XXVII.

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L'amore è una cosa giusta, sono le persone che diventiamo a non esserlo.
Antonio Dikele Distefano


Era autunno, e quel sabato sera un piovasco freddo annebbiava Salsomaggiore Terme, un comune in provincia di Parma. In giornate simili, la nostra città si spegneva. Sembrava che avessero prosciugato tutte le forze ai cittadini di questo piccolo comune romagnolo. Il cielo si tingeva di grigio, e tutto cadeva in un profondo silenzio. Tutti i colori e la vitalità venivano risucchiati via. Erano quelle giornate inutili, che non servono a nessuno, perché non piacciono. Io le odiavo. Restavo fermo a guardare il cielo con aria disgustata, e dopo minuti interi di contemplazione, me ne uscivo con un "Mah" abbastanza disgustato.

Era venerdì, e io avevo vent'anni. Quella mattina m'ero levato dal letto tutto gioioso, perché sarei uscito a divertirmi quella stessa sera, ma il mio umore felice s'era smorzato nel vedere il colore insignificante del cielo. Con la tenda stretta nel pugno, le mie sopracciglia si erano corrugate in una smorfia triste. Sarebbe piovuto, e non ne avevo molta voglia.

Comunque, non potevo farci poi tanto. E così, borbottando insulti al cielo, me ne andai a lavorare, sperando e pregando in un miglioramento della giornata. Ma una volta uscito dal lavoro, alle sette di sera, m'accorsi che schifo era e schifo era rimasto, e mi rattristai. L'idea di uscire quella sera con la pioggia non mi entusiasmava affatto, ma non aveva nemmeno senso restare chiuso in casa a far nulla. E poi dovevo uscire con Benita, la ragazza che a quei tempi mi piaceva. Erano più i pro che mi muovevano che i contro.

Così, mi vestii bene e me ne andai alla prima discoteca di Salsomaggiore Terme. Eravamo nel 1982, e la gioventù di quegl'anni si ribellava agli adulti. Nascevano e si diffondevano nuove droghe, nuove canzoni e nuovi modi di vestirsi, e la tanto rinomata pace degli anni settanta veniva ricoperta da caos e ribelli. Erano gli anni migliori mai visti, gli anni dei miti e dei ricordi. L'anno in cui Michael Jackson ha debuttato con l'album Thriller, in cui Grace Kelly è morta e in Libano comincia la guerra civile. Erano gli anni dell'edonismo, voglia di affermarsi e di apparire a tutti i costi, in cui l'apparenza contava di più della sostanza. Divertirsi contava più di vivere. Per il divertimento, si rischiava la pelle.

Arrivai davanti alla discoteca alle dieci e venti, e vidi subito Benita. Era davanti alla porta insieme ai nostri amici, avvolti in una nuvola di fumo denso. Stretto nel mio giubotto di jeans, mi avvicinai a loro, e li salutai tutti. Eravamo un gruppo di tardi adolescenti, tre ragazze e cinque maschi, che avevano più gel nei capelli che responsabilità sulle spalle. Lei mi guardò coi suoi occhi scuri, e le baciai la guancia.

Benita Bocchi non era né più bella né pià brutta delle altre ragazze della città. Aveva il viso bianco e ricoperto da trucco, gli occhi mori e i capelli lisci, confusi e pieni di colori, tirati su in un'acconciatura assurda. Era alta, con le gambe slanciate e il sedere sodo; indossava una salopette nera risvoltata fin sopra la caviglia, una maglietta larga bianca e degli scarponcini scuri con i lacci slegati. Fra le labbra aveva un chupa chupa alle more, che le colorava la lingua di un rosato più scuro, e ricordo che mi venne voglia di baciarla guardandola così impegnata a godersi il dolcetto. In quegli anni, ero completamente preso da lei, e ora al ricordo sorrido, perché il mio amore era un completo buco nell'acqua.

Guardai in quel momento Giuseppe, un mio caro amico, e gli sorrisi in risposta. È, forse, il ragazzo più pazzo e incosciente che abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. Non ci vediamo da anni, ma sono sicuro che, come me, non ha fatto una bella fine. Lui si alzò dal cornicione del muro e mi venne incontro di qualche passo, le mani infilate nelle tasche del giubottino di jeans e pelliccia. Con la testa mi indicò un punto lontano, e ci avviammo più in là. Camminava ondeggiando le anche e quasi saltellando, come i ragazzi nei film, e io facevo lo stesso, perché alle ragazze piaceva. Ci credevamo divi, e invece eravamo solo dei mezzi falliti.

Le sfumature dell'amore||One-ShotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora