"I'm waiting for you at lunch."

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Io e Severus Snape non siamo eccellenti amici, non siamo conoscenti, non siamo parenti, non siamo amanti, io e lui non siamo molte cose, ma condividiamo una casa. Entrambi da quando siamo qui ci siamo impegnati a rispettarci l'uno con l'altro, per quanto ci si possa aspettare da due persone come me e lui. Ci siamo assegnati dei compiti, e imposto regole che per la sopravvivenza di entrambi e la buona riuscita di questa convivenza forzata, dovevano essere rispettate.
La mattina lui esce per andare a sbrigare commissioni di massima importanza, che Merlino sa solo che commissioni potrebbe mai fare un uomo come Snape, torna in un arco relativamente breve di tempo, prepara un calderone e passa delle ore immerso tra i vari fumi.
Io semplicemente me ne sto chiusa in casa a fissare le pareti che mi tengono prigioniera, non mangio molto, non ha senso farlo; suppongo che lui lo faccia.
Non sopporto questa casa.
Troppo piccola, troppo angusta, soffoca i miei lamenti ancor prima che io possa emetterli.
Non posso dibattermi dal senzo di dolore che mi circonda, in questa casa piccola e angusta li avvertirebbe chiunque, anche col sol provare a tendere leggermente l'orecchio.
Non posso lasciar andare le lacrime che tanto vorrei sprecare, ne lascerei le tracce su quel duro e scricchiolante pavimento di legno in questa casa piccola e angusta, potrei cedere da un momento all'altro; non posso respirare in questa casa piccola e angusta.
Fuggo via, ogni singolo giorno, scappo via dai miei problemi, da quello che mi è successo, dal non poterne parlare con nessuno, dal dover vedere lui; fuggo via e nessuno viene a riprendermi.
Non c'è mai nessuno che mi abbia cercata, presa con se e riportata a quel nido che tanto odio, mai nessun passo ha accompagnato le mie grida soffocate dal palmo della mia stessa mano, mai nessun dito ha scacciato via le lacrime, mai nessun essere umano si è preso cura di me; non succederà nemmeno adesso.
Rannicchiata nel mio spazio personale, formato da roccie, alberi e foglie, faccio pressione sui palmi delle mani per riuscire ad alzarmi da terra.
Non mi è mai importato di ferire la mia pelle, di lasciare segni sulla cute bianca, cerco di procurarmene di proposito a volte, è una mia personale punizione per scacciare la colpa che mi schiaccia continuamente; mi sono fatta prendere da lui.
Gli ho concesso di fare ció che desiderava del mio corpo, il mio piccolo e innocente corpo allora, se non mi fossi fatta catturare, forse sarei ancora la ragazza spensierata e felice che ero quando la protezione delle mura di Hogwarts e l'essere circondata dai miei amici mi bastava.
Scosto i rami degli alberi con una mano, mentre con l'altra tengo la bacchetta da cui fuoriesce una leggera luce, non mi preoccupo di fare silenzio come facevo i primi giorni, non verrà nessuno.

"Granger."

Il rumore secco "del ramo" che si spezza sotto i miei piedi riempe l'incredibile solitudine della foresta, facendo prendere il volo ad un paio di corvi appollaiati nelle vicinanze.
Ho riconosciuto la sua voce, come potrei sbagliare, è quella che mi tormenta ogni notte, è quella che devo sentire ogni giorno al mio risveglio da tre settimane a questa parte. Non volevo che venisse, non volevo che mi trovasse, non lui, non quest'uomo.

"Snape."
"Cosa ci fai qui?"
"Cosa fai tu qui?"
"Funghi."

Mi mostra con un gesto del capo il barattolo in cui intende mettere quei preziosi ingredienti, che sicuramente serviranno per la preparazione di una delle pozioni che crea ogni giorno.

"Veramente volevo cucinare."

Sorrido mestamente, i funghi sono un ingrediente insolito per la preparazione di pozioni, potrebbero non servire per la creazione di nessuna di mia conoscenza, forse il mio cervello sta subendo dei danni, forse mi sto rimbecillendo. Sorvolo sul fatto che sia penetrato in me, nella mia mente, ancora.

"Visto che non mangi ho deciso di prendere provvedimenti."
"Da quando-dalla mia bocca fuoriesce un riso contorto-ti preoccupi per la mia salute?"
"Dal momento in cui hai deciso di scomparire."

Getta uno sguardo alle mie gambe, gli rivolgo un'occhiata di fuoco, prima di decidere di osservarle a mia volta. Non sto affatto scomparedo, forse avró perso qualche chilo, e non perchè non mangio, di certo sarà per le "passeggiate" giornaliere che compio.

"Manca poco, e la Saccente Grifondoro diverrà invisibile agli occhi di tutti."
"Come vedi sono ancora qui."
"Dovrei avere un Medimago sempre pronto per te?"

Alzo la bacchetta in segno di scherno, inarco le sopracciglia, faccio poegare verso l'alto un angolo delle mie labbra, poi lo schernisco ancora:
"Incomincia a chiamare."

Cammino nella sua direzione stando bene attenta a non sfiorare la sua spalla, quando il mio corpo supera il suo, decisa a ritornare in quella piccola e angusta casa che mi aspetta e mi prega di ritornare nelle sue braccia. Mi fermo.

"Ad ogni modo, non ti riguarda."

Poggio delicatamente la pianta del piede in avanti, il mio corpo viene scosso da uno strano brivido, ed è quello a segnare la ripresa del mio ritorno a casa, della mia uscita di scena.

"Granger..."

Un sospiro si eleva sul mio collo, prima che il suo braccio tenti di sfiorare il mio. Riprendo a camminare.

"Ti aspetto per cena."

NOTE DELL'AUTRICE:
Salve a tutti.
Spero che questo capitolo vi piaccia, e che siate soddisfatti, molto più di me che lo considero un obbrobrio.
Che dire, susú commentate e lasciatemi una luminosa stella, che mi rende tanto felice. Inoltre, posteró un nuovo capitolo entro Natale.
A presto (Si spera)

"Finally I can belive in a happy ending with you." [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora