nicholas. Era bagnato fradicio dalla testa ai piedi. Aveva i riccioli, solitamente voluminosi, appiccicati alla fronte, così come i vestiti lo erano al suo corpo, che notai essere muscoloso.

Mi avvicinai subito a lui, per salutarlo. Vedendolo così fradicio mi si confermò la teoria per cui magari la pioggia lo aveva rallentato.

Alfred davanti a me si fermò di colpo, senza dire nulla si mise a correre verso una porta e vi ci si precipitò dentro. Confuso mi avvicinai a Nicholas, che era voltato verso la porta dietro cui Alfred era sparita e da cui ora arrivavano rumori di cassetti e sportelli che venivano aperti e chiusi.

Mi avvicinai ancora un po' al riccioluto, che a sua volta fece un passo e finì sotto al lampadario appeso a metà del corridoio.

Adesso capii la strana reazione di Alfred. Nicholas aveva un labbro spaccato, il sangue ancora fresco che sporcava il mento. Aveva anche un grande livido sullo zigomo violaceo a contrasto con la pelle marmorea. A completare tutto era un taglio sullo zigomo opposto da cui un rivolo di sangue era arrivato fino al colletto della maglietta.

"Si lo so, non sono mai stato più bello." Disse lui con una smorfia, dalle labbra usci dell'altro sangue.

"Almeno ora hai una chance per trovare una ragazza per il ballo invernale." Risposi con un mezzo sorriso cercando di tenere il tono leggero, sentii la mia gola stringersi e il mio stomaco torcersi. Intanto tirai fuori dalle tasche un pacco di fazzoletti e ne presi uno che gli tesi.

When Alfred isn't homeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora