Rimasi stupito nel trovarmi davanti Allison e non esitai nell'abbracciarla calorosamente.
-Nonostante le circostanze, è bello rivederti.- borbottai, accarezzandola sulla schiena. -Si può dire che mi sei mancata da morire!-
Al che lei scoppiò in una fragorosa risata. -Assurdo, sei sarcastico persino da morto.-
-Ah, l'ironia è sottovalutata.- la lasciai andare e lei mi condusse verso il bosco.
-Ho visto tutto. Mi dispiace tanto per come ti ha ucciso.- capii che era sincera, ma io non avevo niente da dire.
Sentivo ancora su di me il corpo di Theo che grondava di sudore, le sue mani che mi palpavano sotto la maglietta e dentro i jeans, il dolore mentale e fisico che avevo provato...
Mi aveva portato via tutto.
-Che posto è questo?- domandai senza accorgermene. -È il paradiso?-
La sentii ridacchiare leggermente. -No... Il paradiso è ben diverso da qui. Ti trovi in una specie di Limbo. Sono stata mandata per aiutarti a capire.- mi spiegò, mentre camminava nel verde che stava diventando poco a poco di color autunnale.
Corrugai la fronte. -Capire cosa?-
-Lo scoprirai.- disse solamente, intanto che sopra di noi nevicava.
Presi alcuni fiocchi di neve con la lingua e quando Allison si fermò, mi paralizzai alla vista di ciò che avevo davanti. -Il gazebo...- sussurrai.
Un gazebo bianco, a forma di pentagono, era in mezzo alla neve ed Allison ci stava entrando.
Un gazebo simile c'era nel nostro giardino quando io ero piccolo. I miei si erano scambiati il loro primo bacio dopo le nozze lì dentro e quando mia madre morì, mio padre lo distrusse da ubriaco, pentendosene il giorno dopo.
-Come mai questo è qui?-
-Serve per il nostro viaggio. Vedremo tutto più da vicini.- mi porse una mano, invitandomi ad entrare.
Presi un bel respiro, le diedi la mano e misi un piede all'interno del gazebo, facendo cambiare lo scenario intorno a noi.
Mi guardai attorno.
Casa McCall.
Il gazebo nel corridoio non lo guardava nessuno e capii che non ero lì per davvero. Nessuno poteva vederci.
Parrish stava interrogando uno ad uno i miei amici al tavolo della cucina e Derek, seduto a un angolo, faceva più volte il mio numero e tentava di rintracciarmi. Mio padre non c'era.
-Stiles è scomparso tra le...- Parrish guardò il proprio orologio. -... tre e le otto del pomeriggio, giusto?-
-Sì. Esatto.- rispose Scott, neutrale e freddo.
Di fianco a me, Allison trattenne a malapena le lacrime. Le mancava il suo ragazzo.
-Vi ha detto se aveva degli impegni? Se doveva vedersi con qualcuno?-
-No, non aveva impegni. Continuava a dire di dover andare a casa per studiare.- Malia teneva lo sguardo basso.
-Può aver incontrato qualcuno per strada mentre tornava a casa? C'è qualcuno dei suoi amici o compagni di scuola che abita vicino a lui?- chiese Parrish a Kira.
La ragazza sembrò pensarci e io sperai che le venisse in mente Theo. Però, ovviamente, il bastardo non aveva mai detto il proprio indirizzo. Quindi, Kira scosse la testa in segno di negazione.
-Non vi ha più scritto dopo che è finita la scuola?-
-No, purtroppo no. Niente messaggi, niente chiamate... niente.- la voce di Liam era piena di preoccupazione e ansia.
-Sapete qual è la strada che prende per andare a casa dopo scuola? O ne prende di diverse?- chiese in generale a fine interrogatori. Scott gli rispose che ne prendevo solo una e, con una mappa della città, segnò qual era.
Sorrisi. Avrebbero di sicuro trovato la mia Jeep, le impronte di Theo sul mio cadavere e il buco nella quale mi aveva assassinato.
Poco dopo, Parrish mandò via i propri colleghi e parlò in privato al branco. -È bello rivederti, Derek.- sorrise leggermente all'ex Alfa.
Derek gli rivolse uno sguardo truce che mi spaventò leggermente. Era preoccupato, il che mi pareva assurdo.
Lui se ne era fregato di me. Sempre. Cos'era cambiato?
-Avete provato a seguire il suo odore?- chiese Jordan a Scott, il quale annuì.
-Sì. Io, Liam e Malia. Ma tutte le volte il suo odore ci porta nel bosco e alla fine scompare. È frustrante. Se almeno rispondesse al cellulare dicendo che sta bene...-
-Scott.- prese parola Lydia, scendendo dalle scale. Non era stata interrogata come gli altri, era ancora un po' spossata. -Ti prego, smettila. Non dire che non lo avverti anche tu.- la sua frase mi paralizzò.
Che sapesse veramente?
No. Lydia, ti prego, non farlo. Non rompere l' incantesimo.
-Avvertire cosa?- domandò Derek, spostando gli occhi dalla banshee all'Alfa e viceversa.
-Il senso di abbandono.- spiegò la mia amica, continuando a fissare Scott.
Quest'ultimo abbassò la testa. I suoi occhi divennero rossi dalla rabbia e le mani sanguinarono a causa degli artigli. -Non c'è mai niente di certo.- borbottò, ripetendo la frase che gli aveva detto la polizia. Stava quasi per diventare un mantra.
-Ho sentito il suo ultimo respiro sul viso, Scott...- insisté la biondo fragola, piangendo lacrime amare.
-Basta!- il ruggito di Derek fece sobbalzare tutti, compresi noi morti.
Allison mi strinse la mano mentre Derek fissava infuriato Lydia. -Non è morto. Non puoi saperlo finché non lo troviamo. Fino ad allora, banshee o meno, tu per me hai torto.- decise il moro, prima di uscire da casa McCall sbattendo la porta.
-Andate a casa. Tutti quanti.- consigliò Melissa. -Siete stanchi, è quasi mezzanotte.-
-La polizia lo cercherà anche tutta la notte. Avviseremo sia Noah che te, Scott.- lo rassicurò Parrish, mettendogli una mano sulla spalla.
Scott annuì lentamente, quasi come se fosse uno zombie, e salì le scale per raggiungere camera sua. Poco a poco, se ne andarono tutti e casa McCall cadde nel buio.
-Dove vuoi andare, adesso?- mi chiese dolcemente Allison, senza toccarmi per darmi i miei spazzi.
Mi sentivo rotto e, nonostante fossi morto, la paura regnava ancora in me. Avevo bisogno di sentirmi al sicuro.
Mi ricordo che da piccolo, mia madre mi regalò un braccialetto argentato con il ciondolo di una casa. "Così ti sentirai sempre a casa" mi aveva detto. Ma adesso io, quel braccialetto, non ce l'avevo più. L'aveva preso Theo, di sicuro, e l'aveva messo chissà dove.
Oppure era addosso al mio cadavere e la polizia poteva ritrovarlo, ridandolo così a mio padre.
Casa. Volevo sentirmi a casa.
Strizzai gli occhi con forza, il cuore in gola. -Voglio andare da mio padre.- proclamai e quando tornai a guardare, ero nel vialetto di casa mia.
Mio padre parcheggiò la propria auto davanti al garage di casa e scese lentamente. Sembrava un sonnambulo. Si vedeva che era stanco.
Perdonami, papà. Per tutto quello che ti sto facendo passare e che passerai.
Mi appoggiai a una colonna bianca del gazebo e persi una lacrima mentre lo guardavo. Era così vicino, eppure così lontano...
-Papà...- sussurrai, malinconico e triste. Lui si voltò verso di me, senza vedermi veramente. Tra le dita, rigirava le chiavi di casa. Mi stupii quando lo sentii tirare su col naso. Stava piangendo per me. Non lo aveva mai fatto.
-Stiles, giuro che quando ti trovo ti uccido.- mormorò più a sé stesso, entrando in casa e sbattendo la porta.
Sei stato battuto sul tempo, Sceriffo.
Sospirai, scuotendo la testa, prima che un lampo mi attraversasse il cervello. Voltai lentamente la testa verso la casa di fronte la mia. La casa verde di Theo Raeken.
Digrignai i denti.
Bastardo. Bastardo figlio di puttana.
Uscii dal gazebo e mi incamminai verso casa di quel pazzo maniaco omicida.
Dietro di me, Allison mi richiamava a gran voce. -Che diavolo fai?-
-Faccio una visita al mio assassino. Sai, per vedere se si è ripreso dalla mia morte!- sbottai sarcastico, spalancando la porta principale e cercando lo stronzo.
-Stiles, non risolvi niente se...-
-Shhh, zitta. Hai sentito?- le chiesi, prima di seguire il rumore e finire in cantina. Aprii la porta e mi raggelai.
Theo era seduto su una sedia al centro della cantina, batteva il piede sul pavimento senza alcun ritmo e guardava fisso davanti a sé.
La nausea mi invase nel rivedere quel ragazzo, sembrava tanto innocente quando in realtà era un mostro.
Insieme ad Allison, scesi le scale di legno che scricchiolarono e mi misi dietro a Theo. Cominciai a tremare, ma sapevo che non poteva vedermi. Mi accorsi che fra le dita della destra rigirava qualcosa e le riconobbi come le chiavi della mia Jeep.
Un brivido mi percorse la spina dorsale e pregai di sbagliarmi.
-Allison?- sussurrai, nonostante non ce ne fosse bisogno. Non c'era alcun suono oltre al piede di Theo. -Dov'è la mia Jeep?- la mia domanda risuonò nell'aria e lei sospirò, deglutendo.
-L'ha buttata in un burrone dopo averle dato fuoco.-
Le sue parole furono come un macigno per me. -Insieme al mio corpo?-
-No.- scosse la testa lei.
Guardai Theo con rabbia, terrore e vendetta. Desideravo strangolarlo. Vedere lui morto e io vivo.
Seguii con gli occhi cosa stava fissando con tanta attenzione. Una cassaforte. Era verde e grigia, rettangolare e per aprirla c'era una combinazione.
Mi parve strano. Troppo strano.
I miei occhi si sgranarono quando capii. La sua posizione, i suoi occhi sognanti, il viso rilassato, le mie chiavi, quella cassaforte...
No... Ti prego, no.
-Cosa c'è lì dentro, Allison?- domandai, stringendo la mascella.
Lei serrò gli occhi, piangendo e scuotendo in modo forte il capo. -No...- sussurrò tra i singhiozzi.
Dillo. Dimmelo e basta.
-Cosa c'è in quella cassaforte, Allison?- chiesi ancora, racchiudendo la sua mano in una morsa di ferro. Gli occhi mi si fecero lucidi e dovetti deglutire più volte per non vomitare la bile.
-Non lo vuoi sapere davvero.- le sue parole soffiate con dolore confermarono la mia ipotesi.
Chiusi gli occhi, il mio corpo venne scosso dai tremiti e mi sentii come se mi avessero dato un pugno nello stomaco. Le gambe volevano cedere, lasciarsi andare e farmi cadere a terra.
Io. Io sono lì dentro.
Piansi silenziosamente, il labbro tremante e il petto che mi doleva. Ero finito lì. Il mio cadavere era rinchiuso lì dentro. A pezzi.
-Mi dispiace così tanto...- singhiozzò la mia amica, abbracciandomi lateralmente.
Ciò che più mi affliggeva era che senza neanche il mio corpo, nessuno poteva dire dove fossi. Se fossi ancora vivo.
Non mi avrebbero trovato.
Nessuno mi avrebbe mai più trovato.************************************
Commentate, grazie! :)-Kitta <3
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The Lovely Bones - Sterek Version
FanfictionMi chiamavo Stilinski, come lo sceriffo della città, nonché mio padre. Soprannome: Stiles. La mia vita non era più normale da anni a causa del sovrannaturale... ma fu qualcosa di umano ad uccidermi. Avevo diciotto anni quando fui assassinato. Il 15...