Quattro chiacchiere su #writher

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Buon pomeriggio Wattpaders,
oggi vi parlo di un'altra iniziativa a cui aderisco, cioè la campagna di writherITA, un gruppo di persone che si impegna a far emergere dalla palude wattpadiana (ma non solo) quelle storie in cui si parla di donne "emancipate". E' un'iniziativa molto interessante, quindi vi suggerisco di dare un'occhiata. E sì, mi rivolgo anche a voi maschietti in lettura, perché riguarda anche voi, che le donne vi piacciano o meno.

Come da mia abitudine, però, non mi limito solo a "fare pubblicità" a una nobile iniziativa, ma vorrei farvi riflettere su questo argomento, che alcuni fatti di "cronaca" hanno portato alla ribalta.

Parlo della campagna di informazione (ehm, sì, dai, definiamola così) sulla fertilità promossa dal Consiglio dei Ministri, capitanato dalla Ministro Lorenzin (cioè il nostro Ministro per la Salute). Con degli slogan alquanto retrogradi e offensivi, si incitano i giovani a fare figli, sottolineando soprattutto che la fertilità non è a tempo indeterminato.

Al di là della questione economico-politica, cioè che fare figli è facile ma il problema è poi crescerli vista la carenza di lavoro, di soldi e di strutture assistenziali, una cosa che mi ha dato veramente fastidio è che si punta il dito sulla donna, come se fosse solo sua la decisione. Come se tutte le donne non avessero altra aspirazione se non quella di sfornare figli come il fornaio sforna pagnotte e focacce.
E' vero che la donna è l'unico sesso che (per ora) può generale prole, ma togliamoci dalla testa l'idea che una donna sia realizzata solamente dopo aver avuto figli e solo come madre.
Nella maggioranza delle persone c'è questo grande tarlo, sia nei maschi, ma anche nelle femmine, di diverse età: anche se l'evoluzione ci ha dato le ovaie, è anche giusto che queste non vengano utilizzate per riprodursi.
C'è gente che non usa il cervello, quindi noi donne abbiamo lo stesso sacrosanto diritto di non usare i nostri ovuli per creare nuovi esseri umani. E non è sempre una questione di soldi ("il figlio non me lo posso permettere, perché non lavoro"), ma una libera scelta compiuta da una persona cosciente, che in futuro potrà cambiare idea, perché è un altro sacrosanto diritto.

Chi è un po' "anzionotto" come la sottoscritta sa quanta fatica si faccia a trovare lavoro. Io sono anche tra i più fortunati, visto che di lavori ne faccio pure due (a scadenza e pagati pochino, ma sono sempre due).

Solo le donzelle però, credo abbiano almeno una volta sentito porsi la fatidica domanda durante i colloqui di lavoro: "Lei è fidanzata? E' sposata? Ha figli?" e "Che intenzioni ha per il futuro?"
Anche in questo caso, posso dire di essere stata fortunata e non aver avuto risvolti negativi. Più che altro, credo che la mia faccia da nerd alla Amy Farah Fowler mi abbia salvato: guardando me, i miei occhiali e i miei brufoli, i miei intervistatori avranno pensato: "Ma questa che si riproduce? Naaaah! Chi vuoi che se la prenda?". Che poi, anche questo è altamente sessista e superficiale, visto che sono quasi otto anni che sto con il mio ragazzo.

Comunque, pensieri miei a parte, chi ha fatto i colloqui a me non ha mai insistito su quel punto, più che altro cercava di essere un tentativo di vedermi come una persona oltre al mio curriculum vitae e la mia esperienza scolastica e lavorativa. E' capitato invece a molte donne che durante il colloquio si insistesse molto su questo aspetto molto personale e che una risposta in un senso o in un altro fosse stato l'unico vero ago della bilancia per l'assunzione.
Per non parlare poi delle altre varie nefandezze, come i licenziamenti, le pratiche di mobbing o le dimissioni in bianco firmate al momento dell'assunzione, una vera e propria vergogna.
Insomma, come al solito, essere donne non è un cazzo facile. Ed è tutta una questione di "testa", di cultura, di abitudine.

Come ben diceva Gemma nella sua descrizione per la campagna #writher, prima di tutto l'uguaglianza tra i generi è una questione di mentalità.
Se noi donne per prime pensiamo che dobbiamo essere come ci vogliono gli altri (padri, madri, mariti, partner, colleghi, datori di lavoro, opinione comune, immagine televisiva, religione), allora l'uguaglianza non ci sarà mai, perché non c'è la libertà di essere ciò che vogliamo essere.
Se noi per prime ci limitiamo a diventare degli stereotipi ambulanti di "donne" - sia in un senso, che nell'altro, da quella tutta casa e figli a quella workaholic - e a non riconoscere il ruolo delle altre donne che vivono diversamente da noi, rimarremmo per sempre qui, con i nostri lavori sottopagati - quando ci va bene.

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