Il mostro guardava Eloise con due grandi occhi dalle orbite vuote e un ghigno satanico: era di bronzo verde e fra i denti teneva il batacchio su un portone di antico legno scuro.
Eloise era un po' sorpresa che la sua nuova amica abitasse in quella specie di maniero che stava nel centro del paese. Tutte le volte che tornava in vacanza in quella zona aveva notato la grande casa di pietra scura, ma aveva sempre pensato fosse chiusa o tutt'al più sede di qualche istituzione pubblica.
Ma la sua amica le aveva dato quello come indirizzo per l'invito a cena. Aveva conosciuto Lea solo da qualche giorno, ma in una località di vacanza non si lesina sull'amicizia e ci si attacca a quel che c'è.
Lea aveva insistito tanto per far contenta sua madre ed Eloise alla fine aveva accettato: ora era davanti al portone, turbata per la mancanza di un campanello e costretta a usare il battente di bronzo.
- Entra pure, attenta agli scalini che si scivola - disse una voce morbida, dopo che il portone s'era aperto su un cortile un po' scuro. Gli scalini erano effettivamente molto consumati in centro, dove il marmo s'era assottigliato e il filo, visto da lontano, sembrava come di tante tibie da ossario azteco.
Ma, si disse Eloise, basta fantasie, sbrighiamoci a entrare in casa, guarda solo dritto e respira piano.
La casa era austera e i mobili narravano di una nobiltà decaduta, con i profili dorati e tantissimi ninnoli e bomboniere, così come i ritratti sul corridoio, dalle sopracciglia cespugliose e sguardo severo. I passi di Eloise erano attutiti da un tappeto il cui disegno doveva essere stato, un tempo, qualche arabesco ricercato. Alla porta della sala si trovava una spessa tenda di broccato rosso scuro, che al calar della sera contribuiva a rendere l'ambiente inconsueto, anche se innegabilmente elegante.
Lea stava finendo di apparecchiare in tavola, con abbondanza di posate e bicchieri e le fece un cenno di capo per salutarla. Dalla cucina arrivò la signora Medeline, dai capelli neri tirati indietro in un pratico toupet: si stava asciugando le mani con il grembiule, un po' vissuto a dire la realtà. Ma il fatto che fosse usato rendeva il clima austero leggermente più casalingo, quindi Eloise si rasserenò un po': già l'inizio serata le aveva messo un po' di ansia, poi la sua amica sembrava molto taciturna, forse aveva litigato con la madre.
Quando si sedettero a tavola, iniziò il solito interrogatorio degli adulti, ed Eloise fece del suo meglio per rispondere con garbo, mentre piegava e dispiegava il tovagliolo e guardava sospettosa le posate timorosa di sbagliare.
La signora Medeline prese una bottiglia di vino con un'etichetta antica, evidentemente tirata fuori da una cantina dopo decenni: il vino era un nero d'avola rosso vermiglio, e fu versato in larghi calici panciuti per farlo ossigenare.
- Adesso però tocca a me, raccontarti qualcosa di noi - disse la signora, distribuendo come antipasti delle bruschette con un velo di pasta di salsiccia. Queste sembravano di facile gestione: Eloise stava per prenderle con le mani, ma si accorse in fretta che la signora usava forchetta e coltello iniziando dai più esterni e la imitò subito.
- Io ero una maga in cucina, quando ho conosciuto Jason, il padre di Lea - la signora portò in tavola un consommé con palline di carne e piccoli ravioli quadrati - Cucchiaio, pensó Eloise.
- Per amor suo ci siamo trasferiti qui, in questo paese dove però capita di rado di aver degli ospiti a cena. E soprattutto ad un certo punto Jason ha iniziato a lavorare spesso all'estero..
Eloise tentava di fare il minor rumore possibile con quel maledetto brodo. Le ombre della sera erano calate e fuori dalle finestre si intravvedevano poche luci nel paese semi disabitato. L'ansia le era tornata anche se non sapeva bene perché.
- Quando abbiamo avuto Lea è stata una festa, in tanti sono venuti a trovarci e ho preparato tante cene e tante feste. Adesso però è da molto che siamo qui da sole.. Vero Lea? Ti ricordi che belle cene che preparavo per tuo papà? Che feste, che cibi... Poi è partito alla ricerca di chissà che cosa e siamo rimaste entrambe tristi e sole, soprattutto nelle lunghe notti d'inverno.
La signora Medeline aveva gli occhi arrossati e guardava un punto fisso alle spalle di Eloise.
Le si vedeva in viso passare i ricordi felici alternati ai momenti bui, come quando su un grande prato si può vedere l'alternarsi di luce e ombre al passaggio delle nuvole.Poi si alzò e portandosi dietro la brodiera andò in cucina, mentre Lea guardava il suo piatto dove non aveva mangiato quasi niente, un po' pallida. Evidentemente non stava bene, sbocconcellava il pane e guardava nel vuoto.
- Pensa che Jason un paio d'anni fa ha voluto avere di nuovo un figlio e per un po' sembrava fosse tornata la pace fra di noi - disse portando un arrosto, tipo maialino da latte, con patate e arance. - Abbiamo avuto due gemelli e Jason ne era felice, sembrava proprio tornato l'uomo che avevo sposato.
Intanto la signora distribuiva le fette di carne con il contorno, innaffiandolo di abbondante sugo. Qui Eloise si impappinò perché di coltelli ce n'erano ancora troppi sul tavolo e anche Lea non sembrava volesse sceglier la posata, anzi si alzò e sparì dentro una porta.
- Povera Lea, sai che suo papà Jason è sparito per i suoi fantomatici lavori?! Dopo mesi finalmente settimana scorsa sarebbe dovuto tornare, ma invece ci ha fatto arrivare la lettera di un avvocato...
La signora Medeline aveva perso un po' del suo aplomb, e strappava la carne a brani, senza usare il coltello. Eloise era un po' stupita, e rimase con le posate in mano..
- Aaaah - si sentì urlare di là, ma la signora aveva afferrato l'intero arrosto e vi affondava la faccia in modo veramente cavernicolo... Eloise terrorizzata, si alzò facendo cadere la sedia e andò là dove l'urlo si continuava a sentire.
Entrò in cucina e c'era Lea con le mani sulla faccia... E sul tavolo della cucina i vestiti di due bambini, coperti di sangue, e nel forno due teste con gli occhi spalancati.
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Piccole storie ad alta tensione
HorrorDisclaimer: alcune di queste storie fanno paura o ribrezzo, orrore insomma, anche a me. Per cui dopo averle scritte mi sono accorto che per la mia sanità mentale non ho più voglia di leggerle ed editarle. Insomma, come la zucca in copertina: è nata...