Alessitimia

266 42 178
                                    

Lui quella mattina non era ancora un assassino, anzi per certi versi lo era anche troppo, ma non del tutto.

Come killer non sbagliava mai, lavorava al macello dove sparava ai maiali un colpo stordente, ma non era proprio un assassino perché gli animali perdevano solo i sensi e sarebbero morti dopo per dissanguamento per il taglio fatto da altri.

Ma la sua mente semplice non si perdeva in queste finezze filosofiche: sin da piccolo, orfano di contadini allevato abusivamente dai vicini come uno dei loro cani pastore, aveva sviluppato un senso della vita amorfo e senza affetti.

Quando prendeva le legnate era perché non aveva lavorato bene o forse perché i ragazzi più grandi si dovevano solo sfogare. Se gli toccava passare la sera a raccogliere il letame o stare col gregge fuori la notte era quasi una festa perché si evitava i calci e le sgridate.

Ma non avendo altri riferimenti non si stupiva del trattamento, aveva sviluppato una naturale facilità di ricevere botte, dispetti e disprezzo senza sofferenza. Dava per scontato che se sporcava con le sue mani lorde una camicia, il proprietario di questa potesse dargli un colpo di pala in testa.

Era naturale. Quando diventò grande e grosso grazie al lavoro continuo con uomini e bestie, nei campi o nelle stalle, cominciò a vedere che pur essendo lui un attrezzo e niente più per i suoi padroni, se faceva un viso duro o stringeva un pugno, di botte ne arrivavano sempre meno.

Aveva vissuto una vita così. Quando era diventato maggiorenne, un giorno dei carabinieri vennero e lo portarono via, ma lui non capì di cosa parlavano, del non essere stato adottato ufficialmente e del cosa fosse una scuola a cui avrebbero dovuto mandarlo.

Fu portato in una casa famiglia dove non riuscì ad integrarsi perché era gente di città e non c'era nulla che potesse fare: aveva una paura matta di venire picchiato perché era rimasto senza far niente e quindi dava di matto, usciva nel cortile e gridava di fargli vedere le stalle.

Gli trovarono una casa in campagna e lì trovò un equilibrio perché lo facevano lavorare con gli animali. Non era mai picchiato, ma in realtà era sempre un attrezzo e niente più.

Dopo qualche anno dovette lasciare anche quella casa in campagna perché fu scoperto che lo lasciavano a dormire nella stalla: riportato in città finalmente un impiegato più intelligente gli trovò un lavoro fra gli animali al macello, e una stanza in affitto in un caseggiato con altri personaggi soli.

Una cosa aveva imparato: guarda sempre negli occhi chi ti picchia o chi stai picchiando, e questo suo contatto gli permetteva di sparare in testa ai maiali dodici ore al giorno, uno dopo l'altro, senza un rimorso né un tentennamento.

Per lui il ciclo della vita rimase quello, dove se lavori mangi, altrimenti prendi botte e i rapporti sociali erano di un solo tipo: gli uomini lo comandavano, le bestie prima o poi morivano sotto le sue mani.

Ma un giorno, qualcosa dentro esplose. Purtroppo senza guida, senza esempi, senza storia, la cosa esplose facendo del male a tanti.

Una mattina, mentre andava al lavoro, sulla strada vide una ragazza a cui stava cadendo un libro.
Si fermò a raccoglierlo e poi avrebbe voluto chiamarla, ma lei era di spalle che proseguiva sulla strada. Rimase così fermo, con il libro in mano, mentre lei si stava allontanando.

Interdetto non era riuscito ad aprire bocca, non sapeva che parole avrebbe dovuto scegliere, l'intero evento era per lui di difficile collocazione nella sua esperienza.

Improvvisamente la ragazza si girò, e in pochi istanti sul suo bel viso si disegnarono emozioni di sorpresa per aver perso il libro, di paura perché non lo scorgeva a terra, stupore per averlo visto in sua mano e infine, mentre il cuore di lui batteva a mille, di gioiosa gratitudine guardandolo direttamente negli occhi.

Piccole storie ad alta tensioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora