Il giorno seguente decido di andarci, a scuola. Di affrontare tutti i loro sguardi incazzati, invidiosi, esageratamente cattivi. Li affronto tutti e li ricambio. Sorrido, però. Non glie lo faccio capire quanto li odio, a quelli la, non se lo meritano. Sorrido gentilmente, a qualcuno sussurro un ciao, ad altri faccio un cenno col capo. Mi sento il capo della scuola io, insieme a Stan e Paul, quando passiamo per i corridoi. Mi sento come il preside: tutti lo odiano, ma lo rispettano. Il preside è gentile con tutti, anche se il 90% di noi non li può vedere. Ma deve fare finta, proprio come me.
Ma quella dove va? Come si fa ad uscire con quella gonna? Dio, non ha proprio pudore...
E voi non avete personalità, vorrei rispondergli, ma glie lo faccio capire. Le persone lo fanno spesso, si sa, giudicano senza sapere, e quando sanno stanno in silenzio. Come chi lancia il sasso e nasconde la mano. Io, almeno, se lancio il sasso, la mano la agito in aria per farla vedere.
Uno, due, uno, due, uno, due...
Il rumore dei miei passi crea un ritmo che si trasforma in una sinfonia e cerco di restargli fedele, di continuare a muovermi allo stesso modo.
- Scusa, - dico con noncuranza quando inciampo su un ragazzo, persa nei miei passi,
- Lacey! - senza accorgermi che il ragazzo è Nick. Nick sta in piedi di fronte al suo armadietto, esattamente due armadietti più in là del mio.
- Davvero è questo il tuo armadietto? - gli chiedo con voce scherzosa.
- Già. - ammette, - e... Immagino che il tuo sia vicino. Cioè, non è che lo immagino proprio, è che lo so. Ti vedo sempre, sai, quando prendi le cose al tuo armadietto, ma tu non mi hai mai visto, immagino. -
- No, devo ammetterlo. Ma è una bella sorpresa, sai? Almeno c'è qualcuno che non odio nel raggio del mio armadietto. - ridiamo insieme.
- Ti va di pranzare con me? Ci sono anche Stan e Paul - gli propongo, capendo che è solo, che fino ad ora non aveva nessuno con cui pranzare.
- C... Certo, volentieri. -
- Ci vediamo qui, allora? A ora di pranzo, dico - Faccio io.
- Perché non a mensa? -
- Perché noi non pranziamo a mensa. -Alle 13 spaccate Nick è di fronte al mio armadietto e sta sistemando le maniche del suo maglione verde. Quando arrivo, nella mia minigonna scura, mi sento per la prima volta a disagio. Non mi è mai capitato di sentirmi a disagio nei miei panni, ma di fronte a Nick è diverso. Non c'è una ragione ben precisa. Così mi avvicino e lui non si accorge ancora che sono arrivata, tutto preso dal suo maglione. Lo afferro delicatamente per il polso, lui mi guarda e fa scivolare il polso fino a prendermi la mano. La guarda, la accarezza.
- È bollente. - mi dice.
- La tua, invece, è gelida. - gli dico.
E ci avviamo, lasciandoci le mani, entrambi persuasi da un brivido lungo la schiena, il collo, il petto.
- Ma insomma, dove pranzate? -
- Da McDonald's. -
- C'è un McDonald's in questa scuola? -
- Ovvio che no. Le nostre lezioni finiscono un po' prima. - sorrido maliziosa. Scavalchiamo il cancello sul retro, che non è mai sorvegliato da nessuno, e siamo sulla strada. Liberi, finalmente, liberi come non mai. Incontriamo Stan e Paul che sono già lì, fuori dal recinto ad aspettarci. Stan ci guarda e sorride ad entrambi, Paul guarda lui, poi guarda me. Allora, sorride.
Mentre camminiamo mi accosto a Paul e gli sussurro nell'orecchio. - Smettila, non c'è nulla di cui esser felici -
- Ma andiamo, Lace, non essere bugiarda con me! Si vede a un miglio di distanza che c'è intesa. -
- Sai benissimo che non sono interessata a nessuno. Né tantomeno a Nick. - così dicendo mi allontano e lui continua a sorridere. Vado vicino a Nick, che muore di freddo. Lo prendo sottobraccio, e poggio la testa sulla sua spalla.
- Va meglio? - gli chiedo.
- Direi di sì. -Dopo pranzo accompagno tutti a casa in macchina, Nick, che è quello nuovo, lo porto per ultimo. Dopo aver passato mezz'ora a capire dove fosse casa sua e come arrivarci in macchina, ce l'abbiamo fatta. Mi trovo così di fronte un portone gigante, in legno leggermente colorato. Siamo ancora in macchina e ci guardiamo senza dire una parola. Se fosse un altro mi bacerebbe, adesso, se tra noi ci fosse più di un'amicizia.
- Vuoi salire a bere un tè? - mi propone. Merda. Lo dice senza staccarmi gli occhi di dosso. Merda.
- S... Si, certo, grazie - rispondo. Merda. Siamo solo amici, mi dico. Lo conosco appena.
Saliamo le scale parlando delle pareti per non parlare dei nostri sentimenti. Evitiamo ogni contatto per non cadere nella trappola. Siamo solo amici.
Il tè lo prendiamo in mansarda seduti su un pavimento in legno, a guardare da una finestrella con vista sulla città. La finestra filtra la luce e illumina la stanza, la illumina poco, debole.
- Ti piacciono gli Smiths? - mi chiede lui a un certo punto.
- Li adoro, gli Smiths. -
Si alza e prende un piccolo stereo, antichissimo, di quelli con le cassette.
- Contiene solo un brano, - mi dice mostrandomi la cassetta.
- E perché? -
- È il mio preferito, meritava un trattamento diverso. - inserisce e spinge play."Sing me to sleep
Sing me to sleep
I'm tired and I
I want to go to bed
Sing me to sleep
Sing me to sleep
And then leave me alone
Don't try to wake me in the morning
'Cause I will be gone
Don't feel bad for me
I want you to know
Deep in the cell of my heart
I will feel so glad to go
Sing me to sleep
Sing me to sleep
I don't want to wake up
On my own anymore..."Ci stendiamo sul pavimento senza dire una parola, e Nick segue la canzone alla lettera. Mi guarda negli occhi e canticchia la canzone sorridendo, finché non mi addormento. Mi sveglio la sera con la testa poggiata sul suo petto e una coperta che mi copre tutta. Lui è sveglio e guarda me, poi il soffitto, poi di nuovo me.
- Mi sono addormentata, che stupida... - dico in modo scherzoso.
- No, l'ho fatto anch'io... Devo ammetterlo, ti ho guardata un po' dormire prima di addormentarmi, ma ne è valsa la pena. -
- Perché? -
- Dormivi così beata... Mi hai fatto pensare... Mi hai fatto pensare a quanto sia breve la nostra vita, che ogni respiro è prezioso. E che tu dai loro il giusto valore, persino mentre dormi. Così ti ho dato un bacio sulla fronte e la buonanotte, ti ho messo una coperta e mi sono steso un po' distante da te, per non disturbarti. Ma ti ho ritrovata sul mio petto, e non ti avrei svegliata per alcun motivo al mondo. -
Merda.
STAI LEGGENDO
The beatitude of Love.
Ficção AdolescenteLacey ha una storia complessa che racconta solo a pochi. Non sa amare, è rimasta delusa da tutti, compresa sua madre. L'unico di cui si fida ancora è suo fratello Dan, insieme ai suoi amici Stan e Paul. Ma poi, grazie a una bottiglia di vodka, conos...