CAPITOLO 9 || Domino

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Essendo che la famiglia Franchi abitava in un altro paesino, anche abbastanza lontano, l'unico modo che aveva Giacomo per raggiungere i suoi amici era con la corriera; e questa cosa andava avanti per ormai una settimana più che abbondante.

Comunque sia, la famiglia in cui era capitato era davvero molto strana. I genitori ancora storcevano il naso quando vedevano Schrödinger, non gli piacciono i gatti probabilmente? si diceva Giacomo. Nonostante questo a Schrödinger le era stato concesso di vivere nella famiglia, soprattutto perché Giacomo non avrebbe mai permesso che gli fosse portata via.

Un'altra cosa che lo stranì era il comportamento esageratamente protettivo dei genitori e le loro bizzarre fobie. Infatti a loro non piaceva molto l'idea che Giacomo per incontrare i suoi amici dovesse prendere la corriera, la ritenevano pericolosa, un po' come tutti i mezzi di trasporto d'altronde, persino la bicicletta.


Era un sabato di inizio luglio e Giacomo si trovava alla fermata aspettando la corriera. Faceva molto caldo, ma nonostante tutto, indossava sempre il suo bernie di lana nero a cui era molto affezionato. Guardò l'orologio, mancavano pochi minuti all'arrivo della corriera; fu in quel momento che qualcuno lo raggiunse, era Ettore con la sua solita tenuta da meccanico.

- Che ci fai qua? Tornatene a casa. - disse subito Giacomo.

- No! Voglio venire con te. - brontolò il bambino.

- No, sparisci. - la corriera arrivò mentre lo diceva. - Non hai nemmeno il biglietto. - commentò salendo.

Ettore lo seguì.

- Certo che ce l'ho. - disse infine tentando inutilmente di inserirlo nella macchinetta per convalidarlo. Non riusciva a centrare il buco.

Jack sbuffò alzando lo sguardo e convalidò il biglietto al posto suo.

- Sei già una palla al piede. - mormorò poi.

La corriera partì ed Ettore corse a prendere i posti in fondo, a parte qualche vecchietta ai primi posti, il veicolo era vuoto.

Giacomo si sedette vicino alla finestra ed Ettore affianco a lui.

- Come fai ad avere degli amici? Sei così cattivo che nessuno ti vorrebbe come amico. - commentò aspramente il bambino.

- Non lo so. - nel suo tono di voce si poteva sentire un velo di tristezza.

Finalmente arrivarono a casa di Geremy, era infatti lì che i ragazzi si erano dati appuntamento. Quando però Giacomo stava per suonare al citofono, Ettore cominciò a lamentarsi.

- Ho cambiato idea. Voglio tornare a casa. -

- Cosa!? Stai scherzando! - esclamò Giacomo.

Il bambino scosse la testa e cominciò a battere i piedi piagnucolando. Jack non ci fece molto caso e si fece aprire dalla mamma di Geremy, una donna sui quarant'anni dai capelli ricci e bruni come gli occhi, che tra le mani aveva un vassoio con quattro bicchieri di limonata. Lo invitò ad entrare, e Giacomo dovette sollevare di peso Ettore che ancora si ostinava a voler tornare a casa. Andò in taverna, dov'era sicuro si trovassero i suoi amici, che già avevano cominciato una discussione.

Filippo non era ancora arrivato e sul divano c'erano Mattia e Geremy che tranquillamente parlavano. Mattia si alzò e si diresse verso la parete davanti al divano, lì si trovava una lavagna appesa al muro che riportava una serie di fogli di giornale e di disegni, quella parete era stata trasformata in una ricerca, ogni volta che si scopriva qualcosa di nuovo sugli assassini che si incontravano alla Base, veniva tutto attaccato alla lavagna sperando che un giorno si sarebbe arrivati a una conclusione.

il viaggio dei Proxy in EuropaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora