Capitolo 15

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Confusione.
Ogni cosa sembrava non avere un senso, uno scopo o una fine.
Avevano catturato il mio assassino, sapevano che fine avevo fatto e mio padre si stava riprendendo dall'operazione.
Ma nulla. Niente sembrava poter tirare su di morale l'umore del branco.
La pioggia mi bagnò i capelli nel mio Cielo, mentre tenevo le ginocchia contro il petto e le braccia poggiate su di esse. In una pozzanghera stavo guardando Scott e Melissa fissare con sollievo mio padre, sul letto d'ospedale con tanto di macchine e mascherina.
Ogni cosa era stata risolta. Tutto era al suo posto. Theo era in prigione, mio padre era salvo e giustizia era stata fatta. Mancava solo l'ultima parte: la rassegnazione. Accettare che, non importava quanti passi avrebbero fatto in questo cammino, io non sarei tornato lo stesso.
Il mio Cielo era diventato la mia nuova casa. Dovevo abituarmici.
-Stiles?- mi voltai e socchiusi gli occhi per l'acqua che mi stava cadendo addosso. Allison mi fissava in modo orgoglioso, ma anche triste. Non era bagnata. Nessuno poteva bagnarsi nella mia pioggia, a parte me.
-Sappi che sono molto fiera di te.- mi sorrise, il gilè nero di pelle si bagnò con qualche goccia. Stava tentando di entrare in contatto con me e capirmi.
Annuii e mi alzai da terra, facendo smettere di piovere ma tenendo comunque dei nuvoloni nel cielo. Camminai per quella natura strana ed esotica, con Allison che tentava di stare al mio passo. -Che ti prende? Sei silenzioso e non è nella tua natura.- commentò, scavalcando una radice a forma di serpente. -Sei così oramai da tre settimane.-
-Da quando Theo è stato arrestato.- le ricordai, fermandomi una volta arrivato davanti alla caverna fatta di liane e brina. Presi alcune foglie da terra e le misi in alto, facendole penzolare nella grotta, e alcuni fiori sulla quale misi poi sopra la brina.
-Stiles... che diavolo stai facendo?- domandò Allison, seguendo tutti i miei movimenti.
-Siccome d'ora in avanti questo posto sarà casa mia, voglio almeno renderla presentabile.- risposi, mettendo i fiori brillanti ai lati della grotta.
Allison si massaggiò le tempie e strinse gli occhi. -Stai andando fuori di testa, per caso?-
-Ti ricordo che sono morto! Per chi mi hai preso, Nick Quasi Senza Testa?!- chiesi incredulo, sparpagliando un po' di neve per terra. Allison prese un bel respiro e tentò di farmi ragionare: -Sei ancora nel Limbo, Stiles. La casa dei morti è il Paradiso, non ti sei chiesto il motivo per cui...-
-Sì, Allison, me lo sono chiesto! Non passa giorno in cui non me lo chieda! In cui non penso: "Ehi, Stiles, per quale motivo tua madre e i tuoi parenti sono con Dio mentre tu sei ancora bloccato qui come un deficiente?"!- urlai furioso e buttando via l'erba autunnale.
Allison mi scrutò mentre io la fissavo in segno di sfida. -Pensi che non me ne sia accorto? Che c'è qualcosa che non va? Lo so, Allison. E sinceramente ne sono stufo marcio di questa storia!- mi rassegnai, distruggendo la caverna e sbraitando da destra a manca.
Il mio cuore batté forte e tremai, piansi dalla disperazione.
Che cosa c'era che non andava in me? Perché non ero ancora stato accettato per varcare le "Grandi Porte"?
Mi sedetti a terra e persi qualche lacrima. Non riuscivo a capire più niente, però sapevo quale fosse il vero problema: ero ancora legato alla Terra.
A mio fratello, a mio padre, all'uomo che mi ero accorto di amare solo dopo essere diventato un'anima vagabonda.
-Sai chi c'è dall'altra parte?- la voce di Allison mi giunse alle spalle e scossi la testa. Sinceramente, non mi interessava più di tanto.
-Tua madre...- cominciò. -... Erica... Boyd... Aiden...- sgranai gli occhi e mi immobilizzai sempre di più ad ogni nome.
Erano davvero tutti lì?
Mi strinsi le braccia intorno al corpo, cercando almeno un po' di conforto.
Un fiocco di neve cadde davanti ai miei occhi. Poi venne seguito da un altro, un altro e un altro ancora. Talmente preso dai fiocchi di neve, mi accorsi solo dopo pochi secondi che di fronte a me c'era il mio riflesso.
Come se fosse... vetro.
Per terra, la neve si era accumulata e quando mi girai, rimasi a bocca aperta. C'era un lupo finto, fatto di ceramica, che ululava. Mi avvicinai, Allison sempre vicina a me, e accarezzai la testa del lupo.
Solo in quell'istante capii. Ero all'interno della palla di neve di mia madre.
Intrappolato in un mondo perfetto.
All'improvviso, mi girò la testa e dovetti tenermi ad Allison pur di non cadere.
-Che cos'hai?-
-Non lo so. È come... se qualcuno mi stesse facendo rotolare.- tentai di spiegare, il fiato pesante. Non riuscivo a respirare.
Si può avere un attacco di panico anche da morti?

-Forza, aiutatemi.-

Mi portai le mani alle orecchie e gemetti di dolore.
Di chi era quella voce?
-Stiles?- mi richiamò Allison. -Stiles, stai bene?-

-Mettete tutto di lui dentro il ghiaccio.-

-Che mi sta succedendo?- domandai ad Allison, traballai e mi piegai.
Mi sentivo strano e d'un tratto, un freddo improvviso mi invase.
Tremai e cominciai a vedere in modo sfocato.
-Alli... Allison...- balbettai, i miei denti batterono fra di loro. Mi guardai le mani per vedere se la mia vista era tornata normale, ma aumentai solamente il mio panico nell' accorgermi che le mie dita erano blu, come se fossero congelate.

-Avete una sola occasione, ragazzi. Non sprecatela.-

-Chi c'è?- gridai, guardandomi attorno. -Chi è là?!- mi stavo arrabbiando.
Erano voci, più di una. Mi erano familiari.
Le ginocchia tremarono e cercai di prendere più aria possibile. Ogni parte di me sembrava spezzata, lo stomaco sottosopra e, stranamente, presi ad aprire la bocca per l'acqua che vi stava uscendo direttamente dalla gola.
Cosa diamine...?
-Stiles! Stiles, guardami! Va tutto bene, ok? Rilassati.- Allison mi prese il viso fra le mani e mi scrutò in viso, cercando di capire cosa avessi. Provai con tutte le mie forze a tenere le palpebre aperte, ma era quasi uno sforzo sovrumano.
Allison sgranò gli occhi, come se avesse capito. -Ora è tutto chiaro.- sussurrò. -Che cosa? Di che stai parlando?- ero spaventato, confuso, quella strana realtà mi stava facendo paura.
No, non era il mio Cielo ad essere sbagliato.
Ero io.
Strinsi gli occhi e mi tappai le orecchie. Due rumori, forti, mi stavano invadendo la testa. Sembravano... un ruggito e un urlo.
Scott e Lydia.
Urlai quando, dal freddo invernale, passai ad un caldo infernale.
Come se stessi andando a fuoco.
Parrish.
Non mi ero accorto che Allison mi stesse facendo indietreggiare e continuai a sputare. Era fredda come il ghiaccio. La vista era ancora appannata, sempre di più.
-Stiles.- mi richiamò Allison e prese qualcosa dalla tasca dei pantaloni, qualcosa che poi diede in mano a me. -Ti voglio bene. Mi mancherai. Ti prego... di' a Scott che lo amo. Va'!- mi pregò, prima di tirarmi un calcio allo stomaco e farmi cadere all'indietro.
La mia schiena, tutto il mio corpo, sbatté contro il vetro che andò in frantumi.
Non vidi niente da lì in poi, sentii solamente l'unione di caldo e freddo, il mio corpo che sembrava cadere nel vuoto per poi volare in alto, senza gravità e senza logica, attraverso sogni perduti e anime urlanti.

Tossii e presi più aria possibile nei polmoni con la bocca. La testa mi pulsava, i muscoli erano indolenziti e ogni suono mi giungeva ovattato.
-Stiles?-
-Oh, mio Dio...-
-Ha funzionato?-
Aprii piano gli occhi, vedendo solo lucine bianche e forme innaturali che si muovevano intorno a me. Battei le palpebre più volte e solo dopo un po' riuscii a riconoscere davanti a me un paio di occhi color cioccolato, caldi e amichevoli, che mi guardavano come se fossi un miracolo.
-Stiles...- sussurrò Scott, la bocca aperta in segno di incredulità.
Mi passai la lingua fra le labbra e alzai di poco la testa. Il branco era radunato vicino a me, assieme a Deaton e nella sua clinica veterinaria e che riconobbi dopo qualche secondo.
Erano tutti lì: Scott, Kira, Lydia, Liam, Malia, Parrish, Mason... persino Derek.
Sgranai gli occhi, stupefatto, e sorrisi come non mai.
Ero vivo. Ero a casa.
Indossavo vestiti bagnati, la mia pelle era coperta di brina e sembrava che tutte le mie ossa si stessero ricomponendo come tessere di un puzzle, proprio come i muscoli.
Il mio sguardo cadde sul mio braccio scoperto. Era bianco, più pallido del normale, ma c'era anche un segno rosso. Un morso.
Guardai Scott, sorpreso e senza parole. Lui boccheggiò e fissò sia me che il morso. -Mi dispiace. Non ho avuto scelta, era l'unico modo.- si giustificò.
Io avevo la mente annebbiata, non riuscivo a comprendere fino in fondo che cosa significasse.
Tornai a guardare il mio braccio e nella mano c'era qualcosa. Stringevo qualcosa. Alzai poco a poco le dita ghiacciate, ancora blu per il freddo, e smisi di respirare quando vidi che cosa mi aveva dato Allison.
Una penna. La penna che Scott le prestò il giorno del loro primo incontro.

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-Kitta <3

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