CAPITOLO 6 || il garofano di Francesca

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Era passata una settimana senza che i ragazzi avessero alcun tipo di contatto con Jack, oramai non sapevano più nulla di lui, un po' gli dispiaceva, ma le acque dovevano ancora calmarsi del tutto. Loro tre andavano ancora alla Base e in quei sette giorni nulla era ancora accaduto, sembrava quasi venissero attaccati solo quando abbassavano la guardia.

Mentre invece Jack era stato rilasciato dall'ospedale anche se stava continuamente nel letto per volere della madre, si sentiva come malato di una malattia incurabile anche se il massimo che aveva era vomito e tosse. Nascondeva il fatto che tra quel vomito e quella tosse c'era sempre un po' di sangue. E comunque aveva continuato ad andare dello psicologo ogni giorno alla stessa ora e pian piano si stava aprendo raccontando avvenimenti che Lombardi segnava su un libretto, a cosa servisse l'avrebbe voluto sapere ma non domandò mai.

Era una fredda notte di giugno, ormai la scuola era finita ed erano iniziate le vacanze, e stava diluviando, tirava un forte vento e insieme alla pioggia cadevano piccoli proiettili di grandine.

Mattia era pronto per la notte, guardò fuori dalla finestra la pioggia che cadeva sul terreno o scivolava sul vetro, avrebbe dovuto chiudere le ante, non era di certo un bel tempo per tenerle aperte; quindi si diresse verso essa e la spalancò. Un vento freddo lo travolse insieme all'acqua, strizzò gli occhi e tentò di chiudere le ante, ma una mano lo bloccò; col buio e con la pioggia non riuscì a capire di chi si trattava.

La figura fece irruzione nella sua camera lasciando sulla scrivania qualcosa che pareva tanto un pacco dalla forma.

Mattia chiuse la finestra senza più badare alle ante e si girò verso la figura che proruppe nella sua stanza. Si asciugò la faccia con le maniche del pigiama, alcuni ciuffi di capelli gocciolavano acqua piovana che scivolava sulla fronte.

L'uomo era messo peggio, dava le spalle al ragazzo e la sua felpa gialla era fradicia e gocce cadevano da essa andandosi a infrangere sul pavimento, anche le sue mani nascoste in guanti di pelle non erano da meno. Sotto di lui si era creata una pozzanghera.

Mattia si avvicinò cautamente a piccoli passi, l'aveva riconosciuto.

- Hoodie? - sussurrò il ragazzo a sé stesso sperando che l'altro non sentisse.

Ma l'uomo si girò di scatto non appena sentì quel nome e rise lievemente.

- Come? - sussurrò di rimando con un sorriso.

Il ragazzo si era bloccato immediatamente, era spaventato. Ma Hoodie non aveva nessuna cattiva intenzione, lasciato il pacco voleva andarsene.

- Che cosa vuoi? - chiese a un certo punto Mattia freddo.

Hoodie corrugò la fronte alzando lo sguardo, si fingeva pensieroso.

- Ti ho lasciato un regalo... una specie... non è un regalo. - disse infine.

- Cosa c'è dentro? - chiese il ragazzo assumendo uno sguardo poco convinto.

- Non ti fidi di me? - fu la risposta.

L'uomo si avvicinò alla finestra passando accanto a Mattia.

- Hoodie... - ridacchiò in un sussurro vicino al suo orecchio. - Che fantasia! -

Poi aprì la finestra e si calò giù inoltrandosi nella fitta pioggia mista a grandine.

Mattia chiuse subito la finestra strofinandosi gli occhi. Lo sguardo gli cadde sul pacco, cosa conteneva?

Si avvicinò lentamente, insicuro. L'afferrò cercando di capire di cosa si trattava in base al peso. Era molto leggero, pareva vuoto. Cautamente e con la mano che iniziava a tremare scartò l'involucro marroncino umidiccio per via delle intemperie a cui era stato sottoposto per arrivare nelle mani di Mattia. Dentro ci trovò un foglio di carta che riportava la scritta "LEAVE ME ALONE" in una pessima calligrafia che pareva irrequieta e la parola "ALONE" era persino evidenziata. Significava letteralmente "lasciami stare" e pareva proprio un invito a non fare una certa determinata azione. Vedendo la scritta in inglese e presupponendo che fosse stata opera di Hoodie, ipotizzò che quest'ultimo fosse appunto inglese o americano.

il viaggio dei Proxy in EuropaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora