Capitolo tre

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Alla festa la situazione non migliorò. C'erano moltissimi  figli di papà e altrettanti imbucati accorsi per godersi uno spicchio di vita mondana. Pam e Kia trovarono subito compagnia mentre io restai volutamente in disparte, troppo a disagio in mezzo a quella bolgia. Camminando tra le stanze e i corridoi dovetti ammettere che in quella casa qualcosa di bello in effetti c'era: i quadri. Tra riproduzioni perfette di Kandinskij, De Chirico, Picasso e Dalì, litografie numerate di gran valore e tele originali di autori del Novecento, quella casa sembrava un vero e proprio museo di pittura contemporanea. Un segno, l'ennesimo, delle notevoli possibilità economiche di quella famiglia. Quelle cornici divennero il mio punto di riferimento e passai il tempo a contemplarli, appassionata e interessata. Solo per un attimo il mio sguardo si posò su Emily che, fasciata in un microabito color argento, si atteggiava a gran diva. Lo scia- me di ragazzi che si trascinava dietro era più eloquente di mille parole.
Che stupida che ero stata! Come avevo potuto competere con una come lei? Mi resi conto solo in quel momento che se non fosse accaduto quel giorno, chissà per quanto mi sarei trascinata quella storia. Tutto sommato, forse, mi era andata bene così. E magari dovevo addirittura ringraziarla.
Era troppo, non ce la facevo più a stare lì. Cercare una via d'uscita in quella specie di labirinto non fu facile. A un certo punto vidi alcuni ospiti uscire da una porticina sul retro della casa. Li seguii e mi ritrovai nell'ampio giardino illuminato da candele, dove c'erano alcuni ragazzi e ragazze che, nonostante il freddo, nuotavano in piscina vestiti, completamente ubriachi.
Percorsi un vialetto di pietre che portava a un cancello di ferro battuto: un'uscita secondaria. Come feci per varcarla, però, mi sentii afferrare per un braccio. Mi voltai e rimasi allibita.
«Jessica! Sei proprio tu!». Avvampai in un nanosecondo. Era Tom Fox, naturalmente.
Tom Fox, il fumetto.
Tom Fox, il bastardo!
Lo squadrai dalla testa ai piedi: maledizione, era ancora più bello di come
me lo ricordavo. Adesso frequentava l'università a Edimburgo, dopo aver ri- nunciato a Londra per non allontanarsi troppo – dicevano i soliti informati – dalla madre rimasta sola dopo il divorzio.
«Allora, Jess come stai?» chiese sorridendo.
«Se vuoi fare conversazione hai sbagliato persona». Glaciale.
«Perché mi parli così? È un anno che mi eviti».
Fui preda di una rabbia improvvisa, tanto che avrei voluto prenderlo a schiaffi .
«Ottima osservazione! Peccato che non ti sia mai chiesto il perché!» replicai invece in tono acido. Poi decisi di andarmene. Tom Fox, il fumetto, mi aveva già ferito abbastanza: era ora di voltare pagina definitivamente. Mi allontanai lungo la strada.
«Si può sapere dove vai?».
«Il più possibile lontano da qui».
«Aspetta! Prima voglio che tu mi spieghi perché ce l'hai tanto con me!» ribatté, venendomi dietro.
«Vattene Tom, vai a goderti la festa, anzi la tua fidanzata!» gridai e infilai le mani nelle tasche del cappotto, allontanandomi. Lui mi raggiunse, mi superò e mi sbarrò la strada.
«Quale fidanzata? Di cosa stai parlando?» chiese con occhi gelidi.
<<Lascia perdere, è acqua passata!».
Tom mi afferrò per il braccio e me lo strinse, fissandomi con rabbia. «Allora, perché mi tratti così?» ringhiò.
«Io? Senti chi parla! E tu? Credi forse di essere stato leale verso di me? E ora lasciami, mi stai facendo male!».
«Non so di cosa stai parlando. Io non ho fatto niente per meritarmi questo trattamento. Voglio una spiegazione. Ora! Subito!».
«Tu?». Non credevo alle mie orecchie «Sono io che esigo una spiegazione!» replicai, riuscendo finalmente a svincolarmi. Poi gli rovesciai addosso tutto il mio dolore.
«Tu, lo sapevi! Lo sapevi che mi piacevi, e facevi pure il premuroso con me! Mille complimenti, gentilezze, quasi mi hai baciato, invece mi hai preso in giro e io, come un'idiota, ci sono cascata! Tutto mi aspettavo da te, ma mai che andavi a strusciarti come un verme accanto a Emily Taylor!».
«Ti piacevo?». La sua espressione era stupefatta. «Ma io non sapevo... ero sicuro che... che io non ti interessassi. Il bacio? Credevo fosse solo uno scherzo».
«Ero solo imbarazzata, stupido! E poi io non sono quel tipo di ragazza che bacia per scherzo».
Tom scoppiò a ridere. Io lo fissai allibita, pensando che di lì a un minuto l'avrei strangolato con le mie mani.
«Ma Jess! Con Emily c'è stato solo un bacio. E poi, tu, come hai fatto a saperlo?».
«Semplice: vi ho visto!».
Tom sembrava scioccato, poi sorrise.
«Capisco! Quello che non sai, però, è che poi la cosa è finita lì».
«Sì, come no?».
«Stupida!». Il suo tono ora era tornato serio. «A me lei non interessava. Il
fatto è che... beh, quella che mi piaceva eri tu».
«Mi stai prendendo in giro? Se fosse stato veramente così non saresti andato con
quella strega».
«Ma le cose stanno veramente così. Te lo posso dimostrare». Si avvicinò
pericolosamente al mio viso.
«Vattene!». Lo allontanai da me con una spinta, ma lui si rifece sotto. «Lascia che ti dimostri cosa penso veramente di te».
Arretravo disgustata mentre lui si avvicinava con uno strano ghigno sulle
labbra. Eravamo in una strada deserta, era tardi, la gente dormiva o era fuori a godersi il week-end. Improvvisamente fui travolta dalla paura. Il solo pensiero che mi sfiorasse mi faceva ribrezzo, così provai a scappare lungo il marciapiede. Lui, però, era più agile e più veloce di me. Dopo pochi metri mi raggiunse e mi costrinse a voltarmi. Ero terrorizzata. Iniziai a urlare e a scalciare.
«Sì, urla pure! Tanto non ti sente nessuno. Ti voglio Jess, ora» mi sibilò all'orecchio.
Mi scaraventò a terra: per la seconda volta in pochi giorni mi ritrovai distesa sull'asfalto. Tom, con un'espressione stravolta, si accavallò sopra di me, mentre io mi divincolavo senza successo.
Poi, però, accadde il miracolo.

L'amore, finalmente - le prime peripezie di Jessica Stuart -Where stories live. Discover now