Capitolo 1

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Corro sulla candida neve del fitto bosco. Una leggera brezza di vento accarezza la mia morbida e bianca pelle. La terra bagnata si è trasformata in un tappeto bianco di neve, facendo sprigionare nell'aria un immenso senso di libertà mentre schivo gli altissimi alberi. Mi soffermo ad osservare attentamente la bellezza che mi circonda,la foresta nella sua calda coperta di neve che rende meno visibili gli alberelli. La neve continua a scendere in terra a passo di valzer, ballando nell'aria sotto il ritmo del vento. Sento un piacere di bagnato sulla pelle ormai ricoperta di neve, esattamente come i miei vestiti.Il grigio del cielo lo rende ancora più cupo facendomi soffermare ad osservare le varie forme delle stelle. Tra queste intravedo una lupacchiotta,  piccola e indifesa,debole, le ferite fanno parte del suo corpo. Le cicatrici che si porta dietro la caratterizzano, mostrando chi è o chi era. Nonostante ciò sorride, un sorriso innocente,leggero,fievole, che scalda il cuore o almeno a chi ne possiede uno.Ha lo sguardo di chi ha visto troppo, la sua vita le ha preso cento e le ha dato zero in cambio. Continuo a correre senza mai voltarmi indietro, continuo a cadere per poi rialzarmi. Fa male si , ma posso guarire. Scarico tutta la frustrazione raccolta in tutti questi anni, le parole rimaste prigioniere nel mio cervello, le parole non dette,le emozioni nascoste sotto un falso sorriso, le lacrime soffocate. Tutte quelle volte che la voglia di gridare arrivava al culmine, ma la opprimevo ,mi rassegnavo, andavo avanti, lasciavo correre, perdonavo, facendomi ingannare da sorrisi falsi . Sapevo che non andava tutto bene, lo sapevo, ma ammetterlo faceva male, dannatamente male. Avrei voluto tanto sfogarmi, arrabbiarmi , sbattere la verità sul tavolo e giocare il gioco della vita a carte scoperte. Non dovevo tenermi tutto dentro, non dovevo accumulare tutto dentro di me, sapevo che prima o poi sarei andata pezzi, e nessuno ci sarebbe stato li per ricompormi. Sarei stata un puzzle troppo difficile, troppe schegge . Sono un tumultuo di emozioni inespresse , nascoste in qualche angolo remoto del mio cuore, spezzato, usato e bruciato, ma che funziona ancora.

Apro il cancello malandato di casa Calloway, ho cercato di convincere mio padre a cambiarlo ,ma ha sempre risposto con la stessa frase, come da copione: Ciò che è vecchio è un ricordo e i ricordi non vanno buttati. Non è loro destino finire nella spazzatura, brutti o belli, sempre ricordi rimangono. Pare che quel cancello abbia un significato particolare per lui.

- Aileen Diana Calloway! -mi richiama mio padre appena varcata la soglia di casa.

- Devi smetterla con le tue corse notturne, non puoi continuare così -

Il suo sguardo si addolcisce e la sua voce rabbiosa si trasforma in un sussurro alla vista del mio orribile aspetto. Non ho chiuso occhio e tutto mi sta piano piano distruggendo. Mi guarda ormai rassegnato, mentre con la testa mi indica le scale. -Vai a riposarti, ne parliamo domani.-

La storia si ripete quasi ogni notte da ormai 4 anni, ne parliamo domani e poi non ne parliamo più. Avevo 13 anni la prima volta, non riuscivo a dormire, vivevo nell'ansia. Sono sempre stata ansiosa, anche per un'interrogazione, un esercizio di ginnastica, di sbagliare una frase, di tutto. L'ansia mi uccide, tutte le volte che vuole. La corsa è diventata il mio rifugio segreto, dove do spazio ai miei pensieri più profondi, che giacciono in un piccolo e buio angolo del mio cervello . La corsa è diventata il mio momento di sfogo e di pianti, di pensieri, ma anche di sfighe. Le stradine del bosco non si distinguono di notte, ogni volta arrivo con un nuovo graffio o con un nuovo pensiero, un nuovo punto di vista. Salgo di sopra in camera mia ,in assoluto silenzio, cercando di buttarmi a peso morto sul letto. Data la mia smisurata fortuna, però, finisco stesa per terra.

- Prima o poi inventerò un parquet super morbido che non mi spezzii le ossa -

borbotto sottovoce per non svegliare qualcuno. Mi alzo addolorante per poi tastare il letto, in modo da essere sicura della sua posizione. Dopo aver indossato il pigiama ,mi corico sul letto avvolta nelle morbide e confortevoli coperte per poi cadere in un profondo sonno.

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