~Capitolo 5~

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La sera caló, in Giappone, solitamente, le notti sono molto luminose dai palazzi che emulano quelli americani di New York. Ma, nelle parti più isolate da quel clima urbano, c'è solamente una lanterna, delle candele, e, se si è fortunati, la corrente elettrica. Kiku possedeva la corrente elettrica, ma non ne usufruiva chissà quanta, se non per cucinare, lavarsi o riscaldare qualcosa. Per il resto preferiva vivere modestamente senza fare uso di energia inutile. Un tipo molto all'antica nonostante la giovane età;
In ogni caso, ad illuminare la porta c'era solo una lanterna rivestita di carta bordeaux, illuminava quanto bastava ad essere scorta da qualche passante. Giusto quello che gli serviva per permettere ad Alfred di ritrovare la casetta. Erano le otto, constato Kiku controllando l'orologio con fare preoccupato. Essendo già di suo un tipo paranoico, la si può immaginare la preoccupazione nei confronti dell'amico americano, il quale ancora non capiva dove fosse, se fosse ancora nel bosco, se fosse "sopravvissuto", nulla. E non sapendo nulla, non poteva che accrescere le sue paranoie e molti altri film mentali tragici;
Improvvisamente, in lontananza, aguzzando lo sguardo, notò che si stavano avvicinando due figure: una era quella di Alfred, riconoscibile da quello splendido sorriso da ebete sempre stampato sulle labbra(gli occhiali stranamente si trovavano sul suo volto, e si sa che non era solito a portarli).
Kiku felice e sollevato levó un sorriso e corse incontro all'americano urlando <<Alfred!>>
L'americano rispose <<Kiku!>> con altrettanta felicità, susseguendosi.
<<Alfred!>>
<<Kiku!>>
<<Alfred!>>
<<Kiku!>>
<<Chi è Kiku?>> si fece avanti una voce estranea a Kiku, ovvero quella di Arthur che sbucó dalla schiena del ragazzone interrogativo.
Kiku frenó improvvisamente e osservò lo strano ragazzo dalle orecchie feline e gli abiti giapponesi di antichi tempi or sono.
<<Oh già, dimenticavo di presentarvi>> si scusó l'americano, e si mise ad albitro tra i due tenendo le loro braccia con le sue mani <<Dato che l'hai chiesto prima tu, Arthur questo è Kiku, Kiku questo è Arthur>> presentó i due guardandoli gioioso, ma aveva notato che i due si stavano guardando alquanto stupiti ed impassibili.
D'un tratto entrambi, contemporaneamente si chinarono e dissero <<Piacere di conoscervi>>
Sorpresi dagli inaspettati gesti identici si guardarono sorpresi.

All'interno della casa, i due, continuavano a guardarsi come poco prima, trovandosi seduti al tavolo l'uno di fronte all'altro. Ovviamente, Alfred, si trovava ancora come terzo incomodo ad osservare, disagiato, la scena.
Decise dunque di interrompere quel silenzio.
<<Beh...Non avete nulla da raccontarvi?>>
I due si voltarono lentamente verso il ragazzone, senza dire nulla, rendendolo ancora più disagiato.
<<Ecco...io...ehehe>> ballettó sudando freddo.
<< voi dovete spiegarmi molte cose Alfred>> disse Kiku quasi con tono lugubre.
<<Anche a me>> si aggiunse allo stesso modo Arthur.
<<Spiegarvi cosa ragazzi? Tu sei mio amico, tu sei uno yokai...Non credo ci sia tanto da spiegar->>
<<Uno yokai!?>>esclamò improvvisamente Kiku facendo sobbalzare i due biondi.
<<Si Kiku, uno yokai.>> ripeté Alfred.
<<Cielo! Non ci posso credere un vero yokai in casa mia è una cosa eclatante! Una data storica!>>cominciò a sclerare come se un personaggio dei suoi manga fosse uscito fuori dalle pagine e fosse proprio di fronte a lui. Si inginocchiò accanto al ragazzo-gatto e gli prese la mano guardandolo dritto negli occhi quasi illuminati, chiedendogli quasi come preghiera elogiatrice <<Vi prego signor yokai Arthur, ditemi tutto su di voi, siete così meraviglioso>> mentre l'altro sembrava chiedersi che diamine avesse il giapponese. Poi ne fu troppo lusingato e guardò altrove per non farsi notare, mentre aveva un sorriso beffardo <<Modestamente posso vantarmi di essere una creatura molto affascinante, ho grandi riflessi e sono, inoltre, molto->>
<<Mi spiega quante razze di yokai ci sono? O siete un'unica specie?>>
<<Ecco io-...>>
Il giapponese si fece troppo vicino.
<<E quali sono le vostre abilità? E->>
<<Va bene Kiku, calma i bollenti spiriti>> disse Alfred prendendo il ragazzo sotto le spalle e trascinandolo via da quell'Arthur abbastanza stranito, ma Kiku sembrava persistere troppo nelle domande e non chiudeva la bocca.
<<calmo, calmo,...>>ripete in fine Alfred poggiandolo atterra e accarezzandogli la testa, nemmeno fosse stato un animale. Intanto Arthur continuava a non capire nulla di quanto stava succedendo-la sua espressione accigliata confermava il suo stato d'animo-. Pertanto rispose un secco ed interrogativo  <<Ok (?)>>

Ben presto arrivò anche il momento di andare a coricarsi, ma Kiku, non avendo altre stanze disponibili apparte quella degli ospiti occupata, naturalmente, da Alfred, fece la fatidica domanda ai due <<Dove dormirà Arthur? Io non ho altre stanze>>
Il ragazzo-gatto rimase per un attimo inerme, senza sapere che dire o fare, non si aspettava di certo il carico intervento di Alfred  <<Dorme con me a questo punto!>>
<<Sicuro Alfred?>>
<<Te lo dico io, non può essere più che ovvio?>>
<<C-Come volete allora>> alzò le mani Kiku in segno di neutralità.
E senza rimuginarci sopra, il ragazzo-gatto e quello americano, si ritrovarono dentro lo stesso sacco a pelo. Arthur aveva gli occhi chiusi, e sperava di riuscire a dormire, anche se nemmeno da addormentato pareva rilassare i muscoli facciali. Una cosa gli stava impedendo di dormire: lo sguardo acceso di "allegria" di Alfred. Non capiva se fosse felice, o se da un momento all'altro fosse esploso.
<<Ti dispiace?>> disse con tono duro Arthur.
<<Hm? Cosa?>> domandò Alfred spegnendo quello sguardo e sostituirlo con uno diverso...ma pur sempre troppo adorabile.
<<Guardarmi con quello sguardo idiota, e lo starmi così appiccicato, grazie>> rispose, dopodiché si risistemó come prima cercando di riposare, nella speranza di essere stato ascoltato.
<<quale stupido sguardo scusa? Ti sembro stupido? Guarda che posso fare di meglio!>>
<<Non ne dubito, ma starei cercando di dormire, quindi, se permetti>> disse con tono altezzoso.
<<Ma-!...>> Alfred non seppe che dire e si coprì il muso con la coperta del sacco a pelo, e dispiaciuto guaí uno scusami da sotto le coperte come per intenerirlo.
<<Di nulla, ora dormi per favore>> disse retorico Arthur quasi come richiesta. Non era un tipo molto paziente, avrebbe sgridato Alfred in un battibaleno, e non se lo sarebbe perdonato, ma, quel ragazzone davvero gli stava togliendo quel po' di residuo di pazienza che gli rimaneva dopo neanche poche ore che si erano rincontrarti. Avrebbe voluto essere più dolce verso l'americano, ma il suo carattere orgoglioso e scorbutico-che odiava con tutto il cuore-, glielo impediva alla grande.
Non riusciva a dormire, così istintivamente aprì gli occhi e cominciò a guardare il soffitto. Si sentiva strano, per una volta dormiva sicuro da qualche predatore, e non era né sull'erboso, né sul roccioso, ma sul morbido di un cuscino caldo. O era Arthur ad essere caldo? E perché? Perché si sentiva felice, anche negandolo, di stare, letteralmente, accanto ad Alfred? Si girò verso il ragazzone, ancora, deciso a non chiudere occhio.
Alfred alzò gli occhi a guardarlo.
<<Qualcosa non va?>> chiese flebile.
Arthur fece cenno di no con la testa e rigiró il volto come prima, esasperato e pensieroso. Voleva evitare quello sguardo, quello di Alfred, non gli garbava affatto l'effetto che esercitava su di lui. Maledetto. Pensó.
<<Sicuro Arthur?>>ribatté.
<<Ti ho detto di si!>> urlò a bassa voce per non svegliare il giapponese e per non passare per il nervoso di turno. Non voleva disturbare nessuno per problemi propri, anche perché il giapponese gli sembrava più cortese di quanto si fosse aspettato.
<<Mh...ok, buonanotte>> rispose Alfred poco convinto del tono del ragazzo-gatto dalle orecchie abbassate e tese.
Per un momento ad Arthur dispiaccue che l'americano non insistette. Tentò di non pensarci ma era un desiderio che si faceva strada in lui, quello di stare sotto la sua stretta attenzione, come se fosse l'unico modo per ripagare l'affetto trascurato. Pensando a tutto quel tempo passato da solo, gli rincuorava molto. Spendeva il tempo a spaventare chiunque vi si addentrasse che non fosse Alfred. Riusciva a percepire quel suo aroma floreale e virile allo stesso tempo, un profumo forte ma sensuale, come se dai suoi pori espurgasse un odore apposito. Anche in quel momento lo fiutava, si sentiva sopratutto sul suo petto e sotto le ascelle. Di sottecchi, Arthur controlló che il ragazzone fosse caduto in un paralizzante sonno, e, dopo essersi accertato, scoprì di poco la coperta del sacco a pelo, e cominciò delicatamente ad annusare. Mai prima d'ora aveva odorato tale profumo che lo attraesse e ammaliasse. Chissà come faceva ad avere quell'odore, si chiedeva Arthur. E prima che potesse interrompere il, probabile, beato sonno dell'amico, si ritirò nel proprio angolo, tentando di prendere sonno anche lui. Dopo qualche silenziosa fusa che era solito a fare, come ogni felino o mezzo di questo mondo, chiuse le palpebre dopo aver lanciato un'ennesima occhiata ad Alfred, per poi sorridere, pensando all'indomani e a quando l'avrebbe visto di prima mattina. Lo rendeva felice riaverlo accanto a lui. Troppo felice. Lo poteva vedere in tutta la sua allegria, in riposo, il suo sguardo marittimo, e la simpatia ineguagliabile.
Notte Alfred. 

_angolo autrice_

Troppo corto? O.o
Vedrò di rimediare :3

Americano x YokaiWhere stories live. Discover now