Capitolo 5

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Era bello,devo ammetterlo..Ma perché quest'estate doveva essere così piena?
Poteva andare peggio di così?
Direi di no.
Passò del tempo in cui non avevo fatto altro che ripercorrere tutte le cose che mi erano successe e tutte le coincidenze che avevo incontrato.
Perché sono dovuta entrare in quel negozio?
Maledetta la mia voglia di comprare cose antiche.
Si fecero le 21:00 e decisi di andare a dormire...
Ero in una strada buia.
'C'è nessuno?'
'Hey...Tu..' sentii bisbigliare,con una voce a dir poco raccapricciante.
Mi girai..Ma non c'era nessuno e poi quando mi riggirai quasi sobbalzai: Quel cartello era apparso davanti a me.
"Look behind you." diceva la scritta.
Lo feci e..Lo vidi.
L'uomo dagli occhi di ghiaccio era lì e mi fissava.
Come nella realtà non mi staccava gli occhi di dosso,quando ad un tratto iniziò ad avvicinarsi sempre di più e a passi sempre più veloci.
Le lacrime iniziarono a scorrere sul mio viso. Non potevo continuare,non ce l'avrei fatta.
Sempre lo stesso sogno.
Mi girai,come l'ultima volta,ma lui non c'era.
Mi avvicinai alla finestra e vidi l'impronta di una mano.
Qui fuori c'era stato qualcuno e che fosse stato lui o no mi metteva ugualmente paura.
Senza pensarci corsi di sopra e mi chiusi in soffitta.
Qualsiasi persona fuori dalla casa qui su non mi avrebbe raggiunto.
Mi sdraiai e iniziai a rilassarmi pensando alle cose positive...
Il ragazzo del negozio..Bea..I miei genitori...Il carillon di Bea...
E appena pensai a quest'ultima cosa mi percorse un brivido lungo tutto il corpo.
Dovevo dormire.

...La faccia mi stava andando a fuoco: la luce che si diffondeva nella stanza attraverso la finestra della soffitta mi colpiva dritta in faccia. Se non mi fossi alzata subito avrei rischiato di rimanere ceca.
Scesi le scale e mi imbattei in mia madre:
"Buongiorno tesoro,perché eri in soffitta?".
Prima di rispondere la osservai meglio. Era più bella del solito,non so perché ma aveva un'aria diversa. Poi capii: aveva una strana luce negli occhi..Questa vacanza aveva migliorato i rapporti tra i miei genitori e se loro erano felici lo ero anche io,qualsiasi cosa mi stesse accadendo.
La voglia di raccontarle tutto era troppa,ma non potevo rovinare la loro felicità e la loro spensieratezza. Non ora.
"Buongiorno mamma!
Tranquilla,oggi mi sono svegliata prima e ho deciso di continuare ad esplorarla...Niente di interessante" risposi forzando un piccolo sorriso.
Mi sorrise,ma il suo era un sorriso vero,un sorriso che avrebbe potuto sostituire il sole.
Ho sempre sognato essere come lei,una donna forte capace di abbattere ogni muro anche se la situazione era la peggiore in assoluto..Una donna bella dentro,che rispecchiava la sua bellezza anche fuori: occhi color nocciola,capelli dello stesso colore,labbra rosse e, da quando siamo qui, più piene.
Era perfetta.
A distrarmi dai miei pensieri fu proprio la sua voce che mi chiedeva se volevo fare colazione.
Urlai un "no" e andai a prendere il cellulare nella mia camera.
Dovevo vedere Bea,assolutamente.
Aprii la porta ad occhi chiusi e facendo un lunghissimo respiro riaprii gli occhi,ma mi accorsi di un piccolo particolare.
La stanza ai miei occhi pareva più grigia,più vuota,più triste.
Così mi diressi in soggiorno e chiamai Bea.
<Pronto?> Mi rispose Bea con la voce ancora impastata dal sonno.
<Bea,sono Molly,dobbiamo incontrarci al solito bar,ieri sono successe cose strane.
Fra 15 minuti voglio vederti lì!>
Non le diedi la possibilità di poter ribattere che chiusi la chiamata.
Mi preparai e mi ritrovai in un battito di ciglia a parlare delle cose che erano successe a Bea.
Sedute al solito tavolino del solito bar.
Era accogliente,ci piaceva per questo.
Il pavimento era in legno,di quercia credo. C'erano molte finestre e il bancone in legno bianco dava un tocco di classe a tutto il resto. Appesi ai muri c'erano molti quadri di personaggi come Marilyn o Elvis Presley.
Era uno di quei bar che c'erano negli anni '70.
E si sa,a me le cose del passato piacciono! Quale posto migliore per raccontare alla mia amica ciò che era successo?
A riportare la mia mente al nostro tavolino fu appunto la risposta di Bea:
"Non so più cosa pensare..Non hai paura? Perché io al posto tuo la avrei...Non dirlo ai tuoi,potrebbero non crederti subito,anche perché penso che ormai l'impronta se ne sarà andata."
La bloccai:
"Lo so,lo so." Poi un colpo di genio mi oltrepassò la mente:"Mi aiuterai se ce ne sarà bisogno?"
Fece cenno di sì con la testa e mi lasciò continuare:"Bene...So che ti sembrerà una cosa strana e sicuramente tu non accetterai..Ma.."
"Arriva al punto!" mi incitò e tutta d'un fiato dissi:"Ti va di dormire da me stanotte?"
"Ti ho promesso di aiutarti,come faccio ad abbandonare la mia migliore amica?"
Alla parola migliore amica schiusi la bocca. Era una sensazione bellissima.
Mi alzai e la abbracciai e lei,sorpresa all'inizio del gesto,dopo poco ricambiò.
Decidemmo di passare la giornata insieme e appena finito di mangiare saremmo passate al negozio del giorno precedente.
1 ora dopo.
Entrammo nel negozio e appena la campanella che segnava l'arrivo di un nuovo cliente suonò ci accolse la voce del ragazzo della cassa che disse:
"Hey, ragazza del carillon!"
"Hey, ragazzo della cassa!" lo risalutai accennando un sorriso.
La scorsa volta ero troppo sovrappensiero per fermarmi ad osservarlo e notai che dei particolari mi erano sfuggiti.
Era un ragazzo alto..Sul metro e novanta. Aveva i capelli neri e gli occhi marroni con dei puntini di verde sparso qua e là.
Aveva dei denti bianchissimi e a primo in patto sembrava un ragazzo felice,che aveva una vita perfetta.
Mi riprese dai miei pensieri passandomi una mano davanti alla faccia.
"Emh..Sì.
Cosa c'è?" domandai.
Sentii sbuffare Bea che mi rispose:
"Ti ha chiesto cosa facevamo qui..Cioè,perché siamo passate." disse con aria che all'inizio pareva scocciata,ma in realtà divertita.
"Ah,sì. Beh,sai qualcosa sul carillon che mi hai messo da parte?"
"Beh,il negozio è di mio nonno e ci ha lavorato per molti anni. Quel carillon è qui da molto tempo quindi probabilmente lui ne sa di più. Se volete appena finisco qui vi porto da lui." disse sorridendomi.
Rimasi sollevata quando non mi chiese perché,ma quasi ad avermi letto nella mente mi fece la domanda.
Passai il resto del tempo a raccontargli tutto.
Poco dopo aver finito di raccontare,finì anche lui di lavorare.
Così uscimmo dal negozio e porgendo la mano a me e a Bea disse:" Comunque mi chiamo Andrew".



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