Cap. 7 Evan

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Il mondo onirico era una cosa fantastica. Un universo perfetto in cui nascondersi, come entrare in un altro emisfero dove tu stesso non conosci la tua storia. Come staccare la spina e dimenticarsi di quello che una persona aveva detto o fatto. Respirare di nuovo come se per tutta la notte fossi stato costretto a trattenere il respiro. Il problema era quando uscivi da quel mondo fatto di sogni incomprensibili. In quell'attimo in cui prendi consapevolezza. Quel secondo, quasi insignificante, in cui ti rendi conto che stai per svegliati e tutta la merda che pensavi fosse superata ti viene addosso facendoti ancora più male di prima.

Evan aprì gli occhi abituandosi quasi immediatamente alla luce che proveniva dalla finestra. I primi raggi del sole si stiracchiano ai piedi del suo letto annunciandogli un nuovo giorno. E mentre la sua mente iniziò ad assimilare quelle informazioni, una parte di lui – debole e ammaccata – lo riportò con prepotenza alla sera precedente.

«So cosa provi per me. Lo so da molti anni, ma non ti porterà da nessuna parte. Domani vado all'ufficio di arruolamento e parto. Da solo. Fine della storia.»

L'ondata di freddo lo percosse dall'interno, un maremoto di dolore e sofferenza che lo costrinse a serrare gli occhi e a stringere la mascella. Poteva illudersi che non era successo, poteva dirsi che Trey non stava dicendo sul serio, che quel litigio era solo degenerato. Ma sapeva con assoluta certezza che non era così. Le cose non sarebbero state diverse, la linea di demarcazione era stata tracciata con l'inchiostro indelebile. Le cose non erano più come prima e fino a quando il suo cuore avesse continuato a perdonare non sarebbe andato da nessuna parte.

Prese un lungo e tremolante respiro cercando di riemergere di nuovo da quello stato pietoso in cui era caduto la notte precedente per poi alzarsi e iniziare la giornata. Infondo può farlo, no? Tutta la sua vita si era concentrata su Trey, sul renderlo felice, sul farlo sorridere, sull'accettarlo. Tutto ruotava intorno al suo migliore amico ma adesso le cose sarebbero state diverse. Adesso il centro della vita di Evan sarebbe stato Evan.

Il problema era che non aveva la più pallida idea di come fare, di come andare avanti, da dove iniziare. Non aveva idea di come affrontare una semplice giornata, figuriamoci pensare ad una vita consapevole del fatto che Trey era sotto le armi. La sola idea lo terrorizzava. Anche mentre era sotto la doccia, a farsi ghiacciare la pelle dall'acqua che usciva dal soffione sopra la sua testa, la prospettiva della sua vita senza Trey sembra un'enorme buco nero da attraversare. O forse lo sta già oltrepassando ed era per questo che si ritrova nel buio più completo. Trey era la sua ancora e una volta persa, stava navigando in mare aperto senza una rotta da seguire.

Patetico.

Stupido, ingenuo, superficiale patetico del cazzo.

Da quando era diventato così mammoletta? Da quando il suo orgoglio o la sua stessa cazzo di felicità aveva iniziato a dipendere da un'altra persona? Da quando essere un innamorato non ricambiato lo rendeva una cazzo di femminuccia col pre-mestruo? No, non avrebbe permesso a nessuno, tanto meno a Trey, di renderlo ancora più debole.

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