Don't Want To.

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La vedo appoggiata contro una colonna cercando di riprendere fiato.
In un' altra circostanza sarebbe stato diverso, non le avrei dato tutte queste attenzioni, non le avrei concesso di fare del sarcasmo su di me, l'avrei derisa, mi sarei fatto una risata e sarei scomparso.
Invece sono ancora qui, a seguire quella ragazzina, irritante, saccente, petulante; ora passo il tempo così.
Sono patetico, davvero patetico, e ridicolo, ma glielo devo, si glielo devo, devo a quella donna più di quanto io saró mai in grado di ottenere nella mia intera vita.

"Granger!"

La chiamo a gran voce, lei sussulta, si volta e si ferma a guardarmi, per un attimo sembra sorpresa poi assume la sua solita aria carica d'astio e torna ad osservare il cielo cupo, mi avvicino a lei e la guardo sorseggiare il suo drink, me lo porge guardandomi negli occhi.

"Cosa dovrei farci?"
"Sto cercando di fingere cortesia."
"Oppure sei ubriaca a tal punto da poter riuscire a parlare con me, come se fossimo amici suppongo."

Mi indica con un dito aprendo la labbra a formare un'espressione di finto stupore ma allo stesso tempo pensierosa, - "Beccata!"- si allontana leggermente fissandomi.

"Aspetta, -biascica puntandomi nuovamente il dito contro, per poi portarsi una mano a colpirsi la fronte- Io non dovrei parlare con te!"

"Già."

Getto nuovamente il mio sguardo su di lei, che innalza un sopracciglio come a voler imitare i miei sguardi intimidatori, chi crede di impaurire? Di certo non me.
Fa solo ridere.
Tremendamente.

"Non sai farlo come si deve-noto per un attimo il suo sguardo farsi vacuo, già, dimenticavo che lei è ubriaca- inarcare il sopracciglio intendo."

"Credi che il mio sopracciglio non possa incutere timore quanto il tuo?"
"Direi di no, anzi fa piuttosto ridere."
"Ah ora ti faccio ridere!"
"Non puoi pretendere che il tuo sopracciglio incuta timore, quando tu stessa non fai per niente paura."

Dico tranquillo avvicinandomi a lei, forse la nostra vicinanza le provoca fastidio, le provocherebbe fastidio se solo lei fosse lucida e al mattino si ricorderebbe di ció che sta succedendo in questo momento.

"Faccio paura eccome!"
"No-Dico scuotendo il capo-Io faccio paura."

Mi porto davanti a lei, poggio le mani sulla colonna e sporgo il busto in avanti, vicino al suo corpo, molto vicino, e lei è in gabbia.
I miei occhi si fanno gelidi.
Un sorriso folle stampato sul volto.
Non mi ha mai visto così, mai, e questo la turba.
Non sa cosa potrei farle, e ha paura, ha tanta paura; questo mi diverte e mi chino ancora di più su di lei.
Avvicino i nostri bacini lentamente, sento il suo respiro affannato, il suo cuore battere forte, mi diverte vederla così, ghigno ancora.
Avvicino il mio volto al suo, le sfioro un lobo con le labbra, sussulta, cerca di non muoversi, osservo le sue labbra, livide, le stringe forte con i denti, ha paura, ne ha davvero tanta e capisco che è ora di smetterla.
Mi avvicino al suo orecchio.
Sussurro.
"Stavo solo scherzando."
Mi stacco da lei e la guardo.
Piegata.
Impaurita.
Ancorata al pilastro.
La sua unica salvezza.
L'ho davvero spaventata.

"Non voglio."

Il suo è un mormorio indistinto in quella fredda notte invernale, ma io lo percepisco chiaramente, mi allontano di un altro passo da lei, infondo questo è approfittare della situazione, e non voglio che lei lo capisca.

"Come?"
"Non voglio averti sopra di me- è li che finalmente capisco di cosa stia parlando, cosa la spaventa tanto al punto da lasciar cadere quella forte corazza che si è costruita- Non voglio che tu spinga dentro di me."

Sento il sangue raggelarsi nelle vene, il morso del maledetto serpente iniziare a bruciare sulla gola, e non so che fare, sono bloccato sul posto a guardare il suo corpo accasciarsi lentamente a terra lasciando che il suo ultimo bicchiere cada a terra e rotoli fino a fermarsi; poi inizia a gridare.

"Non voglio farlo! Non voglio!"

Scatto nella sua direzione e le sigillo le labbra con il palmo della mia mano, non voglio che nessuno ci senta, le voci qui al castello corrono veloci, e chissà che la gente non ci tenga ad aggiungera altre malefatte ad infangare la mia vita.
Inizia a dibattersi, cerca di far attraversare la mia carne dalla sua voce, ma ció che ne viene fuori sono solo dei mugulii che a fatica riesco a percepire addirittura io.
Sento qualcosa di bagnato poggiarsi sulla parte superiore della mia pelle e scivolare via fino a toccare il suolo, è una lacrima, questa donna sta piangendo di nuovo dinanzi a me, e stavolta sento quel che rimane del mio cuore stringersi fino a scomparire.

"Ascoltami. Taci e ascolta ció che ho da dire."

Non so se il leggero movimento compiuto dal suo capo sia un cenno di assenso o di dinnego, ma fatto sta che la lascio libera di riprendere ad articolare la sua mascella per poter respirare normalmente, le avvicino una mano fino a toccare la sua fronte per scostarle un ciuffo di capelli che le copriva la visuale.

"Non potevo lasciarti morire- sospiro incontrando il suo sguardo affranto e abbattuto- Tante persone sono morte dinanzi a me, ma io non potevo. Dovevo portarti via di li, possibilmente ancora viva."

Lei trema, sembra sul punto di crollare ma non lo fa, si alza lentamente e a passi lenti si incammina per raggiungere la porta che l'avrebbe portata via da me.

"Perdonami. Perdonami per tutto ció che ti ho fatto."

Sento i suoi passi bloccarsi, lo scricchiolio del legno massiccio che viene aperto, andrà via e io resteró ancora a crogiolarmi nella mia povera anima da uomo fallito e disperato, poi avverto la sua voce.

"Domani quando saró sobria, penseró a questa sera."

NOTE DELL'AUTRICE:
Salve,
Eccoci con un altro capitolo, raccapricciante a detta mia, non mi piace un granchè ma alcune persone, Ele *colpo di tosse*, mi hanno spinto a pubblicare per disperazione, quindi ecco a voi. Che dire, cliccate quelle stelline tanto carine che a noi piacciono tanto, e noi ci rivediamo al prossimo capitolo.
A presto.(Si spera.)

"Finally I can belive in a happy ending with you." [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora