Bellezza Grossolana. Bellezza Autentica.

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Ne trovai una bionda e sinuosa, dalla bellezza grossolana, dalle labbra tumide di chirurgia estetica. Il contatto dei corpi e il sudore e la coordinazione insubbugliavano gli ormoni, stimolavano i sensi, che divenivano incandescenti. In alcuni fotogrammi potevo giurare che i margini della sua bocca determinassero dei sorrisetti, che furono per me come piacevolissimo riscontro dell'attrazione sessuale da parte sua. Gli occhi, poi, erano eloquenti; tutt'altro che timorosi. Procaci, direi anzi. Lei tutta era colma di smorfiosa lascivia. A un certo punto, però, scostai (fui costretto a scostare) lo sguardo dal mio passatempo. Lei entrava, coi fendenti sinuosi; le altre si scostavano con verecondia. La vista di una bellezza del genere produceva affanni del cuore per settimane a venire. Da quel momento in poi, il mio cuore iniziò a battere per Lei. Ma come potevo pretendere che Lei auscultasse proprio il mio cuore? Con tutto quel frastuono, poi! Appena iniziò a danzare, giovani arditi Le si paravano innanzi, come in un rito d'accoppiamento. Uno più sfrontato e forte degli altri e tronfio d'amor proprio Le sgusciò davanti e dietro ripetutamente, opprimendo ulteriormente l'aria combusta da carnaio umano. Gli occhi ombreggiati di Lei per un attimo, un solo attimo, mi parvero chiudersi consenzienti, e il corpo Suo sciogliersi con sensualità fumante fra le braccia gonfie di un pretendente senza un minimo di tatto, traboccante d'orgoglio per la femmina uncinata. I due si univano in movimenti sincroni. Sentii il sangue ribollire. L'armonia sincrona che poco prima pulsava endovena svanì per via dell'alterazione emozionale. Tenni lo sguardo basso e uscii barcamenandomi nel tugurio umano. Certe cose non riuscivo proprio a sopportarle. La bionda la lasciai lì, senza concluder nulla; in ogni caso non avrebbe avuto problemi a rimpiazzarmi; le sue procaci oscillazioni del bacino avrebbero prestamente attratto qualcun altro. Di fuori mi spallai al muro, pensando la maggior parte del tempo a non pensare a Lei. La goffa sfrontatezza di quegli omaccioni mi mandava fuori di testa; restando, avrei potuto commettere qualche sproposito.
Guardai a lungo le coppiette accese d'amore che si godevano la serata e dedicavano la maggior parte della serata all'esplorazione per via linguale del canale oro - faringeo. Ovunque scostassi lo sguardo. Poco distante c'era avvinghiata una coppietta davvero focosa. Il ragazzo vampirescamente leccava la giugulare di una fanciulla, che curvava come un arco e stravolgeva gli occhi, spalancava la bocca come in preda all'estasi, ubriaca di baci. Io mi scostai un po'. Quando poi chiudevo gli occhi, rivedevo Lei. Bellissima, davvero bellissima... A volte la contemplazione della Sua bellezza mi vinceva, e sentivo che dovevo incontrarLa, in un modo o nell'altro. Poi però tornavo sui miei passi. Quella dell'"amare e non esser riamato" era una prospettiva che non riuscivo a sopportare. Eppure non c'era nulla di strano. Ne avevo rifiutate tante, di spasimanti, prima d'allora. Perché avrei dovuto pretendere a mia volta di essere amato da Lei? Non potevo certo sostenere che l'amore di Lei mi fosse dovuto. Non potevo vantare nessuna qualità sovrumana. Non ero speciale. Non avrei potuto lamentar nulla se avesse scelto un altro. È sciocco chiedersi: "Cos'ha lui che io non ho?". Ci si dovrebbe chiedere: "Cos'è lui che io non sono?". L'amore segue dinamiche imprevedibili. È inutile fare confronti di sorta. Insomma, nel caso, non avrei potuto far altro che rassegnarmi. Poi però mi rinvenne una cosuccia che Madre mi ripeteva spesso: è solo quando si smette di sperare, che il Destino ci sorprende positivamente. Insomma, rassegnarsi poteva essere il primo passo per averLa? Risi della mia ingenuità. Decisi di finirla di elucubrare tristezza. Decisi che per me fosse ora di andare. Agli altri avrei detto di un imprevisto. Mi slanciai via dal muro e precipitai i miei passi, deciso a defilarmi, quando sentii dei polpastrelli levissimi sul braccio che m'invitavano cortesi a voltarmi. E vidi Lei. Rovesciava su di me la luce gelida dei Suoi occhi, che mi tramortivano il cuore e la voluntas. Cristallini e sottili. Le labbra zuccherine lucevano. Mi chiese con un sorriso e rassicurante nonchalance se avessi da accendere. Rimasi basito per un bel po', stordito dalla sorpresa, inabile a pensare per via del crepitio d'emozioni che mi bruciava il cervello.

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