Seconda prova

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The secret of the colored souls

Il cielo aveva lo stesso colore di una rosa appena colta, mentre il sole lentamente lasciava la scena per far spazio alle stelle. Non c'era nemmeno una nuvola; ma, se ce ne fossero state, io me le immagino color cenere, come se il gas di cui sono fatte avesse potuto prendere fuoco a contatto con la luce caldissima del sole morente.
Tutto era talmente bello che, distesi sul prato fresco di casa, lo sguardo alto, sembrava quasi di perdersi.
Perdersi con gli occhi è una magia bellissima, ci si ritrova stregati da tonalità mozzafiato.
Quelli al tramonto sono colori meravigliosi.
Ed i colori hanno la loro vivida e sempre presente caratteristica di essere indispensabili.
Ma dico, voi ve lo immaginate un mondo tutto in bianco e nero?
Che poi molti sostengono che nero e bianco non sono colori, ma si sbagliano.
Sono colori un po' diversi, contrari, che molto spesso si trovano persino bene insieme.
Anche le persone sono colorate.
O forse, più che le persone, le loro anime.
Esistono uomini bianchi, come Silente;
Uomini neri, come Tom Marvolo Riddle;
Ed esistono uomini color dell'arcobaleno, come il vecchio Freddie.

Il punto è che, paradossalmente, non riconosciamo il colore di una persona guardandola, ma lo sentiamo, amandola.

Era a questo che pensava George, disteso fuori casa.
Negli anni era riuscito a rimediare una villa discretamente grande, in mezzo al nulla, circondata da nient'altro che prati, alberi e fiori.
Ed ora se ne stava lì, disteso sull'erba fresca, a guardare il tramonto.
L'unico intruso nella sua visuale era rappresentato dagli alti anelli, con la funzione (per chi non conoscesse il Quiddich) di porte dove far passare la pluffa.
Aveva costruito quel campetto da Quiddich parecchi anni addietro; ancora ricordava suo figlio svolazzarci in sella alla sua portentissima Nimbus 2027.
Era passato davvero tanto tempo, novantatre anni per la precisione.
E George era stato tanto: marito, padre, nonno..
Eppure, doveva ancora abituarsi all'idea di esserlo stato da solo.
Sorrise.
Quei sorrisi che sanno fare solo gli anziani, ma allo stesso tempo un sorriso ancora da ragazzino burlone.

Sarebbe mai cresciuto?
No, probabilmente no.

Angelina era via, presto sarebbe tornata ed avrebbe iniziato ad assillarlo per la cena.
Sotto sotto però, gli piaceva essere assillato.
Gli piaceva salire sulla sua vecchia scopa da Quiddich mentre sua moglie lo rimproverava.
"George, razza di idiota, scendi subito da lì! Sei troppo vecchio per queste cose!" gli urlava dietro, rincorrendolo per tutto il giardino; mentre lui se la rideva di gusto.
Gli piaceva andare a trovare i suoi fratelli, quelli rimasti.
Gli piaceva sorridere, dopo tanti anni gli riusciva ancora perfettamente far ridere le persone.
E, soprattutto, nonostante tutto, gli piaceva ancora vivere.
È questa la particolarità degli uomini color dell'arcobaleno, la forza di tutti i colori messi insieme non muore mai.
Le anime bianche, purissime e perseveranti, vanno incontro al destino e sfidano la morte.
Le anime nere, grandi e terribili, ne fuggono; inutilmente tentano di aggirare la morte.
E le anime color dell'arcobaleno?
George chiuse gli occhi, mentre un sorriso involontario gli addolciva i lineamenti e le rughe, ormai visibili, del volto.
Tutto divenne di quel classico colore a metà fra la luce del tramonto e la barriera delle sue palpebre socchiuse, un passaggio.
Sentiva le forze abbandonarlo lentamente, così come quella tonalità sfumata che pian piano si trasformava in un nero tetro e, alla fine dell'oscurità, una luce nevica.
È mio dovere raccontarvi a cosa pensò George Weasley nei suoi ultimi istanti di vita.
So ora cosa starete pensando, ma non andò così. George non vide tutta la sua vita passargli davanti agli occhi, né si preoccupò di avere rimpianti.
Piuttosto, una figura gli si deliniò proprio di fronte.
Gli sembrava di vedersi quando era ancora giovane, bello, allegro.
Ma presto comprese che non era se stesso quello che gli tendeva dolcemente la mano, era Fred.
Fu lì che all'ex grifondoro venne spontaneo pensare a come sarebbe stato se i ruoli si fossero invertiti: se, al posto di Fred, fosse morto lui.
Uguale.
Nessuna differenza, almeno per loro due.
Perché Fred aveva la sua stessa forza, la stessa sfrontata voglia di vivere.
Ricordò di aver detto un sacco di volte che, se proprio bisognava che morisse qualcuno, quello doveva essere lui.
Solo ora si rendeva conto che sarebbe stata la stessa cosa.
Un mangiamorte gli avrebbe puntato la bacchetta contro ed avrebbe gridato "Avada Kedavra!", oppure l'avrebbe ucciso in qualche altro modo. Probabilmente l'ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il sorriso soddisfatto del suo assassino o della sua assassina, o magari avrebbe avuto davanti agli occhi le cose che vedeva in quel momento.
Non era importante, non per George.
Il punto era chi sarebbe rimasto.
Era importante che ci fosse qualcuno, uno qualsiasi dei due, a consolare Molly; a ridere alle battute di Arthur; a prendere in giro Ron; a far spazientire Ginny; ad aiutare Harry.
Era una tacita promessa quella che si erano scambiati all'inizio della Seconda Guerra Magica, ma non per questo non valeva l'impegno che avevano segretamente preso entrambi.
Avrebbe vissuto.
Avrebbe sorriso.
E, magari, avrebbe chiuso gli occhi un giorno lontano; sotto un tramonto bellissimo e con alle spalle una vita meravigliosa.
Avrebbe fatto tutte queste cose, chiunque dei due fosse stato.
Chiudendo gli occhi, George era passato dal nero al bianco; ed ora, finalmente, aveva trovato suo fratello.
Gli tendeva la mano, il bastardo, e sorrideva. Oh, quel sorriso sì che poteva definirsi di tutti i colori.
Accettare di andarsene, o no?
L'avrebbe trovato così Angelina, quella sera, sorridente alle stelle.
All'inizio avrebbe pensato che si fosse assopito dopo che, come al solito, la sua testolina imprevedibile gli avesse detto di andare a mettersi lì fuori, come faceva ogni tanto.
Poi, chinandosi per svegliarlo con un bacio, l'avrebbe trovato freddo; sarebbe scoppiata a piangere non udendo il suo respiro ed avrebbe urlato il suo nome nel bel mezzo del nulla.
Infine, terrorizzata, avrebbe mandato il suo patronus, quel bellissimo falco, a Ron o qualcun altro.
E lui? Dove sarebbe stato a quell'ora?
Non importava.
Sarebbe stato con Fred.
George aveva vissuto per noventatre anni senza una parte di sé, ora sarebbe morta anche l'altra metà.
Questo è il segreto delle anime color dell'arcobaleno, la morte non è altro che il pretesto per attraversare quel ponte di mille colori. Chi troveremo alla fine del ponte dipende da chi siamo, da chi ci manca di più.

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